Appalti

«Sbagliato dire che l'Anac affossa il Ppp, le indicazioni vanno applicate ai casi specifici»

di Veronica Vecchi (*)

(*) PhD, Università Bocconi, school of management Milano, Italy

La lettura dell'articolo redatto da Allegro, Guccione e Martiniello richiede una puntualizzazione di carattere metodologico.

Come già ribadito nell'articolo a mia firma nel Dossier Linee Guida di «Edilizia», sarebbe stato fondamentale che Anac avesse indicato che il concetto di equilibrio economico e finanziario, così come cristallizzato nelle Linee Guida, trova applicazione ai PPP con società di progetto.
In quelli senza società di progetto, la valutazione della redditività del progetto è ben più complessa. Tuttavia ormai sono residuali i casi in cui la società veicolo non viene costituita e si tratta di progetti a bassissima intensità di capitale. Infatti, senza questo veicolo societario, sarebbe impossibile finanziare progetti di significativa entità.

Come è prassi nelle operazioni i PPP, la società di progetto, finalizzata a una corretta separazione tra il progetto, i suoi azionisti e il Concedente, stipula contratti con terze parti, tra cui il soggetti finanziatori e i subcontractor, quali le società di costruzione e di gestione. Questi ultimi sono in genere anche azionisti della società di progetto (e per tale ragione sono chiamati investitori industriali).

I contratti con i subfornitori sono finalizzati a garantire certezza dei costi e allocazione dei rischi, condizione imprescindibile per rendere il progetto bancabile.
I contratti con i subfornitori contengono un margine industriale per questi ultimi. Anzi, talvolta, il mercato concentrato del PPP potrebbe portare a una sovrastima di queste marginalità rispetto ai valori medi di mercato, utilità che non necessariamente sono trasferite agli operatori industriali, specie quando questi non sono azionisti della società di progetto.

Se in fase di esecuzione del contratto, la società di progetto pagasse i suoi subfornitori somme inferiori a quanto stimato nel PEF, si sarebbe in presenza di una redditività per la società di progetto più elevata rispetto a quanto indicato dagli indicatori VAN e TIR.

La società di progetto, dopo aver pagato i suoi subfornitori e il servizio del debito, può godere di risorse libere per remunerare il capitale investito.

La condizione di equilibrio economico e finanziario, cristallizzata dal TIR di azionista che eguaglia il rendimento atteso del capitale investito, significa che gli azionisti riceveranno un rendimento, se saranno in grado di rispettare le previsioni su ricavi, costi di gestione e costi di investimento (ovvero se saranno in grado di gestire il rischio operativo), pari al rendimento atteso che avranno definito tra i dati di input del PEF.

A questo punto è fondamentale chiarirsi sugli indicatori di redditività e sul rendimento atteso dal capitale investito.

Vi è unanimità nel ritenere che il WACC (costo medio ponderato del capitale) non sia in grado di catturare la struttura finanziaria del progetto e soprattutto, per una corretta analisi, si dovrebbe utilizzare un WACC di periodo per attualizzare il flusso del periodo medesimo. Pratica che raramente viene effettuata.

Per tale motivo sarebbe stato più adeguato, nelle linee guida di Anac, far riferimento all'equilibrio economico e finanziario a livello di "bottom line" e quindi a livello di flussi di cassa liberi per l'azionista.

Va detto, come già scrissi nel mio articolo, che le linee guida in consultazione apparivano più adeguate, in quanto non imponevano una eguaglianza perfetta del VAN a zero e del TIR al costo del capitale (esse recitavano che il VAN/TIR dovevano tendere alla condizione di equilibrio economico finanziario) e soprattutto facevano riferimento, in modo più generico, sia ai flussi di cassa del progetto che dell'azionista, lasciando più flessibilità nell'applicazione delle linee guida.

Naturalmente le linee guida devono essere interpretate e applicate caso per caso. Inoltre, la complessità delle operazioni di PPP non può essere affrontata applicando "alla lettera e in modo meccanicistico" quanto scritto nelle linee guida. I principi enunciati dall'Anac devono essere applicati con granu salis da esperti di valutazioni economico e finanziarie di progetti infrastrutturali.

