Appalti

Speciale Sblocca-cantieri/3. Fino a fine 2020 appalti senza centrale anche per i piccoli comuni

di Paola Conio

La legge di conversione del decreto "sblocca-cantieri" conferma, seppure solo temporaneamente, una delle scelte più dibattute del D.L. 32/2019, ovvero il superamento dell'obbligo dei Comuni non capoluogo di provincia di ricorrere a forme di aggregazione e/o centralizzazione della committenza per i propri acquisti.

Cambia, tuttavia, la tecnica normativa utilizzata. Se, difatti, il decreto "sblocca-cantieri" interveniva direttamente a modificare il quarto comma dell'art. 37 del D.Lgs. 50/2016, prevedendo che il ricorso agli acquisti aggregati o centralizzati passasse da obbligatorio a meramente facoltativo, la legge di conversione inserisce semplicemente la disposizione ora richiamata tra quelle temporaneamente sospese a «a titolo sperimentale».

Il periodo di moratoria si estende sino al 31 dicembre 2020 e le ragioni della temporanea disapplicazione dovrebbero risiedere nell'intento di rilanciare nei prossimi 18 mesi gli investimenti e facilitare l'apertura dei cantieri, posto che l'altra finalità richiamata dalla legge di conversione a giustificazione della sospensione sperimentale di alcuni articoli del codice contratti – ovvero, tener conto delle procedure di infrazione n. 2017/2090/ e 2018/2273 aperte dalla Commissione Europea nei confronti dell'Italia – non ha in questo caso alcun rilievo.

EÈ possibile che le ragioni dell'ammorbidimento della modifica vadano ricercate nel rendere meno brusco e netto quello che era apparso come un profondo cambiamento, si potrebbe dire "di rotta" rispetto al percorso tracciato – ancorché ad oggi rimasto sostanzialmente inattuato – dalla riforma del 2016, nella direzione della riduzione del numero delle stazioni appaltanti, che vedeva nell'obbligo di centralizzazione e aggregazione degli acquisti dei Comuni di minore dimensione uno degli strumenti possibili.
Ove non entrassero, nel frattempo, in vigore ulteriori modifiche normative, allo scadere del periodo di sospensione temporanea le norme elencate all'art. 1 del testo risultante dalla legge di conversione del decreto sblocca cantieri, tra le quali quella in commento, dovrebbero tornare pienamente applicabili ed efficaci.

È, tuttavia, possibile che l'orizzonte del 31 dicembre 2020 sia stato fissato anche tenendo in considerazione il parallelo, seppur indipendente, iter di approvazione della legge delega per la complessiva riforma del Codice contratti o per la sua integrale sostituzione con un nuovo Codice (D.d.l. 1162) e, dunque, la teorica possibilità che il 2021 si apra già con uno scenario normativo ulteriormente modificato.


Qualificazione delle stazioni appaltanti e aggregazione/centralizzazione delle committenze
L'art. 37 del Codice contratti pubblici si inserisce nell'ambito del Titolo II, dedicato alla qualificazione delle stazioni appaltanti. La riforma del 2016, sulla scorta dei principi della Legge Delega (L. n. 11/2016) aveva previsto l'introduzione di un sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti che, partendo dall'analisi di parametri obiettivi, ne misurasse l'effettiva capacità tecnica e organizzativa, con il fine di riorganizzarle e ridurne sensibilmente il numero, a vantaggio di una più elevata competenza e professionalizzazione.

Come noto, il sistema è rimasto di fatto sulla carta e, a tre anni di distanza dalla riforma, lo schema di Dpcm non ha ancora ricevuto l'approvazione della Conferenza Unificata Stato-Regioni, trattandosi come è facile immaginare di un tema assai delicato, visto che l'entrata in vigore del sistema – almeno stando alle previsioni dell'Anac – avrebbe determinato una riduzione del numero delle stazioni appaltanti attuali di circa il 75-80%.

Un tassello a parte, nell'ambito di questo processo, era rappresentato dalla disciplina relativa ai Comuni non capoluogo di Provincia, che in sostanza non avrebbero più potuto procedere in autonomia.

I Comuni non capoluogo di provincia
La legge delega del 2016, alla lettera dd) dell'art. 1, dava al legislatore delegato l'indicazione di procedere all'introduzione di adeguate forme di centralizzazione delle committenze e di riduzione del numero delle stazioni appaltanti, effettuate sulla base del sistema di qualificazione di cui si è detto al precedente paragrafo, con la possibilità di gestire contratti di diversa complessità a seconda del grado di qualificazione conseguito.

La medesima lettera dd) della citata legge delega prevedeva espressamente, tuttavia, che il nuovo codice contratti avrebbe dovuto perseguire gli obiettivi predetti «fatto salvo l'obbligo, per i comuni non capoluogo di provincia, di ricorrere a forme di aggregazione o centralizzazione delle committenze, a livello di unione dei comuni, ove esistenti, o ricorrendo ad altro soggetto aggregatore secondo la normativa vigente».

Tale obbligo, in effetti, era già stato previsto da precedenti disposizioni normative, con un termine di applicazione piena dapprima fissato al 31 marzo 2012 e poi successivamente prorogato. L'art. 37 comma 4, del Codice contratti del 2016, in attuazione del principio di delega, prevedeva che – fatto salvo quanto stabilito al precedente comma 1 e al primo periodo del comma 2, i comuni non capoluogo di provincia dovessero procedere necessariamente per i propri affidamenti:
a) ricorrendo a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati;
b) mediante unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza, ovvero associandosi o consorziandosi in centrali di committenza nelle forme previste dall'ordinamento.
c) ricorrendo alla stazione unica appaltante costituita presso le province, le città metropolitane ovvero gli enti di area vasta.

