Appalti

Un'altra tegola su Asmel: no del Tar Lecce alla tassa per l'uso della piattaforma a carico delle imprese

di Mauro Salerno

È incostituzionale, oltre che contraria al codice degli appalti, la prassi di scaricare sulle imprese i costi legati all'uso delle piattaforme elettoniche. È altrettanto illegittimo mascherare da criteri premianti di aggiudicazione la richiesta di prestazioni aggiuntive rispetto al progetto messo a gara dal bando. Con queste motivazioni il Tar Lecce (sentenza n. 1664/2019 del 31 ottobre) ha annullato l'intera procedura di gara bandita, tramite la piattaforma Asmel, dal Comune di Lizzanello per l'appalto dei lavori di ristrutturazione di un fabbricato. Dopo la bocciatura del Tar Lombardia, che su ricorso dell'Anac ha sostanzialmente negato la possibilità che Asmel svolga le funzioni di centrale di committenza, un'altra tegola si abbatte così sul consorzio che raggruppa centinaia di enti locali.

I giudici hanno pienamente accolto le tesi sostenute nel ricorso presentato dall'Ance, che si è vista riconoscere pienamente anche la legittimazione ad agire per tutelare l''interesse collettivo delle imprese a non vedersi addebitare oneri non dovuti, come «il costo dei lavori non previsti nel progetto della Pa posto a base di gara e il contributo ad Asmel per il funzionamento della piattaforma telematica».

Su quest'ultimo punto i giudici sono stati particolarmente precisi, contestando sia da un punto di vista costituzionale (articolo 23 che vieta di imporre prestazioni personale o patrimoniali non previste dalla legge) che da un punto di vista del codice appalti (art. 41, comma 2-bis che vieta di far pagare alle imprese i costi di funzionamento delle piattaforme) la clausola del bando di gara che obbligava l'aggiudicatario a pagare, prima della firma del contratto, «il corrispettivo dei servizi di committenza» forniti da Asmel per un importo di 4.180 euro., pari all'1% dell'importo a base si gara. Parallelamente, il Tar ha rilevato che il Consorzio Asmel «non ha dimostrato in giudizio» di essere iscritta all'anagrafe delle stazioni appaltanti «e non è, quindi, in possesso dei requisiti di qualificazione richiesti per poter svolgere i compiti di centrale di committenza».

Come anticipato, il Tar ha poi ritenuto illegittimi i criteri di valutazione dell'offerta tecnica previsti dal bando, dal momento che prevedono prestazioni «non trascurabili» riguardanti l'intero edificio oggetto dell'intervento. «Sicché», si legge nella sentenza, queste clausole « non risultano finalizzate a valorizzare le migliorie al progetto posto a base d'asta (progetto relativo, invece, alla ristrutturazione - solo - di parte del fabbricato esistente), quanto - piuttosto - ad estendere gli interventi previsti nel progetto esecutivo anche alla restante porzione dell'immobile, ponendone (indebitamente) i relativi oneri economici a carico dei
concorrenti, con sostanziale alterazione dei caratteri essenziali delle prestazioni richieste».

La sentenza del Tar

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