Appalti

Rating di legalità, la premialità non può «schiacciare» piccole imprese e professionisti

di Dario Immordino

È illegittima la legge di gara che riconosce l'attribuzione di un punteggio al rating di legalità certificato dall'A.G.C.M. senza prevedere alcuna misura di compensazione in favore dei concorrenti impossibilitati ad ottenerlo. Posto infatti che il rating di legalità può essere richiesto solamente dalle imprese operanti in Italia, iscritte al registro delle imprese da almeno due anni e con un fatturato minimo pari ad almeno due milioni di euro, per garantire il favor partecipationis e la par condicio tra i concorrenti la stazione appaltante deve prevedere, già nella disciplina di gara, vantaggi compensativi per i soggetti sprovvisti di tali requisiti, quali gli operatori economici esteri, le micro imprese, i giovani professionisti o gli operatori economici di nuovo costituzione.

In applicazione di tali principi la sentenza n.6907/2019 del Consiglio di Stato ha dichiarato l'illegittimità della lex specialis di una procedura che ammetteva la partecipazione di imprese con un fatturato non inferiore ad un milione di euro e «prevedeva la premialità per il rating di legalità, senza introdurre alcuna misura compensativa a favore delle imprese estere o di quelle di nuova costituzione». L'assunto della pronuncia è che la disciplina sul rating di legalità e sui benefici alle imprese che lo conseguono mira a favorire la promozione e l'introduzione di principi di comportamento etico in ambito aziendale, attraverso l'attribuzione di vantaggi in relazione alla concessione di finanziamenti pubblici, all'accesso al credito bancario e alla partecipazione alle procedure di aggiudicazione di contratti pubblici, ma tale rilevante obiettivo va coniugato con gli altri obiettivi e principi che informano le gare pubbliche, quali in particolare il principio di libera concorrenza e quello del favor partecipationis lle micro, piccole e medie imprese.

A tal fine l'art. 95, comma 13, del Codice degli appalti precisa eloquentemente che la previsione di criteri premiali a favore dell'offerta dei concorrenti provvisti del rating di legalità deve essere compatibile «con il diritto dell'Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità», e le stazioni appaltanti devono «agevolare la partecipazione alle procedure di affidamento per le microimprese, piccole e medie imprese, per i giovani professionisti e per le imprese di nuova costituzione». Di conseguenza il bonus alla certificazione di buona condotta delle imprese deve essere configurato in maniera da premiare i concorrenti che lo hanno conseguito rispetto a quelli che, pur essendo in condizione di farlo, non vi sono riusciti, senza però danneggiare i soggetti che non sono in condizione di conseguire il rating di legalità.

In altri termini, per rispettare le condizioni di legalità prescritte dal Consiglio di Stato, la legge di gara deve prevedere l'attribuzione di un punteggio premiale per i concorrenti operanti in Italia, iscritti al registro delle imprese da almeno due anni e con un fatturato minimo pari ad almeno due milioni di euro che abbiano ottenuto il rating di legalità, mentre a favore delle imprese estere, di quelle di nuova costituzione e di quelle carenti del previsto fatturato devono essere previsti altri benefici oppure deve essere consentito loro «di comprovare altrimenti la sussistenza delle condizioni o l'impiego delle misure previste per l'attribuzione del rating»…. «a meno che la stazione appaltante non sappia già, nella predisposizione del bando di gara o della lettera di invito, che alla procedura potranno partecipare solo imprese potenzialmente idonee ad avere il rating» (vedi le Linee guida Anac n.2, di cui alla delibera n. 1005 del 21 settembre 2016 ).

La pronuncia del Consiglio di Stato

La pronuncia del Consiglio di Stato

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