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Dpi/1. La mascherina dove la butto? Ispra spiega come gestire i rifiuti anti-covid

Non sono rifiuti pericolosi se si esclude «con ragionevole certezza il potenziale rischio infettivo». Prevalgono le ordinanze regionali. Stima: 160mila-440mila tonnellate di Dpi usati a fine anno

di Massimo Frontera

Spetta all'impresa - in qualità di "produttore" dei Dpi usati - classificare le mascherine e i guanti o altri dispositivi anti-contagio rifiuti pericolosi oppure non pericolosi. Il criterio per deciderlo dipende dalla possibilità di «escludere, con ragionevole certezza, sulla base delle informazioni e delle evidenze disponibili il potenziale rischio infettivo». L'indicazione si legge nella pubblicazione dell'Ispra diffusa lo scorso 16 maggio con lo scopo appunto di indicare le modalità per la corretta gestione dei rifiuti derivanti dai dispositivi per la protezione individuale. Tuttavia, ricorda lo stesso Istituto superiore per la protezione dell'ambiente, le indicazioni dell'Ispra sono "cedevoli" rispetto alle diverse previsioni regionali, che pertanto fanno testo nei rispettivi territori.

In base a quali criteri si può escludere il rischio infettivo? «Alcuni elementi di valutazione finalizzati all'esclusione del potenziale rischio infettivo - risponde Ispra - possono essere rappresentati: dal monitoraggio dei casi di positività al virus dei lavoratori dell'unità locale dell'impresa negli ultimi 15 giorni; dall'utilizzo di sistemi di sterilizzazione dei rifiuti; dalla possibilità di sviluppare, qualora effettivamente applicabili, procedure di quarantena interna dei rifiuti presso il luogo di produzione per un periodo di tempo adeguato da valutare in accordo con l'ISS, al fine di garantire l'effettivo abbattimento della carica virale. Alcuni riferimenti bibliografici sembrano indicare che questa possa essere un'opzione attuabile».

Il codice rifiuto
La circolare Ispra precisa che i Dpi usati ricadono nel «capitolo 15, sub-capitolo 15 02 dell'elenco europeo e, nello specifico, alla seguente coppia di voci specchio: 15 02 02*: assorbenti, materiali filtranti (inclusi filtri dell'olio non specificati altrimenti), stracci e indumenti protettivi, contaminati da sostanze pericolose; 15 02 03: assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi, diversi da quelli di cui alla voce 15 02 02». In questo modo si esclude la possibile classificazione all'interno del capitolo 18, «relativo al settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate ed, in particolare, facendo riferimento alle attività di diagnosi, trattamento e prevenzione delle malattie negli esseri umani e tenendo conto delle disposizioni contenute nel DPR 254/2003, ai seguenti codici del sub-capitolo 18 01: 18 01 03*: rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni; 18 01 04: rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni (es. bende, ingessature, lenzuola, indumenti monouso, assorbenti igienici)».

L'impatto sul ciclo dei rifiuti
L'analisi dell'Ispra si estende anche a una stima dell'impatto dei Dpi usati sul ciclo dei rifiuti. Calcolando un peso medio di 11 grammi a mascherina per un utilizzo stimato in 35-40 milioni di pezzi al giorno nella fase 2, fino alla fine dell'anno 2020 si produrranno tra le 60mila e le 175mila tonnellate di rifiuti. Un calcolo analogo esteso all'utilizzo di guanti monouso porta a stimare una produzione di rifiuti tra le 100mila e le 270mila tonnellate. In tutto - tra mascherine e guanti monouso - Ispra stima una produzione tra le 160mila e le 440mila tonnellate.

La pubblicazione dell'Ispra

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