Appalti

Documento di gara elettronico, allarme dei Comuni: dal 18 ottobre gare a rischio blocco

di Mauro Salerno

Un’altra tegola rischia di abbattersi sul mercato degli appalti, che in questi ultimi mesi sta provando a rialzare la testa dopo le difficoltà legate all’attuazione del codice entrato in vigore ad aprile 2016 (vedi qui l’articolo con i dati sui primi nove mesi, pubblicato in questa stessa edizione del quotidiano digitale). La zeppa al mercato questa volta potrebbbe arrivare dagli obblighi di digitalizzazione delle procedure di gara che dal 18 ottobre - cioè da dopodomani - prevedono l’obbligo di compilazione elettronica del Dgue, il documento di gara unico europeo con cui le imprese dichiarano di essere possesso in possesso dei requisiti previsti dal bando.

A confermare che si rischia il blocco del mercato sono i Comuni, vale a dire la principale stazione appaltante italiana, almeno in termini di numero di gare gestite. «I comuni non sono attrezzati a gestire la compilazione elettronica del Dgue - dice Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza e responsabile appalti pubblici dell’Anci -. È necessaria una proroga dell’attuale sistema che prevede la possibilità di consegnare il documento su supporti elettronici come chiavette o cd. Altrimenti si rischia il blocco delle gare».

Per evitare impasse il Comuni avrebbero dovuto attrezzare i propri siti internet con un sistema dedicato alla gestione elettronica del Dgue, oppure avvalersi di un altro sistema, sempre elettronico, indicando alle imprese come comportarsi. Il problema è che gli enti non sono ancora pronti. «Vanno benissimo queste innovazioni. Noi addirittura le auspichiamo, ma bisogna programmarle bene. I comuni vengono da anni di difficoltà, con blocco del turnover e scarsità di personale negli uffici tecnici». Difficile che qualcuno possa allora rispettare la scadenza. «Ripeto - dice Occhiuto - si rischia il blocco delle gare». Se si vogliono innovare le procedure di gestione delle gare, aggiunge il delegato Anci, «servono risorse per l’assunzione di altro personale con curriculum adeguato e risorse per formare dei tecnici interni». Prima di tutto questo serve però «una proroga del termine».

Che non si tratti di un allarme vuoto lo dimostra il fatto che anche a Porta Pia si siano posti il problema. Anzi, il ministero ha già pronta la proroga di un anno del termine di entrata in vigore del Dgue elettronico. Il punto è che è difficile che una norma di questo tipo possa passare, eludendo di fatto una scadenza prevista dalle direttive europee. L’obbligo di gestire le comunicazioni soltanto attraverso canali elettronici tra stazioni appaltanti e imprese scatta il 18 ottobre per effetto della norma transitoria (articolo 90, paragrafo 2 della direttiva 24/2014) che ha consentito ai paesi membri di spostare in avanti di due anni e mezzo la scadenza che avrebbe dovuto essere in realtà rispettata fin dal giorno di entrata in vigore delle norme europee. Questo termine ora costituisce di fatto un limite invalicabile. Per questo ad aprile il Mit aveva deciso di agganciare al 18 ottobre la “scappatoia” che finora ha consentito di rispettare l’obbligo attraverso “chiavette” e cd. Ed è sempre la “barriera” europea a rendere improbabile l’ipotesi di una nuova proroga.

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