Appalti

Appalti, l'assegnazione a società partecipata dalla stazione appaltante non è conflitto di interesse

Lo ha stabilito in Consiglio di Stato: il conflitto si verifica solo se la posizione riguarda un dipendente della Pa

di Dario Immordino

La disciplina del conflitto di interessi contenuta nel codice degli appalti non riguarda i rapporti societari delle amministrazioni aggiudicatrici, sicché una stazione appaltante, all'esito di procedure di gara, può legittimamente affidare un contratto a proprie entità partecipate o controllate.

L'art. 42, comma 2, del Dlgs. n. 50 del 2016, infatti, chiarisce eloquentemente che le ipotesi di conflitto di interessi prospettabili in relazione alle procedure concernenti contratti pubblici riguardano il «solo "personale" della stazione appaltante», e che la disciplina diretta a neutralizzarne gli effetti non può essere estesa alle «società partecipate o controllate dalla stazione appaltante» (Consiglio di Stato, n. 3401/2018).
In ragione di ciò l'esclusione dalla gara dell'operatore economico coinvolto o la risoluzione dell'affidamento disposto in suo favore, previste dall'art. 80, comma 5, lett. d) del Codice, possono essere adottate esclusivamente in relazione ad ipotesi di conflitto di interessi «non diversamente risolvibile» che riguardino il dipendente pubblico che, « in forza di un valido titolo contrattuale o legislativo, ovvero per la sua posizione di rilievo abbia la capacità di impegnare la stazione appaltante nei confronti di terzi» (Cfr, Consiglio di Stato, n. 2511/2019).

Dal combinato disposto degli artt. 42 e 80 del codice degli appalti si ricava, pertanto, che nessuna ipotesi di conflitto può ipotizzarsi in relazione ai legami tra la stazione appaltante e i partecipanti alla procedura.

Ciò perché «il conflitto si deve verificare tra l'interesse funzionalizzato e l'interesse dell'agente o di un terzo con il quale l'agente versi in particolare rapporto tale da condividerne l'interesse stesso», mentre l'affidamento di un contratto ad una società partecipata dell'Amministrazione aggiudictrice realizza "l'interesse del soggetto proprietario, vale a dire la stessa stazione appaltante», per cui «l'interesse funzionalizzato e l'interesse terzo coinciderebbero»(Consiglio di Stato, parere 5 marzo 2019, n. 667).
Sotto altro profilo l'unica ragione che può impedire l'aggiudicazione del contratto al concorrente che ha proposto l'offerta risultata migliore consiste nell'accertamento di uno o più fattori di inquinamento della procedura, attinenti alla violazione dei principi di imparzialità e trasparenza, che costituiscono gli ineludibili presupposti di tutela del fondamentale valore della concorrenza.

E le uniche ipotesi possibili di inquinamento di una procedura di gara sono evidentemente riconducibili all'esistenza di interessi "privati" del personale delle stazioni appaltanti, estranei ed incompatibili con i principi cardine delle pubbliche procedure, a cui consegue una "lesione degli interessi istituzionali dell'ente e una caduta dell'immagine di imparzialità amministrativa, rimuovibile solo con la risoluzione dell'affidamento" (Consiglio di Stato, parere 5 marzo 2019, n. 667).

In questa prospettiva la funzione della disciplina sul conflitto di interessi è sanzionare il perseguimento di un interesse «finanziario, economico o personale» antagonista rispetto a quello che i dipendenti pubblici dovrebbero perseguire, e che pregiudichi l' imparziale svolgimento della procedura di gara e la parità di trattamento di tutti gli operatori economici.

In coerenza con tali premesse dal coordinamento delle disposizioni del Codice degli appalti e del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica deriva che l'affidamento di contratti dell'amministrazione appaltante a favore di società partecipate o controllate deve ritenersi espressamente ammesso, sebbene possa produrre un certo «impatto sul piano dell'imparzialità e della trasparenza» (Consiglio di stato, n. 2511/2019).

Ciò significa che l'«oggettiva problematicità di situazioni in cui una società controllata partecipi alla gara indetta dalla sua controllante» (Consiglio di Stato, parere 5 marzo 2019, n. 667) può essere affrontata soltanto attraverso le regole ordinarie poste a tutela dell'imparzialità e della trasparenza degli organi di aggiudicazione, e non con gli strumenti del conflitto di interessi, che possono essere attivati solo per contrastare l'insorgere di situazioni di vantaggio competitivo di uno o più concorrenti riconducibili a particolari rapporti con il personale pubblico che gestisce le procedure di gara.

In altri termini i concorrenti che lamentino un trattamento di favore nei confronti di un partecipante alla gara controllato dalla stazione appaltante non possono limitarsi a evidenziare la situazione di controllo societario, ma devono dimostrare la violazione delle regole poste a tutela dell'imparzialità e trasparenza della procedura.

Di conseguenza l'unica possibilità di impedire l'aggiudicazione di un contratto attraverso la disciplina del conflitto di interessi è che l'interesse in conflitto riguardi un dipendente della stazione appaltante coinvolto nella procedura (che, ad esempio ricopra una carica di vertice presso una delle società concorrenti).

Anche in tale ipotesi, tuttavia, l'esistenza del conflitto di interessi non può essere predicata in via astratta, ma deve essere accertata «in concreto sulla base di prove specifiche»., attraverso la dimostrazione che la «minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione» integri i presupposti di concretezza ed effettività di cui agli artt. 42, comma 2, d.lgs. e 80, comma 5, lett. d), del codice degli appalti(Consiglio di stato, n. 2511/2019).

Sulla base di tali argomentazioni il Consiglio di Stato, con la sentenza 2864/2020, ha rilevato "l'insostenibilità della tesi del conflitto di interesse in caso di partecipazione alla gara di un soggetto controllato dalla stazione appaltante, per il paradosso cui si giungerebbe nel ritenere quest'ultima sarebbe contemporaneamente il terzo avvantaggiato dal conflitto alla stessa stazione appaltante, riguardata schizofrenicamente ora come amministrazione aggiudicatrice ora come terzo".

Posto, pertanto, che la disciplina dell'esclusione del concorrente e dell'invalidazione dell'aggiudicazione di cui agli arrt. 42 e 80 del d.lgs. 50/2016 si riferisce esclusivamente alle situazioni di conflitto di interessi del funzionario pubblico, deve ritenersi privo di fondamento e "ai limiti dell'abuso del diritto," il tentativo di estenderne l'applicabilità alle situazioni di controllo societario tra stazione appaltante e operatori economici partecipanti alla procedura.

La sentenza del Consiglio di Stato

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©