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Imprese/1. I bondholder di Astaldi si alleano: fronte del «no» a 110 milioni

Dopo un anno di litigi, le due principali associazioni che rappresentano i possessori dei bond Astaldi hanno deciso di unire le forze

di Morya Longo

Dopo un anno di litigi, le due principali associazioni che rappresentano i possessori dei bond Astaldi hanno deciso di unire le forze. Con un obiettivo: votare «no», insieme, all'assemblea che dovrà stabilire la posizione comune che gli obbligazionisti dovranno prendere durante l'adunanza dei creditori di Astaldi in concordato preventivo. Il Comitato bondholder (che rappresenta risparmiatori con 70 milioni di euro di titoli) e il comitato nato in seno ad Aduc (che arriva a 40 milioni) voteranno quindi compatti nell'assemblea degli obbligazionisti che si terrà - in tre diverse convocazioni - tra il 25 febbraio e il 24 marzo. E voteranno «no». Anche se questo, da solo, non basta per bloccare il concordato.

L'assemblea dei bondholder
Astaldi ha due prestiti obbligazionari: uno da 750 milioni e uno convertible da 140. Le assemblee degli obbligazionisti saranno due, ed entrambe esprimeranno un voto unico all'adunanza dei creditori Astaldi. Affiché questo voto sia negativo, come auspicano le due associazioni,serve dunque che la maggioranza degli obbligazionisti si esprima per il «no». Stesso discorso per il «sì». Cosa si intenda per maggioranza, però, dipende. Da un lato ognuna delle tre convocazioni ha quorum costitutivi (quelli che servono per dichiarare l'assemblea valida) diversi: metà del valore nominale la prima, un terzo la seconda e un quinto la terza. Una volta dichiarata valida l'assemblea, per bocciare o approvare la proposta, serve il voto di due terzi dei presenti. Morale: nel caso più estremo (terza convocazione) bastano 150 milioni di euro presenti per poter deliberare e, tra questi, bastano 100 milioni per bocciare o approvare la proposta. Dato che le due associazioni hanno insieme 110 milioni, in questo caso avrebbero già i voti sufficienti per far passare il loro «no». Ma questo è il caso più estremo. Più obbligazionisti saranno presenti, più servono voti per raggiungere la maggioranza. Non solo. Nel documento legale del bond da 750 milioni c'è scritto che se la proposta tocca i termini economici, serve una maggioranza più alta per deliberare: cioè la metà del valore nominale del bond stesso. Dunque, in questo caso, servirebbe un voto di obbligazionisti pari almeno a 375 milioni. Cifra ben lontana, in questo caso, dai 110 milioni messi insieme dalle due associazioni. La partita è dunque aperta e imprevedibile. È però possibile che anche altri obbligazionisti intendano votare «no». Del resto il trattamento riservato ai possessori di bond nel concordato è ritenuto dalle associazioni più penalizzante rispetto a quello riservato alle banche creditrici di Astaldi. Ma la partita è incerta.

L'adunanza dei creditori
Bene inteso però: se anche l'assemblea degli obbligazionisti votasse «no», non avrebbe da sola impatto nell'adunanza dei creditori di Astaldi che sarà successivamente chiamata ad approvare o respingere la proposta di concordato. Dato che i creditori non sono stati suddivisi per classi, ma sono stati tutti messi in un unico calderone, gli obbligazionisti restano comunque in minoranza rispetto alle banche. Dunque non possono influire, da soli, nel voto finale. Ma possono - qualora l'adunanza approvasse la proposta di concordato pur con il loro voto contrario - fare un'altra cosa: opporsi all'omologa del concordato. A quel punto sarebbe il giudice a valutare le loro motivazioni e se le ritenesse fondate potrebbe rifiutarsi di omologare il concordato. Che in tal caso decadrebbe. Ma a questo scenario siamo ancora ben lontani. Sia nei numeri, sia nei tempi.

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