Rispetto all'affermazione fatta da Guccione et al. che la condizione di equilibrio economico e finanziario non consente di conseguire la redditività sufficiente per attirare gli investitori e per garantire la bancabilità, vanno chiariti alcuni punti.

Innanzitutto, tra gli indicatori di equilibrio economico e finanziario vi devono essere anche quelli di bancabilità e conseguentemente potrebbe essere che per conseguire un Debt Service Cover Ratio medio non sia possibile rispettare l'eguaglianza perfetta.

Inoltre, sarà fondamentale che gli operatori economici imparino a stimare il rendimento atteso del capitale di equity investito, a cui attualizzare i flussi di cassa (dell'azionista).

Purtroppo, l'esperienza insegna che anche gli operatori economici più preparati non sono stati in grado di stimare il rendimento atteso del capitale investito, facendo una attenta valutazione, attraverso la matrice dei rischi, dei rischi idiosincratici e dei rischi sistemici.
È questo di un punto di debolezza non solo italiano ma anche internazionale, visto che molti investitori tendono a utilizzare l'approccio "hurdle rate" nelle loro stime, ovvero quel rendimento minimo che rende neutrale investire in un progetto o in un altro. L'approccio hurdle rate potrebbe portare a una sovra/sottostima dei rischi e certamente a una erronea stima del rendimento atteso.

Da accademica e docente, spesso noto come la produzione scientifica che l'accademia elabora non sia minimamente tenuta in considerazione nè dal mercato, nè dalle Istituzioni, nel tentativo di innovare in modo sostenibile.

Sarebbe stato, inoltre, auspicabile, per evitare l'effetto "furbetto" citato da Guccione et al., che Anac indicasse che la redditività deve essere valutata a livello di flussi di cassa liberi e non, come spesso avviene, a livello di dividendi distribuiti. Così facendo, si riesce a dimostrare, infatti, un rendimento più basso e quindi "apparentemente" più allineato. A meno che, dall'altro lato del tavolo, non siedano esperti capaci di comprendere le dinamiche di mercato e di portarle a sintesi rispetto alle prerogative e ai vincoli del settore pubblico, per uno sviluppo vero e competitivo del mercato.

Al di là delle imprecisioni, lo sforzo fatto da Anac e dalle Istituzioni che stanno elaborando documenti di riferimento è fondamentale per creare quell'ecosistema necessario affinchè il PPP possa svilupparsi. Speriamo che cotanta produzione di soft law possa poi portare una maggior serenità tra le amministrazioni nell'utilizzare il PPP. Ma purtroppo non sarà così, perchè in assenza di competenze il rischio è quello di un ulteriore irrigidimento. Sarebbe utile, infatti, che non ci fosse la presunzione o la speranza che l'applicazione automatica delle Linee Guida o di altri documenti emanati da istituzioni sia garanzia di adeguata azione amministrativa. Non credo che sia questo, infatti, l'intento delle nostre Istituzioni. Purtroppo, è solo la percezione diffusa a livello di manager pubblici locali, ai quali, in nome della spending review, è stata negata la possibilità di fare investimenti seri e finalizzati in formazione.

Per contrastare i "furbetti" del quartiere, per citare un passaggio dell'articolo di Guccione et al., l'unica soluzione è investire in competenze, nella PA. Una PA forte riduce il rischio di azzardo morale e stimola la concorrenza e soprattutto rende il manager pubblico più libero di applicare, in modo sartorializzato ai singoli progetti, indicazioni di carattere generale fornite da Anac o da altre istituzioni.

Chiudo con un passaggio tecnico sull'articolo di Guccione et al. Ormai è prassi diffusa nelle operazioni di PPP rendere il rischio inflazione neutrale, indicizzando solo quella parte dei ricavi che concorrono alla remunerazione dei costi che subiscono l'effetto inflazionistico, tra cui i dividendi.

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