Il primo comma dell'art. 37 – richiamato come si è visto dal comma 4 – dopo aver fatto salvi gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, di cui alle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa, prevede che le stazioni appaltanti, per l'acquisizione di forniture e servizi di importo inferiore a 40.000 euro e di lavori di importo inferiore a 150.000 euro, possano procedere direttamente e, in alternativa, possano operare attraverso l'effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza e dai soggetti aggregatori. Per gestire, invece, procedure di importo superiore alle soglie appena indicate è necessario il conseguimento della qualificazione.
Il primo periodo del comma 2 – anch'esso espressamente richiamato dal comma 4 - sempre facendo salvi i medesimi obblighi di acquisto aggregato di cui al comma 1, stabilisce che per gli acquisti di forniture e servizi di importo superiore a 40.000 euro e inferiore alla soglia europea, nonché per gli acquisti di lavori di manutenzione ordinaria d'importo superiore a 150.000 euro e inferiore a 1 milione di euro, le stazioni appaltanti qualificate possano procedere mediante utilizzo autonomo degli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate secondo la normativa vigente.

L'art. 37 comma 4 non richiama, invece, il secondo periodo del comma 2, che dà la possibilità alle stazioni appaltanti, in caso di indisponibilità degli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate, anche in relazione alle singole categorie merceologiche, di poter autonomamente utilizzare le procedure di cui al presente codice.
Alla luce di queste disposizioni, l'Anac aveva chiarito nelle proprie Faq che avrebbe provveduto a rilasciare il Cig ai Comuni non capoluogo di Provincia soltanto per:
•gli acquisti effettuati mediante il ricorso a strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, previsti dalle disposizioni vigenti in materia di contenimento della spesa;
•l'effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza;
•l'acquisizione di forniture e servizi di importo inferiore a 40.000 euro e di lavori di importo inferiore a 150.000 euro;
•all'acquisto di forniture e servizi di importo superiore a 40.000 euro e inferiore alla soglia europea, nonché all'acquisto di lavori di manutenzione ordinaria d'importo superiore a 150.000 e inferiore a 1 milione di euro mediante utilizzo autonomo degli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate. Al di fuori di queste ipotesi, il Comune non capoluogo di provincia non poteva procedere.

La sospensione temporanea della disposizione da parte della legge di conversione dello sblocca-cantieri
Come anticipato, la legge di conversione dello "sblocca-cantieri" non incide più direttamente sulla norma in commento, ma ne sospende l'applicazione a titolo sperimentale sino a tutto il 2020.
Quindi le tre modalità di acquisto aggregato descritte dalla norma e richiamate al paragrafo precedente divengono semplici alternative, tuttora comunque possibili anche in vigenza della sospensione temporanea, rispetto alla possibilità di procedere direttamente e autonomamente ai propri affidamenti.
La legge di conversione dello sblocca-cantieri si premura di precisare che la temporanea disapplicazione del comma 4 è disposta solo «quanto all'obbligo di avvalersi delle modalità ivi indicate"»pertanto, nulla si dice circa l'applicazione del comma primo del medesimo art. 37 e del primo periodo del comma secondo, cui il quarto comma dell'art. 37 fa riferimento.

Pertanto, nel momento in cui dovesse diventare operativo il sistema di qualificazione di cui all'art. 38 anche i comuni non capoluogo dovranno necessariamente qualificarsi per poter procedere agli affidamenti di importo superiore a 40.000 euro per le forniture e i servizi e a 150.000 euro per i lavori. Si rammenta che, nel periodo transitorio, la qualificazione viene provvisoriamente fatta coincidere con l'iscrizione all'Ausa (ovvero all'Anagrafe Unica delle Stazione Appaltanti).

Restano, altresì, invariati gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa, quindi in sostanza gli obblighi di acquisto aggregato previsti dalle varie leggi finanziarie per determinate tipologie di affidamenti, come ad esempio gli acquisti informatici.

La sentenza Tar Brescia n. 266/2019
La sospensione dell'obbligo di ricorrere ad acquisti aggregati/centralizzati, peraltro fortemente voluta dall'Anci (lAssociazione dei comuni), è certamente sostanziale, in quanto consente ai Comuni non capoluogo di cimentarsi in via diretta e autonoma anche nelle procedure di gara per gli acquisti di maggior rilievo, sottraendosi all'obbligo di aggregazione.

È interessante comunque notare come una recente sentenza del Tar Brescia (sent. n. 266 del 2019) abbia affermato – con riferimento ad una procedura per l'affidamento in concessione trentennale di una farmacia comunale bandita da un Comune non capoluogo di provincia – che la violazione del principio di aggregazione e centralizzazione delle committenze, anche nei casi previsti dall'art. 37 comma 4 del D.Lgs. n. 50 del 2016 – ovviamente nella formulazione precedente allo sblocca-cantieri – non sarebbe stata comunque sanzionabile con l'annullamento dell'intera procedura di gara in mancanza di parametri precostituiti che consentissero di misurare la sproporzione tra la complessità della procedura e le competenze tecniche della stazione appaltante. Questi parametri, ad avviso del Tar Brescia, avrebbero potuto essere forniti solo dal Dpcm deputato ad individuare i requisiti tecnico-organizzativi per la qualificazione delle stazioni appaltanti, come detto non ancora emanato. Prima di quel momento, dunque, secondo l'interpretazione contenuta nella sentenza richiamata, a prescindere dallo sblocca-cantieri, la violazione dell'obbligo di procedere con l'acquisto aggregato e centralizzato non avrebbe avuto conseguenze sulla legittimità della procedura.

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