Urbanistica

Cessione dei diritti edificatori: la «natura di obbligazione» taglia l'imposta di registro

di Angelo Busani

Una svolta decisiva nel trattamento fiscale del contratto avente a oggetto la cessione dei diritti edificatori, vale a dire del diritto di realizzare la costruzione di un edificio in un dato fondo: è quanto potrebbe derivare dall’ordinanza della Cassazione n. 26016 del 15 ottobre 2019 (di rimessione alle Sezione Unite), nella quale, pur non essendo trattata questa materia, vi è, per la prima volta, una decisa presa di posizione della giurisprudenza di vertice rispetto al tema della natura giuridica dei diritti edificatori. Raggiunta una solida convinzione su questo tema, se ne possono dunque derivare, con notevole fondatezza, le relative conseguenze tributarie.

La Cassazione si schiera infatti con decisione nel senso della natura obbligatoria e non reale e da ciò consegue che all’atto traslativo dei diritti edificatori, posto in essere da un cedente che non sia un soggetto Iva, si deve applicare l’imposta di registro non con l’aliquota propria degli atti traslativi di beni immobili (il 9%) ma con l’aliquota propria degli atti con i quali si pattuisce la cessione dei crediti (0,5%) o, tutt’al più, dei beni diversi dagli immobili (il 3%).

A seguito della pronuncia della Cassazione si prospetta, pertanto, uno squarcio di luce nitida in una materia assai controversa, la quale affonda le sue radici nell’epoca in cui la cosiddetta cessione di cubatura era ipotizzabile solo mediante la costituzione di una servitù tra due fondi, necessariamente vicini se non confinanti: e cioè una servitù consistente nel limitare la volumetria realizzabile sul “fondo servente” (in base alla sua superficie e all’indice volumetrico previsto dal piano regolatore comunale) affinchè la cubatura non realizzata su detto fondo fosse realizzabile sul “fondo dominante”, unitamente alla cubatura di per sé già prevista sul fondo dominante.

Una radicale svolta si è però avuta, di recente, per due fattori concomitanti. Il primo è di ordine urbanistico: per ragioni vuoi di compensazione, vuoi di incentivazione, vuoi di perequazione, i Comuni hanno iniziato a prevedere, negli strumenti urbanistici, l’attribuzione di diritti edificatori ai proprietari di aree che si vengano a trovare in determinate situazioni, come, ad esempio, al proprietario di un fondo vincolato a verde pubblico al quale il Comune offre in cambio il diritto di realizzare una data volumetria su un altro fondo (non necessariamente ancora individuato al momento dell’attribuzione della cubatura).

Ebbene, i diritti edificatori sono bensì, in origine, riferiti a un dato fondo ma sono concepiti in urbanistica per poter essere “distaccati” dal fondo da cui promanano senza dover essere immediatamente impressi su altro fondo: in sostanza, dopo esser “decollati” dal fondo di provenienza, possono rimanere “in volo”, e cioè nella titolarità del soggetto che li ha acquisiti, fino a che questi non decida di sfruttarli sul fondo di “atterraggio”; oppure, dopo il decollo, possono essere oggetto di cessione per un infinito numero di volte, fino a che il soggetto titolare decida di sfruttarli, su un fondo di atterraggio.

Il secondo fattore è che con l’articolo 5, del Dl 70/2011, è stato introdotto nel Codice civile l’articolo 2643 n. 2-bis secondo il quale la cessione del diritto edificatorio può essere trascritta nei registri immobiliari (così come la cessione di un bene immobile). Questa novità ha dato una spinta decisiva alla commerciabilità dei diritti volumetrici senza dover usare lo schema della servitù. Infatti, l’utilizzo della servitù, per sua stessa natura, costringe all’atterraggio immediato del diritto di cubatura nell’istante stesso del suo decollo; invece, se si ipotizza che il diritto edificatorio possa esser ceduto senza la servitù, se ne deriva che il diritto edificatorio può decollare senza atterrare subito e può essere trasferito dal proprietario del fondo di decollo ad altro soggetto il quale, a sua volta, può divenirne titolare senza dover procedere all’immediato atterraggio del diritto (quindi anche un soggetto non proprietario di un fondo di possibile atterraggio).

Se, dunque, la Cassazione evidenzia una decisa propensione a considerare il diritto di edificare come una situazione giuridica non qualificabile in termini di diritto reale immobiliare, è inevitabile derivarne che il contratto di cessione deve essere fiscalmente considerato come se avesse a oggetto un bene diverso dai beni immobili.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©