Progettazione

Fase 2, Oice: riconoscere gli extra-oneri Covid, altrimenti ripartenza a rischio contenzioso

Il presidente dell'Oice chiede l'istituzione di un Fondo nazionale di sicurezza. «Sulla ripresa dell'attività regole confuse»

di Massimo Frontera

L'associazione delle società di ingegneria teme che la tanto attesa riapertura dei cantieri possa trasformarsi in una maxi-battaglia legale con al centro il riconoscimento dei costi aggiuntivi imposti (direttamente e indirettamente) dal complesso delle misure anticontagio da adottare in cantiere. E proprio parlando di cantieri, sempre l'Oice punta il dito sulle misure concordate tra le parti sociali - imprese, sindacati, governo, grandi e piccoli committenti pubblici - sostenendo che il protocollo del 24 aprile contiene disposizioni che non si esita a definire «imprecise e confuse».

Il "verdetto" delle società di ingegneria è arrivato al termine di una riunione tecnico-politica interna che si è svolta lo scorso mercoledì scorso. Le società di ingegneria sono direttamente coinvolte nei cantieri in quanto svolgono l'incarico di direzione lavori e coordinamento della sicurezza, ruoli chiave nella gestione del cantiere post-Covid. Ebbene, secondo le società di ingegneria, «dal punto di vista dei direttori lavori e dei coordinatori per la sicurezza in fase di esecuzione, il protocollo del 26 aprile allegato al Dpcm non risolve le lacune sottolineate da Oice come ostative ad un corretto svolgimento delle attività di cantiere e ad un'efficace gestione dei rischi».

Più in particolare, il presidente dell'Oice, Gabriele Scicolone, punta l'attenzione sulle figure del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione. «Rileviamo - spiega - che alcune integrazioni rispetto al Dpcm del mese scorso spostano, più o meno volontariamente, in capo al Cse compiti di "vigilanza" che sono invece, propri del datore di lavoro e attribuiscono al Csp compiti che non sono coerenti con la normativa di rango primario. Si rischia che il protocollo sia disapplicato, su questi punti, per contrasto con il decreto 81/08», cioè con il testo unico sulla sicurezza nel lavoro.

«Siamo preoccupati - incalza Scicolone - perché si partirà con difficoltà nella ripresa dei cantieri. Se è vero che dal protocollo si evince con chiarezza che la necessità di riconfigurare i cantieri, le pianificazioni e l'uso di specifici Dpi comporterà dei costi aggiuntivi, senza un Fondo pubblico di emergenza dal quale attingere per ristorare i maggiori costi, che dalle prime stime non saranno di poco conto, ci si incaglierà tra committenti che non li hanno nelle proprie disponibilità e imprese che li vorranno riconosciuti, inchiodando la ripartenza. O, peggio, si tornerà a cercare le scorciatoie a tutto svantaggio dei lavoratori. Questi costi sono a tutti gli effetti "costi della sicurezza", quindi incomprimibili e non scontabili».

«Al di là del protocollo sul quale l' Oice conferma le riserve già espresse anche se valuta positivamente che sia stato incluso come allegato al Dpcm - aggiunge Scicolone - è necessario intervenire anche sul fronte normativo». E qui si arriva a un nodo centrale della questione: «Occorre affrontare il tema delle responsabilità derivanti dall'evento Covid in cantiere, alla luce di quanto previsto dall'articolo 42 , comma 2 del decreto Cura Italia, partendo dall'impossibilità di stabilire la presunzione semplice di origine professionale che terrorizza i datori di lavoro che rischiano di diventare i capri espiatori dell'emergenza», sostiene il presidente dell'Oice, ritenendo che la norma rappresenti «una grave disattenzione che mina la ripartenza».

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