Progettazione

Fedeli in fuga dalla chiesa di Fuksas a Foligno: troppo fredda. Tutti i flop delle archistar

di Mauro Salerno

Rischia di rovinare il compleanno a Massimiliano Fuksas la fuga di fedeli dalla chiesa realizzata dall'archistar a Foligno. L'opera dell'architetto romano, che dopodomani compirà 72 anni, è finita al centro delle polemiche per la temperatura glaciale che sarebbero costretti a sopportare sacerdoti e parrocchiani durante le messe. Tanto che, preso atto dell'impossibilità di riscaldare adeguatamente la struttura, è scattata la decisione di celebrare per tutto l'inverno le liturgie nella sala parrocchiale. Uno smacco, considerando che la chiesa-gioiello di Fuksas è stata inaugurata non più di sei anni fa su commissione della Conferenza dei vescovi (Cei), come simbolo di rinascita dei luoghi piegati dal terremoto del 1997.

La vicenda, riportata con dovizia di particolari da giornali e siti locali, ha trovato il suo apice nella messa celebrata la notte di Natale, che ha visto il cubo di cemento alto 26 metri svuotarsi a metà celebrazione. In pochi sarebbero infatti riusciti ad attendere il classico «andate in pace» del sacerdote a causa del freddo.

Costata circa 3 milioni, per una superficie di 700 mq, la chiesa San Paolo di Foligno è riscaldata tramite un impianto a pavimento, evidentemente insufficiente a contrastare efficacemente le rigide temperature invernali della zona. Per potenziare gli impianti servirebbero modifiche strutturali che però si scontrano con i vincoli progettuali imposti dall'architetto romano.

L'incidente ha accentuato la diffidenza dei cittadini di Foligno per il «cubo di Fuksas»:una chiesa dal design quasi «brutale» all'esterno e raffinatissimo all'interno e per questo capace di conquistare le copertine delle principali riviste di architettura, ma mai amata troppo dagli abitanti del luogo che giudicano eccessivo l'impatto della chiesa sul paesaggio tradizionale umbro.

I flop delle archistar
Non è la prima volta che una grande firma dell'architettura inciampa su una "crepa" progettuale. Ne sa qualcosa Santiago Calatrava, conosciuto in Italia non solo per la capacità di immaginare opere avveniristiche, ma anche per le polemiche che hanno spesso caratterizzato i sui lavori. A partire da quello più noto: il ponte della Costituzione a Venezia , prima grande opera contemporanea in Laguna. Sotto accusa non solo i tempi di realizzazione (sette anni, dal 2001 al 2008) e i costi schizzati da 6,7 a 11,6 milioni . Le polemiche hanno riguardato anche il fatto di non aver pensato da subito a un percorso accessibile ai disabili e la scivolosità dei gradini che hanno causato non pochi problemi all'inaugurazione.

Sui costi del Ponte di Venezia va detto che Calatrava alla fine è stato assolto con tre dirigenti del Comune dalla Corte dei Conti. A Roma invece, un'altra sua opera - la famosa Vela di Tor Vergata - è finita nelle secche. E rischia di diventare l'incompiuta-simbolo delle grandi opere italiane. Pensata per ospitare i mondiali di Nuoto nel 2009, la struttura ha bisogno di un'iniezione da 400 milioni per essere completata. Forse verrà ripresa in mano se andrà in porto la candidatura della capitale per le Olimpiadi del 2014.

Una serie di cedimenti hanno caratterizzato i primi anni di vita del nuovo padiglione B della Fiera di Genova firmato dall'architetto francese Jean Nouvel. La mega-struttura blu è stata funestata da un primo incidente già prima dell'inaugurazione (avvenuta nel 2009) . Ad aprile 2008 il cedimento di una serie di tiranti causò il crollo di alcune strutture. Costato 43 milioni, l'edificio ha poi subito il crollo di una parte del controsoffitto esterno. Il nuovo incidente, avvenuto lo scorso febbraio, non ha provocato feriti, ma ha danneggiato alcune auto in sosta e ha indotto il Comune a stanziare 750 mila euro per correre ai ripari.

Sotto accusa per le infiltrazioni invece l'avveniristico campus del Mit disegnato da Frank Gehry a Boston (2004). Lo Stata Center , che lo stesso progettista ha paragonato a «una coppia di robot ubriachi», ha subito messo in evidenza una certa fragilità: infiltrazioni d'acqua, crepe e presenza di muffe sulla facciata hanno addirittura indotto il Mit a chiedere i danni al celebrato autore del Guggenheim di Bilbao. Anche la Walt Disney Concert hall di Los Angeles ha causato qualche guaio all'archistar di origine canadese. Qui sotto accusa erano invece le pareti in acciaio . Talmente riflettenti da causare un sensibile aumento della temperatura interna degli edifici dirimpettai.

Un problema che ha dovuto affrontare con soluzioni ancora più radicali la Walkie Talkie Tower (guardare la foto nella gallery per capire da dove viene il nome) progettata dall'architetto sudamericano Rafael Viñoly a Londra. La facciata a specchio rifletteva talmente bene i raggi del sole da riuscire a squagliare letteralmente il cruscotto di una Jaguar parcheggiata di fronte. A risolvere l'effetto «lente d'ingrandimento» un intervento guidato dall'italiana Permasteelisa che ha modificato il profilo della torre , anche installando delle speciali pellicole. L'usuale cielo grigio della City si spera faccia poi il resto.

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