Progettazione

Biblioteche/2. Magnano: addio al tabù del silenzio, gli spazi devono favorire lo scambio

Intervista alla socia di Area Progetti: la massima flessibilità non si raggiunge mettendo gli scaffali sulle ruote, come molti ci chiedono, ma lavorando su arredi e organizzazione degli spazi

di Mariagrazia Barletta

(Nella foto: Raffaella Magnano)
Alla minaccia tecnologica le biblioteche di pubblica lettura, quelle attive e che funzionano, rispondono incrementando l'offerta di servizi, diventando centri di gravitazione culturale, luoghi di interazione, di diffusione della cultura e di creazione di contenuti. Luoghi dove si continua ad offrire un supporto indispensabile per la ricerca e dove ci si sforza anche di agevolare le attività di consumo culturale. Alle esigenze di rinnovamento, gli spazi rispondono con la massima flessibilità e con ambienti informali e accoglienti, che non devono intimidire. Una biblioteca non solo per tutti, ma anche capace di rispondere alle diverse abitudini ed esigenze di lettura e di studio di ciascuno. Ne parla Raffaella Magnano, socia con Sergio Cerioni, Marco Cuccureddu, Giorgio Gazzera, Gabriele Pisani e Domenico Racca di Area Progetti, società di architettura e ingegneria di Torino. Lo studio ha una lunga esperienza nella progettazione di biblioteche, tra queste, solo per citarne alcune, quelle di Fiorano Modenese, di Chivasso (Torino) e Rosignano Marittimo (Livorno). Tra le più recenti, la biblioteca di Palazzo santa Croce a Cuneo.

Architetto, emerge sempre più la necessità da parte delle biblioteche di implementare e rivisitare i servizi offerti. Cosa accade?
Il tema è complesso: con l'avvento del digitale sono cambiate le risposte che gli utenti danno e le domande che gli utenti fanno alle biblioteche perché oggi chiunque può connettersi con qualsiasi dispositivo a qualsiasi genere di banche dati, quindi la biblioteca deve rappresentare qualcosa in più. Deve essere uno spazio in cui il digitale si integra con il mondo della conoscenza e con l'analogico, dando un servizio in più che è quello dei contenuti perché nessuno di noi è in grado di fare delle ricerche in rete strutturate, bisogna che ci sia una cura delle fonti, delle fonti bibliografiche, etc… Quindi la biblioteca comunque fornisce dei contenuti forti.

Anche il tema della condivisione dei contenuti sembra essere diventato centrale.
Certo, la biblioteca rappresenta anche un elemento di condivisione di contenuti, quindi andare in biblioteca vuol dire condividere esperienze e contenuti con altri lettori. Ad esempio le biblioteche strutturate organizzano gruppi di lettura o diventano spazi di condivisione ad esempio di opinioni. Per questo negli spazi la lettura può essere fruita in mille modalità diverse, sia comode che tradizionali, perché si rispetta la necessità delle persone di leggere e di studiare in silenzio e tranquillità, ma anche si cerca di stimolare il rapporto tra le persone basandolo sulla condivisione di contenuti culturali.

Alle nuove esigenze come rispondono gli spazi?
Gli spazi rispondono con la massima flessibilità, che non si raggiunge mettendo gli scaffali sulle ruote, come molti ci chiedono, deriva invece dall'organizzazione stessa degli spazi e dall'utilizzo di elementi di arredo che possono essere invece utilizzati e recepiti in modi diversi. Ad esempio, la biblioteca di Chivasso, in un momento in cui ci sono pochi spazi per la cultura, è diventata l'unico grande centro culturale della città. E questo anche in virtù del fatto che tutti i tavoli della sala di lettura sono pieghevoli e smontabili, caricabili su carrelli e in pochissimi minuti una persona da sola può trasformare la sala di lettura tradizionale in una sala per convegni. Si diceva che le biblioteche sono spazi per tutti, noi diciamo: non solo per tutti ma anche per ciascuno, ossia ciascuno trova in biblioteca quello che gli serve. Tutto questo è fattibile dove ci sono delle risorse, perché il tema delle risorse è molto, molto importante.

Mi sembra però che in alcune regioni si stia investendo abbastanza per creare spazi al passo coi tempi.
Vede, in un periodo come questo, di grandi crisi economiche, le biblioteche rappresentano una risorsa perché diventano, insieme a quelle scolastiche, anche dei presìdi per la promozione della lettura. Quindi cosa cambia ad esempio dal leggere in rete? La differenza sta nell'attuare delle politiche di promozione della lettura che sono poi quelle che creano un pubblico nuovo. Ad esempio, tantissime biblioteche aderiscono al progetto per educare alla lettura i bambini in età anche prescolare, si tenta di creare i lettori del futuro. Le biblioteche che funzionano sono quelle che promuovono tantissime attività, ma devono avere degli spazi che riescano a soddisfare queste esigenze. Ad esempio, la biblioteca di Cuneo ha una grande sala in cui organizza dei progetti di lettura in cui coinvolge anche gruppi teatrali, perché la biblioteca deve anche produrre contenuti, altrimenti ha difficoltà a porsi in concorrenza con il mondo del digitale.

