Il CommentoProgettazione

Prevenzione antisismica, servono standard e una politica «industriale»

di Giorgio Santilli

Decolla bene il piano «casa Italia» con l’apprezzamento del metodo di ascolto e condivisione che è arrivato da parte di tutti gli interlocutori intervenuti ieri a Palazzo Chigi. Il lavoro da fare, però, è molto e tutt’altro che facile, anzitutto perché si tratta di ribaltare una cultura italiana poco avvezza a ragionare in termini di prevenzione, programmazione, progettazione. L’impegno c’è, e si vede, ma qui lo spirito di condivisione che chiede il premier sarà decisivo.

In secondo luogo, anche l’adeguamento degli strumenti oggi disponibili - si pensi ai bonus fiscali per i lavori edilizi - ai nuovi obiettivi di sicurezza non è semplice, se la finalità è - come deve essere - coinvolgere il più possibile gli investimenti privati, spendere al meglio le risorse pubbliche, porsi target di sicurezza minimi accettabili (per esempio favorendo l’adeguamento antisismico e non solo il «miglioramento»). Sarà necessario avere chiara la mappa delle priorità e quella, non meno importante, dei costi.

In terzo luogo, occorre una standardizzazione degli interventi. Anche questo è un concetto che in Italia ha avuto poco successo. Ma senza questo concetto - che implica un concetto di cultura «industriale» - non si riuscirà a fare interventi complessi e diffusi in tempi certi.

Standardizzazione significa, anzitutto procedure amministrative chiare e semplici, con competenze ben definite di chi autorizza e chi controlla. Significa, però, anche interventi progettati in modo il più possibile standardizzato, come accade, appunto, nella cultura e nella pratica industriale. E industriale oggi significa anche industria 4.0, con l’apporto delle tecniche ditgitali di progettazione.

L’indiscrezione che circolava ieridella volontà di affidare al rettore del Politecnico di Milano, Giovanni Azzone, project manager del piano, e all’architetto-senatore Renzo Piano il compito di definire linee-guida per la progettazione degli interventi di nuova costruzione o di messa in sicurezza di edifici esistenti è un buon modo non solo per definire regole progettuali chiare, ma anche per diffondere cultura e formazione. Perché non ci nascondiamo - se ce lo nascondessimo saremmmo destinati a sicuro fallimento - che oggi uno dei grandi deficit italiani sta proprio nella cultura della progettazione. Questo nodo va risolto a monte.

Standardizzazione non significa ovviamente che non serva qualità sul singolo intervento e che non sia preventivamente necessario anche un intervento di diagnostica sul territorio che sia capace di fotografare le singole zone e i singoli edifici. Ma l’importante è uscire da una logica di falsa creatività progettuale che non di rado nasconde obiettivi diversi da quella di interventi nei tempi e nei costi più ridotti possibili e di qualità migliore.