Il CommentoUrbanistica

Dietro il caso Berdini la prima prova del sì sullo stadio della Roma

di Lina Palmerini

Dietro la bufera su Berdini, i suoi giudizi di fuoco sulla Raggi e le dimissioni date ma respinte con riserva, c’è la prima “prova del sì” per il sindaco: lo stadio della Roma. Dire no alle Olimpiadi è un conto ma dirlo a Totti è un altro. Un sì obbligato, su cui si fonda un pezzo decisivo di consenso, che incrocia pure il caso dell’assessore

Raccontano che le frizioni tra ambienti del sindaco e Paolo Berdini fossero cominciate già da alcuni mesi. Da quando, appunto, si è cominciato ad affrontare il tema dello stadio della Roma. Da una parte c’erano le resistenze di una parte del mondo grillino e della giunta, i dubbi, la diffidenza verso una grande opera privata, dall’altro invece l’assessore premeva per un sì purché fosse vincolato ad alcune condizioni sull’estensione del progetto e la sua collocazione urbanistica. Da quei mesi a oggi molte cose sono accadute. E non solo sulla questione dello stadio. Dimissioni di assessori, due avvisi di garanzia alla Raggi, l’arresto di Marra, le polizze di Romeo venute alla luce pochi giorni fa e l’avviso anche per lui. Ecco, di tutto questo avrebbe parlato Berdini con un giornalista de La Stampa dicendo parole di fuoco sull’incompetenza della squadra e del sindaco e insinuando il sospetto di una relazione tra la Raggi e Romeo. Una versione che è stata definita una “trappola” dal diretto interessato che ha – in parte – ricucito il rapporto con la giunta presentando dimissioni che sono state respinte “con riserva”.

Questo è quello che è accaduto fino a ieri e che non è proprio un ottimo preludio per affrontare la gestione di un’opera come è quella dello stadio della Roma. Perché l’assessore finora ha avuto le deleghe e dunque la sua resta una figura-chiave e perché misurarsi con una prova che coinvolge molto da vicino i romani richiede meno errori di prima e una forte sintonia sulle condizioni che la giunta dovrà porre alla società di calcio. Tutto questo avverrà sotto riflettori potenti, forse più potenti di quanto non lo siano quelli che puntano ai trasporti o ai rifiuti visto che una grande fetta del consenso romano si muove intorno alla squadra e intorno al suo leader Totti.

Non è ancora chiaro come e chi gestirà il dossier dello stadio, se arriverà fino alla Casaleggio e i suoi consulenti. Di certo, questa si presenta come una prova doppiamente complicata per il sindaco. È la prima volta che un esponente del Movimento di Grillo si trova a gestire – sotto il profilo amministrativo e di vigilanza – una grande infrastruttura e dovrà farlo in una condizione di estrema debolezza, senza poter più contare su quello che si era scelto come suo staff - che alcuni chiamano clan - ormai azzerato dalle inchieste giudiziarie.

La formula “innovativa” usata ieri dalla Raggi di respingere le dimissioni con riserva nasce dalla difficoltà di liquidare Berdini mentre stringono i tempi per decidere una vicenda così cruciale come lo stadio. Soporattutto dopo averlo scelto proprio per il suo profilo professionale “coerente” con le idee del Movimento su lavori pubblici, sviluppo urbanistico, periferie. Sarebbe un’altra perdita nel momento meno opportuno.