Appalti

Cresme: l'edilizia torna a correre ma il quadro di incertezza potrebbe bloccare lo sprint

di G. Sa.

L’edilizia è tornata a correre veloce ma in un quadro, nazionale e internazionale, «carico di incertezza» che potrebbe interrompere o rallentare la corsa da un momento all’altro. È in questa contraddizione - esasperata dalla perdurante mancanza di «un disegno strategico, di una azione finalizzata alla definizione di linee coerenti e integrate di politica industriale» - la fotografia del XXVII Rapporto congiunturale del Cresme sul settore delle costruzioni che sarà presentato domani a Bologna. La previsione dell’istituto di ricerca è di una crescita del 3% degli investimenti totali (nuove costruzioni più rinnovo) nel 2019, del 2,4% nel 2020, del 2% nel 2021. Se gli investimenti in rinnovo continuano la loro marcia senza interruzioni (+3% nel 2019, +1,8% nel 2020, +1,7% nel 2021), la brusca accelerazione - cominciata già nel 2018 - arriva dagli investimenti in nuove costruzioni: ++3,1% nel 2019, +3,7% nel 2020, +2,6% nel 2021. A trainare - dice il Cresme in dissenso con altre letture del settore più diffuse - è soprattutto «il ritorno delle opere pubbliche»: quest’anno i rinnovi e le manutenzioni straordinarie (+9,8%), il prossimo la ripartenza sprint delle nuove realizzazioni (+7,2%) dopo lo sblocco degli investimenti dei comuni, delle Fs (in seguito all’approvazione del contratto di programma), dei gestori delle reti nazionali e locali energetiche e idriche. Per il Cresme crescono anche gli investimenti autostradali. «La crescita è spinta dalle nuove ingenti risorse pubbliche messe a disposizione nel quadriennio 2016-2019».

Sono tornate a crescere anche le nuove costruzioni residenziali (+3,8% nel 2019, +2,5% nel 2020) e non residenziali (+3% nel 2019, +2% nel 2020), che però restano su livelli ai minimi storici. Non mancano fattori di novità: nel mercato immobiliare corporate, per esempio, gli investimenti derivano al 70% medio da investitori stranieri, con punte dell’84%.

Il Cresme ripropone e rinnova comunque la sua lettura di un cambiamento radicale - che coinvolge la nozione stessa di «ambiente costruito» - per questi comparti. «Il rapporto tra domanda e costruito - sostiene l’istituto - è cambiato, non è più quello del passato: la riduzione dello spazio pro capite per addetto è oggi uno dei principali risultati dell’innovazione tecnologica e delle strategie aziendali». Le dinamiche demografiche, con una tendenza alla riduzione della popolazione, fotograferanno sempre più un Paese fatto di vuoti e pieni, con sempre più aree spopolate ed edifici abbandonati, mentre nelle aree più dinamiche crescita economica e demografica vanno di pari passo.

Resta l’esigenza del Cresme di ridisegnare i confini del settore, allargandolo oltre il valore della costruzione e dell’indotto e recuperando servizi, innovazione, intelligenza, informazioni, reti, fruizione collettiva, che nell’ambiente costruito transitano e soggiornano lasciando un flusso di valore. Senza dimenticare che il patrimonio immoibiliare è anche stratificazione e accumulo di ricchezza. Una ricchezza che il Cresme ricalcola per l’Italia in 9.500 di miliardi di euro di attività aptrimoniale reale.

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