Urbanistica

Demolizione e ricostruzione, va rispettata la sagoma dell'edificio preesistente

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale non è più possibile derogare alle norme del tu edilizia

di Guglielmo Saporito

Prospettive di riordino per le ristrutturazioni edilizie, a seguito di un intervento della Corte costituzionale (24 aprile n. 70). La sentenza riguarda una norma regionale della Puglia (59/su 18) ma riassume i vari limiti imposti dallo Stato per le ristrutturazioni “ricostruttive”. Proprio queste ultime sono le più interessanti che consentono demolizione e quindi una riqualificazione edilizia. In principio (articolo tre comma 1 d Dpr 380 / 01) il testo unico dell’edilizia disponeva che, in caso di demolizione, la ricostruzione attuabile con scia doveva realizzare una «fedele ricostruzione di un fabbricato identico». Quindi, rispetto all’edificio preesistente, erano necessarie identità di sagoma, volume, area di sedime e caratteristiche dei materiali.

Un anno dopo (Dlgs 301/02) è stato eliminato sia lo specifico riferimento alla identità dell'area di sedime e alle caratteristiche dei materiali, sia il concetto di “fedele ricostruzione”. La paroletta passata alle Regioni, che sono state autorizzate (comma 9 dell’articolo 5 del Dl 70/11), a introdurre normative che disciplinassero interventi di ristrutturazione ricostruttiva con ampliamenti volumetrici, concessi quale misura premiale per la razionalizzazione del patrimonio edilizio, anche con «delocalizzazione delle relative volumetrie in area o aree diverse».

Quindi è diventato possibile discostarsi dalla volumetria, nell'ipotesi di ristrutturazioni realizzate con finalità di riqualificazione edilizia. Questa innovazione non riguardava tuttavia gli edifici siti nei centri storici o in aree ad inedificabilità assoluta. Nel 2013, il legislatore (articolo 3, comma 1 d Tu 380) ha qualificato “ristrutturazione edilizia” le demolizioni e ricostruzioni con la stessa volumetria preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Per gli immobili vincolati dalle norme del Codice dei beni culturali (Dlgs 42/04) la ristrutturazione edilizia doveva rispettare la sagoma dell’edificio preesistente. Fino al 2019 il legislatore ha quindi progressivamente allargato l’ambito degli interventi di ristrutturazione, consentendo di discostarsi dalla volumetria in caso di ricostruzioni volte alla riqualificazione edilizia e imponendo il rispetto della sagoma solo per immobili vincolati (e nei centri storici).

Con il decreto “sblocca cantieri (32/19, articolo 5, comma 1, lettera b) si è tornati indietro, imponendo che la ristrutturazione ricostruttiva, rispettasse sia il limite volumetrico, sia l’identità dell'area di sedime: si è infatti previsto che «in ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo».

Con la sentenza del 2020, la Corte costituzionale impedisce che le Regioni possono autorizzare modifiche alla sagoma dell’edificio: il Tu edilizia ha infatti sempre richiesto, per gli interventi di demolizione e ricostruzione, il rispetto della sagoma dell’edificio preesistente (articolo 3, comma 1, lettera d).

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