Appalti

Autostrade/2. Meno investimenti, più dividendi: il focus sui bilanci 2009-2018

In 10 anni i soci di Austostrade per l'Italia hanno ricevuto cedole per un totale di oltre 7 miliardi di euro

di Carlo Festa e Morya Longo

Una cosa è certa: Autostrade per l’Italia è stata la gallina dai dividendi d’oro per i suoi azionisti, a partire da Atlantia che ne detiene l’88%. Non si può dire che l’ex-Ad della holding Giovanni Castellucci, ora contestato dagli stessi Benetton che hanno bloccato il pagamento della sua buonuscita milionaria, non abbia negli ultimi anni ben remunerato maggioranze e minoranze. Dal 2009 al 2018 i soci di Aspi hanno infatti ricevuto cedole per un totale di oltre 7 miliardi di euro. Dividendi in costante aumento, anno dopo anno al pari dei ricavi di Autostrade per l’Italia sulla scia dell’aumento dei pedaggi: erano 2,9 miliardi nel 2009 e 3,66 miliardi nel 2018.

Di fronte a questa valanga di dividendi, Autostrade ha però fatto il minimo garantito sul fronte della manutenzione della rete autostradale. Certo, lo ha fatto in accordo con lo Stato: la stessa convenzione prevedeva che per la manutenzione Autostrade per l’Italia dovesse spendere 4,95 miliardi tra il 2000 e il 2017 e quest’ultima ha effettivamente speso quella cifra. Anzi, un filo di più: 5,14 miliardi in quell’arco temporale. Ma tanti credono che lo Stato in sede di convenzione avrebbe dovuto chiedere sforzi ben maggiori. Sta di fatto che mentre gli utili e i dividendi crescevano con il traffico che aumentava, le spese per la manutenzione sono rimaste indietro. Come anche gli investimenti. Sulle cause e sulle responsabilità si può discutere, sui numeri - elaborati per Il Sole 24 Ore da R&S Mediobanca - no.

Investimenti per lo sviluppo

Guardando i dati, gli investimenti di Autostrade per l’Italia in attività autostradali relativi alle tre concessioni sono scesi negli ultimi 10 anni: se nel 2009 erano stati pari a 1.114 miliardi, nel 2018 sono stati pari a 508 milioni. IL dato è clamoroso. Ma per questa frenata, in effetti, una spiegazione c’è: questi sono investimenti nello sviluppo della rete autostradale (nuove autostrade, nuove corsie e così via), che vanno a calare man mano che le opere vengono realizzate. I primi investimenti erano infatti previsti dalla prima convenzione, quella del 1997: l’accordo con lo Stato prevedeva che le tariffe autostradali salissero (al pari dell’inflazione) per ricompensare proprio gli investimenti di Autostrade per l’Italia. In quest’ambito è stata realizzata la variante di valico tra Bologna e Firenze per esempio. Ovvio che quando le opere si sono concluse gli investimenti si sono esauriti.

Il problema è che quelli previsti dalle successive due convenzioni (del 2002 e del 2007) sono partiti a metà: un po’ perché la Gronda di Genova non è stata fatta, un po’ perché altre opere non sono partite, un po’ perché l’ultimo piano di investimenti per 5 miliardi proposto da Autostrade non è stato firmato dallo Stato. La stessa Aiscat, l’Associazione italiana società concessionarie autostradali, spiega che per la riduzione degli investimenti degli ultimi anni vanno considerate le «incertezze normative, gli abnormi tempi di approvazione dei progetti, nonché, da ultimo, lo stallo relativo all’approvazione dell’aggiornamento dei piani economico-finanziari». Sta di fatto però che mentre i dividendi ai soci salivano, gli investimenti andavano in direzione opposta.

Il nodo della manutenzione

Il capitolo dolente resta però quello della manutenzione. Le spese per questa voce dal 2000 al 2017 sono ammontate a poco più di 5 miliardi. Una cifra, come già ricordato, definita in accordo con lo Stato. Dunque Autostrade ha fatto quanto richiesto. Però la convenzione con lo Stato chiede anche al concessionario - al di là dei numeri - di provvedere al mantenimento della funzionalità delle infrastrutture «attraverso la manutenzione e la riparazione tempestiva». E qui, come evidenziato dai fatti di cronaca e dagli sviluppi delle inchieste della magistratura, la domanda è lecita: Autostrade ha fatto quanto richiesto? I soldi spesi per manutenzione e per la sicurezza sono infatti leggermente calati negli anni, pur con un andamento ondivago: gli investimenti per la sicurezza erano 464 milioni nel 2009 per scendere dopo tre anni sotto la soglia dei 400 milioni. Il punto più basso c’è stato proprio nel 2018 a 363 milioni, anno del crollo del Ponte Morandi a Genova. Nel 2019, annuncia il nuovo piano, cambierà molto. Ma il passato questo racconta.

Del resto, Autostrade per l’Italia è diventata negli ultimi anni una macchina finanziaria di grande potenza per avviare operazioni straordinarie: è grazie alla «cash machine» dei pedaggi, concessa dallo Stato italiano nel 1997, che per esempio Atlantia ha lanciato, nel maggio 2017, l’offerta da 16,3 miliardi sulla spagnola Abertis

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