Urbanistica

Rigenerazione urbana, il permesso di costruire in deroga vince anche sulle leggi regionali

In ambito commerciale, il titolo edilizio - dice in sostanza il Consiglio di Stato - diventa uno strumento dalle potenzialità illimitate al servizio della concorrenza

di Andrea Latessa e Cristina Manocchio

Il Consiglio di Stato - con la sentenza n. 1205/2020 - ha fatto chiarezza sui presupposti necessari all'impiego del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici, previsto all'art. 14 comma 1 bis del D.P.R. 380/2001. Il Permesso di costruire in deroga, come ricostruito nella citata pronuncia, diviene uno strumento dalle potenzialità illimitate soprattutto allorquando viene utilizzato in ambito commerciale. Così è possibile combinare la semplificazione, propria di tale strumento, con le disposizioni volte a garantire la libera concorrenza.

Appaiono davvero lontani i tempi in cui il Consiglio di Stato, nell'esaminare in sede consultiva la bozza del Testo Unico dell'edilizia, evidenziava all'Esecutivo (con il parere n. 52/2001) l'opportunità che tale strumento fosse impiegato anche per derogare alle destinazioni d'uso impresse dai Piani Regolatori. Osservazione questa quantomai lungimirante che, tuttavia, non venne recepita dal Legislatore salvo poi introdurla, a 13 anni di distanza, con il D.L. 133/2014 che nel modificare l'art. 14 del T.U.Ed ha esteso l'applicazione di tale istituto anche agli edifici privati non di interesse pubblico. L'interpretazione fornita dal massimo Organo della Giustizia Amministrativa rappresenta una rivoluzione copernicana in quanto consente a tale istituto di poter esprimere tutto il suo potenziale diventando agile strumento capace di far convergere l'interesse pubblico con quello privato, di contrarre enormemente i tempi del procedimento, evitando la necessità di far ricorso ad estenuanti modifiche allo strumento urbanistico.

Così in un sol colpo dai tempi rapidissimi può essere evitato il consumo di suolo, attraverso il riuso di esistenti edifici, e corretti agli eventuali errori di pianificazione che hanno condotto al degrado talune zone urbanistiche. L'art. 14 comma 1-bis T.U.Ed. ammette interventi di ristrutturazione edilizia mutando la destinazione d'uso degli edifici oggetto di intervento anche in deroga alle previsioni dello strumento urbanistico, con il solo divieto di incrementarne la superficie coperta. Nel caso di insediamenti commerciali trova altresì applicazione l'art. 31, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 che garantisce la libertà di insediamento delle attività commerciali. Come noto, per il rilascio di tale "eccezionale" permesso di costruire occorre che il Consiglio Comunale attesti la sussistenza di un interesse pubblico.

Nel caso affrontato nella citata sentenza, il permesso di costruire in deroga era stato rilasciato per insediare una media struttura di vendita in un parcheggio multipiano previsto espressamente dal PRG ma rivelatosi di scarso successo. Il Tar accoglieva il ricorso proposto da alcune attività commerciali vicine, evidenziando che l'interesse pubblico previsto dalla norma doveva necessariamente consistere in un concreto beneficio per la collettività derivante dall'insediamento di quella specifica attività. L'Amministrazione avrebbe dovuto spiegare, dunque, qual era l'interesse pubblico ad insediare un altro supermercato anche considerando che nelle vicinanze vi erano altre attività commerciali similari.
Nient'affatto secondo il Consiglio di Stato che, nel ribaltare la pronuncia, ha affermato che l'interesse pubblico ben poteva risiedere, come affermato correttamente dal Comune, nel riuso di un fabbricato in abbandono che stava diventando «un detrattore ambientale» in una zona nevralgica della città. Nella specie l'Amministrazione si era, infatti, correttamente limitata a valutare che l'attività da insediare non era incompatibile con il tessuto urbanistico della zona.

Ulteriore elemento di assoluta novità della pronuncia è relativo al "superamento" delle norme regionali contrastanti con il permesso di costruire in deroga. In particolare la Legge regionale dell'Abruzzo prevedeva, per l'insediamento delle medie strutture di vendita, un determinato rapporto di copertura che nella specie non poteva essere rispettato.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che il mancato rispetto di tale norma regionale non invalidasse il titolo edilizio perché inapplicabile per plurimi motivi, tutti di estremo interesse sia teorico che pratico:

-L'art. 14 comma 1 bis del TUED, introdotto dal D.L. n. 133/2014, costituisce principio fondamentale della materia edilizia e prevale (ex art. 1 TUED) sulle Leggi Regionali con esso contrastanti;
- I parametri di insediabilità delle medie strutture di vendita previsti dalla norma regionale avevano natura edilizia, in quanto recepiti dai Piani Regolatori generali e, quindi, ben potevano essere derogati dal permesso di costruire rilasciato ex art. 14 del TUED.
-L'Art. 14 TUED nel richiamare l'art. 31 del DL n. 201/2011 prevede che anche tale titolo edilizio "eccezionale" può essere utilizzato per favorire la libera apertura degli esercizi commerciali. Il D.L. n. 1/2012, in armonia con il principio della concorrenza dettato dalle disposizioni euro-unitarie e con il principio costituzionale di libertà delle iniziative economiche, ha previsto l'abrogazione di tutte le leggi limitative delle attività economiche non giustificate da interessi generali.

La pronuncia del Consiglio di Stato

La pronuncia del Consiglio di Stato

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