Cosa pensa dell'inserimento di funzioni più commerciali, come ad esempio le caffetterie che sembrano essere diventate un must-have?
Questo è utile, secondo me, perché il bar della biblioteca si contrappone in qualche modo al cosiddetto bar-sport, con un'offerta culturale un po' più ampia. Ad esempio, a Rosignano abbiamo portato avanti un'operazione secondo me interessante: la biblioteca è in una zona che non era particolarmente frequentata, invece inserendovi una caffetteria di design, bella, dove si leggono i giornali scelti e messi a disposizione dai bibliotecari, il risultato è stato straordinario, perché la biblioteca è diventata un posto di richiamo. Immaginiamo le biblioteche come luoghi in cui poter fare molte cose, molte più cose di quante se ne facessero una volta, ma le funzioni canoniche non devono mancare, la lettura deve essere, come si dice brutalmente, il core business. Non dimentichiamo inoltre che le biblioteche conservano la memoria dei luoghi, conservano le nostre tradizioni, la nostra cultura, questa è una base forte per accrescere le nostre competenze e per costruire una cittadinanza responsabile.

Molti progettisti sostengono che l'architettura sia determinante per il successo di una biblioteca. Condivide questo pensiero?
Lo condivido e vale anche in ambito scolastico, dove lo spazio della biblioteca viene definito come terzo educatore. Fornire degli spazi ad alto contenuto di bellezza, di disegno, di progetto costituisce un elemento culturale, che spesso va a cozzare con la tendenza delle nostre amministrazioni a spendere il minimo indispensabile, perché magari non capiscono il perché di certi arredi di design o di una grafica particolarmente curata.

È tramontata l'era delle biblioteche polverose dove si impone il silenzio?
Le biblioteche universitarie, le vecchie biblioteche, erano luoghi di silenzio totale. Noi adesso stiamo lavorando un po' al contrario, cioè se la biblioteca deve essere uno spazio aggregativo, uno spazio di scambi, allora non si può più stare in silenzio totale, è ovvio che si cerca di parlare a bassa voce, di essere rispettosi. Chi invece ha bisogno di uno spazio per studiare in silenzio viene indirizzato in particolari zone della biblioteca, come i carrell per lo studio individuale. A Rosignano abbiamo piccoli box con la scritta "io studio da solo", con delle bellissime aperture verso il giardino oppure si possono avere degli spazi isolati acusticamente da pannelli, in modo che chiunque possa trovare una propria declinazione corretta della lettura. Chi ha bisogno di silenzio se ne sta in un luogo in cui il silenzio è assicurato, gli altri vivono in uno spazio che li educa anche al rispetto degli altri, ma potendo avere degli scambi.

Di recente avete progettato la biblioteca a Palazzo santa Croce a Cuneo, di cosa vi siete occupati?
Abbiamo lavorato su questo edificio del Settecento, di Bernardo Antonio Vittone. È in fase di svolgimento la gara per il secondo lotto, noi ci siamo occupati del primo con interventi di adeguamento sismico e di consolidamento e anche di riqualificazione perché l'edificio è stato prima un ospedale, poi ha avuto diverse destinazioni d'uso ed è stato oggetto anche di restauri pessimi. La rifunzionalizzazione ha compreso la creazione di uno spazio per esposizioni temporanee al piano terra, l'allestimento della biblioteca 0-18 divisa in una sezione per bambini ed una per adolescenti, posta al primo piano, il trasferimento di tutto il fondo di storia locale, comprensivo dell'archivio, e poi gli uffici della biblioteca 0-18 e del festival letterario di Cuneo. Infine, all'ultimo piano c'è un deposito visitabile del museo di San Francesco. Intanto il progetto, dovendo operare in un edificio che ha dei vincoli architettonici molto importanti, è partito dal presupposto che tutti i grandi corridoi non fossero considerati come tali, così sono diventati degli spazi non di servizio, ma attivi.

Un edificio storico può rispondere alle esigenze di una biblioteca definibile al passo coi tempi?
Sicuramente sì, se si prestano della particolari attenzioni e se si lavora sugli spazi in modo approfondito e corretto, partendo dalle funzioni. Noi lavoriamo con Maurizio Vivarelli, docente di biblioteconomia all'università di Torino. È molto importante il suo contributo perché ci dà tutti gli strumenti per poter organizzare degli spazi che funzionino anche dal punto di vista bibliografico.

Di recente avete completato la rifunzionalizzazione degli spazi della biblioteca di Alpignano (Torino), attraverso risorse messe a disposizione da un interessante bando della Compagnia di San Paolo. Quali interventi avete realizzato?
L'intervento ha riguardato gli spazi per i bambini e per i ragazzi, aveva pochissimo respiro dal punto di vista economico, ma siamo riusciti a utilizzare al meglio questi finanziamenti modificando la zona di accoglienza e la parte dei laboratori dei bambini e dei ragazzi con interventi di correzione acustica, con l'inserimento di nuovi arredi per la fruizione più informale degli spazi. Abbiamo creato delle zone di aggregazione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©