Progettazione

Zambrano: «Niente decisioni dall'alto, la riforma degli ordini territoriali sarà condivisa»

di Giuseppe Latour

La riforma degli ordini territoriali degli ingegneri partirà dal basso, sulla base di direttive e indirizzi deliberati a livello nazionale dall'assemblea dei presidenti e con il coordinamento del Consiglio nazionale. Il presidente del Cni, Armando Zambrano precisa uno dei passaggi che, nel corso del Congresso di Palermo della scorsa settimana, hanno scatenato più polemiche tra gli iscritti: la riorganizzazione degli ordini. Il principio è che bisogna lavorare a una struttura più adatta a fornire servizi ai professionisti. Non si procederà, però, per strappi e decisioni imposte dall'alto.
Gli ingegneri, invece, lavoreranno a un'autoriforma delineata dai territori.

Il presidente del Consiglio nazionale riprende, a freddo, uno degli spunti chiave del Congresso: la necessità di avviare un percorso di autoriforma e di riorganizzazione degli ordini territoriali. Una riforma che, come ha affermato lo stesso Zambrano nella sua relazione, deve mirare ad attuare un processo di razionalizzazione dei costi del sistema, accompagnato all'incremento dell'efficienza dei servizi offerti agli iscritti all'albo. «Tra i punti programmatici emersi nel corso del dibattito congressuale, c'è la possibilità di riorganizzare volontariamente gli ordini professionali», afferma Zambrano.
E prosegue: «Noi ci siamo opposti a che la riorganizzazione territoriale degli ordini avesse come criterio guida quello del numero degli iscritti, ottenendo un passo indietro del ministero su questo punto. La riorganizzazione dovrà essere in primo luogo funzionale, cioè finalizzata essenzialmente a migliorare la capacità delle strutture ordinistiche di rispondere alle esigenze degli iscritti, fornendo loro un adeguato set di servizi. Per questo, solo gli ordini, coordinati dal Consiglio nazionale, possono decidere in proposito».
La mozione finale, approvata all'unanimità al termine del Congresso di Palermo, invita infatti il Cni alla stesura di una Carta dei servizi condivisa e omogenea a livello nazionale che faccia da riferimento a forme volontarie di organizzazione tra ordini.
«Ciò significa – dice ancora il presidente - prendere atto dell'esistenza di altri organismi che, pur non istituzionalizzati, garantiscono l'interlocuzione con le Regioni, ma che possano anche contribuire ad offrire ulteriori servizi e che gli ordini provinciali di più ridotte dimensioni hanno difficoltà a fornire».
Il riferimento è all'istituzionalizzazione di soggetti come le consulte regionali degli ordini degli ingegneri. «Questo non ha alcun rapporto con la dimensione territoriale degli ordini – precisa il presidente - che deve rispondere anche alle esigenze, più volte manifestate, di mantenere un rapporto relazionale con gli iscritti».

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