Appalti

Appalti, niente blocco: nel 2019 pubblicate gare per 40 miliardi

Il bilancio del Cresme: bandi in crescita del 40%, soprattutto al Nord. Non c'è stato iol temuto impatto negativo per le novità del decreto Sblocca-cantieri e del nuovo regolamento

di Giorgio Santilli

Il bilancio 2019 del mercato degli appalti dice chiaramente che non c’è stato il blocco delle gare come avrebbero potuto far temere le numerose modifiche legislative del codice - a partire dal decreto sblocca cantieri - intervenute nel corso dell’anno. Al contrario, i dati dell’Osservatorio Cresme-Edilizia e Territorio evidenziano che la ripresa già in corso da un paio di anni ha avuto una brusca accelerazione con lavori e concessioni messi in gara per 39.970 milioni di euro e un un incremento del 39,2% rispetto ai 28.717 milioni del 2018. Senza le concessioni di servizi, con riferimento ai soli lavori,la crescita è ancora più forte: si passa dai 18,7 miliardi del 2018 ai 28,3 del 2019 con un incremento del 50,7 per cento. In quest’ultimo conto il mese di dicembre ha fatto segnare un dato record con 6.098 milioni di euro messi in gara.

Occorre sempre ricordare - nel valutare questi numeri - che la pubblicazione di un bando non corrisponde a spesa effettiva di investimento, soprattutto in Italia, dove i tempi tra la gara e l’apertura del cantiere risultano particolarmente lunghi. Non si può comunque non notare che il dato dei bandi di gara è un buon termometro sia dello stato della progettazione delle amministrazioni (una delle grandi strozzature del sistema italiano) sia dell’impatto di rallentamento che la nuova normativa ha sulle procedure.

La fotografia scattata dal Cresme entra nel dettaglio dei vari mercati. A partire da quelli territoriali. Il grande boom nasce tutto al Nord: il Nord-Ovest segna un +65,2%, con un dato straordinario della Liguria (+109%), seguito a ruota dal Nord-Est con un +40,1 per cento. Piatto il dato complessivo del centro-sud con le eccezioni del Lazio (+18%), del Molise (+19,6%) e della Sicilia (+19,8%).

Sulle dimensioni delle opere messe in gara, scontata la flessione delle micropere fino a 150mila euro, liberalizzate dalla legge di bilancio 2019 prima e dallo sblocca-cantieri poi. Tornano a crescere le grandi opere di importo superiore a 50 milioni di euro: con un incremento del 132,7% si attestano a 17 miliardi e tornano a totalizzare quasi la metà dell’intero mercato.

Quanto alla tipologia delle stazioni appaltanti, crescono i comuni (+11,5%) che pure avevano registrato un forte aumento lo scorso anno e che sono maggiormente interessati alla liberalizzazione delle opere, ma soprattutto crescono le utilities locali (+57,8%), la sanità pubblica (+64,3%), l’Anas (+105%), le concessionarie autostradali (+56,8%), le ferrovie (+28,6%).

Il Cresme ha reso noti anche i dati dell’ultima sessione di Euroconstruct, l’organizzazione che associa 19 istituti di ricerca del settore delle costruzioni di tutta Europa. Il mercato europeo delle costruzioni ha segnato nel 2019 una crescita dell’1,8%: pesa la spinta dell’Europa orientale che non tocca più le punte vicine al 20% di crescita degli anni scorsi ma con il suo +7,6% stacca comunque l’Europa occidentale, ferma a +1,4%. I singoli Paesi che più tirano sono Slovacchia (14,9%), Irlanda (13,1%), Ungheria (10%) e Polonia (7,2%). L’Italia è nel gruppo di centro con +3,8% mentre colpiscono le frenate di Svezia (-14,1%), Finlandia (-7,6%) e Francia (-4,3%).

La frenata dell’Europa orientale prevista per il 2020 (+1,4%) ridimensiona l’intero settore europeo, che infatti si prevede si fermi a zero. Nel 2021, poi, le previsioni assumono il segno negativo: -1,4% Europa occidentale, -1,2% Europa orientale, -1,4% l’Europa totale.

Il mercato delle opere pubbliche continuerà invece a tirare ancora a lungo. Nel 2019 la stima è di +5,1% (10,8% nell’Est), nel 2020 +2,6%, nel 2021 +2,2%. Anche qui è l’Irlanda il Paese più in salute (+13% l’anno scorso, +15,4% quest’anno).

L’esercizio più interessante sui numeri Eurocnstruct è però quello sui rapporti di forza fra Paesi. La fotografia evidenzia in modo crudo gli effetti della lunga crisi sull’Italia che ancora fino a dieci anni fa competeva, per dimensione del mercato, con i big europei. Oggi il mercato italiano è stimato a 15,6 miliardi, circa un quarto dei 65,6 miliardi del mercato tedesco, dei 57,5 miliardi del mercato britannico, un terzo di quello francese (45 miliardi), molto meno della metà di quello spagnolo (39,7 miliardi).

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