Fisco e contabilità

Divise da lavoro e Dpi, il tempo della vestizione è incluso nell'orario di lavoro

Ma solo se l'azienda vincola il lavoratore a conservare le attrezzature sul luogo di lavoro. Lo chiarisce il ministero del Lavoro

di Massimo Frontera

Il tempo necessario per indossare abiti di lavoro e dispositivi di protezione individuale, necessari per lo svolgimento della specifica mansione, è incluso nell'orario contrattuale nel caso in cui il datore di lavoro imponga al lavoratore di conservare in sede abiti da lavoro e Dpi. Se invece,il datore di lavoro consente di conservare gli abiti da lavoro a casa e di arrivare in sede già in tenuta da lavoro, il tempo della vestizione può essere scomputato dall'orario di lavoro stabilito dal contratto e non va dunque retribuito.

È, in sintesi, quanto afferma il ministero del Lavoro rispondendo a un interpello n.1/2020 ) a firma di Ugl sulla «retribuibilità dei tempi di vestizione dei lavoratori». Più esattamente Ugl-Federazione nazionale delle autonomie ha chiesto di sapere «se possano essere inclusi nell'orario di lavoro i tempi di vestizione della divisa da parte dei dipendenti, inquadrati in vari ruoli professionali, di aziende che applichino un Ccnl che non preveda disposizioni specifiche al riguardo».

Il ministero del Lavoro risponde ricordando che la Corte di cassazione («secondo un orientamento ormai consolidato») distingue il caso del lavoratore che ha avuto in dotazione gli indumenti di lavoro con anche il consenso dell'azienda a portarli al proprio domicilio, dal caso del lavoratore che ha ricevuto gli indumenti con il vincolo però di tenerli e di indossarli sul posto di lavoro. Nel primo caso «il tempo impiegato per la vestizione non può essere considerato orario di lavoro», nel secondo caso «il tempo necessario alla vestizione e svestizione rientra nel concetto di orario di lavoro e, come tale, andrà computato e retribuito».

I tecnici del ministero del lavoro ricordano inoltre che anche la Corte di Giustizia (sentenza 10 settembre 2015, causa C-266/14) ha«chiarito che «in circostanze nelle quali i lavoratori non hanno un luogo di lavoro fisso o abituale, costituisce "orario di lavoro", ai sensi di tale disposizione, anche il tempo di spostamento che tali lavoratori impiegano per raggiungere i luoghi in cui si trovano i clienti indicati dal loro datore di lavoro. Secondo la Corte non costituisce orario di lavoro - ai sensi della direttiva 2003/88 - esclusivamente il periodo durante il quale i lavoratori dispongono della "possibilità (…) di gestire il loro tempo in modo libero e di dedicarsi ai loro interessi" (cfr. punto 37 della sentenza citata, che richiama in proposito la sentenza Simap, C 303/98, punto 50). Infatti, a parere della stessa Corte, la direttiva 2003/88 non prevede categorie intermedie tra i periodi di lavoro e di riposo e le relative prescrizioni in materia di durata massima dell'orario di lavoro e di periodi minimi di riposo costituiscono prescrizioni minime necessarie per garantire la tutela della salute e sicurezza, ai sensi del diritto dell'Unione europea».

Da questo, sottolinea l'interpello, ne discende che «anche il caso del tempo impiegato dal lavoratore per indossare la divisa o i dispositivi di protezione individuale sul luogo di lavoro risulta quindi inquadrabile nell'ipotesi delineata dalla Corte di Giustizia, in quanto nel periodo considerato il lavoratore è giuridicamente obbligato ad eseguire le istruzioni del proprio datore di lavoro, senza poter gestire liberamente il proprio tempo». In conclusione, se «al dipendente sia data facoltà di scegliere quando e dove cambiarsi», «tale operazione fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento della prestazione lavorativa e, in quanto tale, non dovrà essere retribuita. Sulla base di tale ricostruzione, si ritiene che l'attività di vestizione e di svestizione debba essere inclusa nell'orario di lavoro solo in presenza dei requisiti previsti dalla richiamata giurisprudenza, e cioè nel caso in cui il datore di lavoro abbia imposto al lavoratore di indossare determinati indumenti dallo stesso forniti, con il vincolo di tenerli sul posto di lavoro».

«Viceversa - conclude l'interpello - non sarebbe riconducibile ad orario di lavoro l'ipotesi in cui i lavoratori non siano obbligati ad indossare la divisa in azienda e non abbiano l'obbligo di dismetterla alla fine dell'orario, lasciandola in sede. In tali ultime ipotesi, infatti, il lavoratore resta libero di scegliere il tempo e il luogo dove indossare la divisa, ben potendo decidere di effettuare tale operazione presso la propria abitazione, prima di recarsi al lavoro».

La risposta all'interpello n.1/2020 del Ministero del Lavoro

La risposta all'interpello n.1/2020 del ministero del Lavoro

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