Urbanistica

Palazzo Spada difende la perequazione «ibrida» dei comuni lombardi

Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello di Salini Impregilo contro il Pgt del comune di Gallarate : procedura corretta

di Massimo Frontera

La perequazione urbanistica "ibrida" attuata dal Pgt del comune di Gallarate - e, più in generale, la flessibilità concessa ai comuni della Lombardia dalla legge urbanistica regionale ( n.12/2005 ) circa la possibilità di utilizzare perequazione e compensazione su ambiti non omogenei - esce indenne e anzi rafforzata dalla sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato ( n.8917/2019 ), pubblicata il 31 dicembre scorso. Il Pgt del comune di Gallarate - approvato il 15 marzo 2011 - era stato impugnato dall'impresa Impregilo (oggi Salini Impregilo), proprietaria di vasti compendi immobiliari presenti in alcune aree che venivano pianificate dall'ente locale conformemente alla realizzazione del Piano territoriale d'area di Malpensa. Dopo che il Tar Lombardia (con la sentenza n.1543/2014 ) aveva respinto il ricorso dell'impresa contro l'ente locale lombardo, anche il Consiglio di Stato - con la recente pronuncia - ha respinto l'appello, confermando il buon operato dell'amministrazione nell'interpretare la flessibilità concessa dalla legge urbanistica regionale (n.12/2005) nel combinare la perequazione urbanistica - sia di singolo ambito che di livello comunale ("esteso") - con l'istituto della compensazione.

Il fatto
La questione, come si diceva, prende le mosse dall'approvazione del Pgt di Gallarate che attua una pianificazione funzionale alla realizzazione del vasto piano dedicato al polo di Malpensa. In conseguenza della nuova pianificazione, una porzione di territorio di proprietà di Impregilo è stato incluso in un ambito definito "Ra.1" (Riqualificazione ambientale) e in quanto tale escluso dalla possibilità di essere soggetto a trasformazione immobiliare. Un'altra cospicua proprietà immobiliare di Impregilo è invece finita in un ambito di trasformazione (AT15). Sull'ambito "Ra1", il comune ha fissato un indice di 0,19 mq su mq. Il comune ha poi indicato che questo indice di edificabilità virtuale, sia collocato «preferibilmente sull'ambito di trasformazione AT15», cioè quello di proprietà di Impregilo. Su quest'ultimo ambito, il comune ha fissato un indice territoriale proprio di 0,21 mq su mq stabilendo poi che l'edificazione sia subordinata al raggiungimento di un indice minimo di 0,42 mq su mq. Sempre sull'ambito di trasformazione AT15, il comune ha richiesto la presentazione di un planivolumetrico unitario, con comparti di dimensione minima di 30mila mq, che presuppone l'accordo di diversi proprietari.

Il combinato disposto di queste disposizioni - che obbliga i proprietari immobiliari dell'ambito di trasformazione ad acquisire ulteriori volumetrie di "atterraggio" e a coordinarsi tra loro per definire il planivolumetrico - state valutate dal ricorrente (e appellante) eccessivamente penalizzanti. Quanto ai motivi del ricorso, Impregilo sostiene che il comune «avrebbe implementato un meccanismo perequativo ibrido che presenta sia i caratteri della perequazione di comparto, di cui al primo comma del citato art. 11 (della legge regionale n.12/2005, ndr), che quelli della perequazione estesa, di cui al secondo comma della stessa norma. Tale configurazione sarebbe però illegittima in quanto la legge regionale non consentirebbe la creazione di sistemi ibridi». Il ricorrente ha poi contestato «che il modello, oltre che contrastante con la legge, sarebbe altresì illogico laddove prevede che la volumetria necessaria per il raggiungimento del limite minimo fondiario debba essere recuperato preferibilmente nell'ambito di trasformazione RA 1», spiegando che «tale disposizione, che attribuisce al Comune il potere decidere se sia ammissibile o meno l'acquisto di volumetria da altri ambiti diversi dall'ambito RA 1, riserverebbe all'Ente un potere totalmente libero e, quindi, assolutamente incerto negli esiti».

Il modello "ibrido" attuato dal comune di Gallarate
Come ricordano i giudici del Tar Lombardia, l'aspetto "ibrido" della pianificazione del comune di Gallarate non risiede tanto nel fatto di "mixare" la modalità perequativa riferita al singolo comparto (comma 1 della legge regionale) con quella perequativa riferita all'intero territorio comunale (comma 2). L'ibridazione - contestata dall'impresa - sta invece nel fatto di aver «introdotto un modello misto perequativo circoscritto/compensativo che si caratterizza per i seguenti elementi: a tutte le aree di trasformazione è assegnato un indice di edificabilità "proprio" o "di base" valutato in relazione al contesto urbano in cui si collocano, un indice di edificabilità "minimo" al di sotto del quale non è ammessa edificazione, ed un indice di edificabilità massimo». «Per garantire la partecipazione di tutti i proprietari al mercato edilizio (sia dei proprietari delle aree "di atterraggio" che di quelle "di decollo") la differenza tra l'indice di edificabilità di base e l'indice di edificabilità "minimo" rende necessaria l'acquisizione dei diritti volumetrici assegnati alle aree dette "di decollo"». «Le aree "di decollo" sono costituite preferibilmente dalle aree di riqualificazione ambientale (R.A.) cui è ascrivibile il compendio di proprietà delle ricorrenti». Inoltre, le aree "Ra", come ricordato, «sono aree non soggette a trasformazione e, quindi, sottratte a qualunque forma di utilizzazione che comporti uno scostamento urbanisticamente significativo rispetto allo stato di fatto preesistente».

La valutazione del Tar e del Consiglio di Stato
Perfettamente allineate le valutazioni a favore del comune di Gallarate sia dei giudici del Tar Lombardia, sia del Consiglio di Stato. Le «coordinate motivazionali» del Tar, affermano i giudici di Palazzo Spada «sono sostanzialmente condivisibili: la legislazione regionale, infatti, non delinea istituti perequativi chiusi e compiuti, rigidamente definiti entro un quadro contenutistico insuscettibile di modulazioni». Anche se «il modello seguito dall'amministrazione resistente non è perfettamente aderente a quello tracciato dalla normativa regionale» (come riconoscono i giudici del Tar) il Comune attua obiettivi di equità che sono alla base dei principi contenuti nella legge regionale della Lombardia, e che la stessa legge consente di adattare prevedendo appositamente modalità applicative non rigide. «La relazione di perfetta biunivocità - si legge nella pronuncia del Consiglio di Stato - sussistente fra i diritti edificatori virtuali riconosciuti alle aree non edificabili (in quanto destinate a riqualificazione ambientale od a servizi), da un lato, e il gap di proiezione edificatoria specularmente stabilito per i terreni inseriti negli ambiti di trasformazione, dall'altro, ha, quindi, una sua intrinseca e, per così dire, algebrica logicità». Pertanto, «il collegio non può non ribadire che all'ampia discrezionalità di cui il Comune dispone nel formulare le coordinate pianificatorie del proprio territorio corrisponde un sindacato giurisdizionale di carattere estrinseco e limitato al riscontro di palesi elementi di illogicità ed irrazionalità apprezzabili ictu oculi: a tale sindacato è, viceversa, estraneo l'apprezzamento della condivisibilità delle scelte, profilo già appartenente alla sfera del merito».

La pronuncia del Tar Lombardia (n.1543/2014)

La pronuncia del Consiglio di Stato (n.8917/2019)

La legge urbanistica della Lombardia (n.12/2005) (testo vigente)

La pronuncia del Consiglio di Stato

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