Urbanistica

Immobiliare/1. Gli edifici green si rivendono a un prezzo superiore del 30%

di Adriano Lovera

Un potenziale di investimenti pari a 24,7 trilioni di dollari, da qui al 2030, gli edifici "green" sono uno dei principali driver di crescita per i Paesi in via di sviluppo. Che, oltre a far correre l'economia, produce benefici all'ambiente. Lo ha calcolato l'agenzia della Banca mondiale Ifc (International finance corporation) nel suo ultimo report "Green buildings", con un'elaborazione basata su trend demografici, di urbanizzazione e costruttivi. Nel dettaglio, si tratta di circa 15 trilioni in ambito residenziale e 9 dal commerciale, mentre dal punto di vista geografico spiccano alcune macro aree, come gli 8 trilioni potenziali di nuove abitazioni nell'est Asia (che comprende la Cina), i 3,5 trilioni dell'America Latina, composti in massima parte di singole abitazioni, 1,47 trilioni di residenziale nel Sud est asiatico, ma anche stime superiori al trilione per nuove scuole e hotellerie, sempre in Cina-Est Asia. Interventi che potrebbero generare 9 milioni di posti di lavoro qualificati.Prospettive enormi, insomma, a patto però che il mercato, di concerto con le istituzioni, colgano l'occasione. «Ci sono evidenze sempre più solide sul fatto che le costruzioni eco-sostenibili portino con sé maggior valore e basso-rischio» secondo Alzbeta Klein, direttore del settore Climate Business di Ifc.

Ma qual è la definizione di "green" data dall' Ifc? Edifici certificati con almeno uno standard nazionale o internazionale, come ad esempio Bca Green Mark, Breeam, Leed o Edge (quest'ultimo di proprietà della stessa Ifc). Edifici con una performance energetica superiore di almeno il 20% rispetto a building-tipo equivalenti e che permettano una reportistica periodica relativa all'impatto generato a livello di emissioni, consumo di energia e di acqua.Secondo l'elaborazione dell'istituto, puntare su questo segmento crea vantaggi consistenti. Gli edifici certificati si rivendono a un prezzo superiore anche del 31% rispetto a prodotti simili ma di vecchia concezione, riducono in media del 37% i costi legati al consumo di energia e acqua e garantiscono un occupancy rate del 23% superiore. Eppure i volumi si scala globale mostrano che siamo ancora indietro. Nel 2017, su circa 5 trilioni di dollari spesi per nuove costruzioni o ristrutturazioni, le operazioni "verdi" erano state appena pari a 423 miliardi, un numero di diversi decimali inferiori all' 1%.I freni risiedono a tutti i livelli: costruttori, investitori e banche. Secondo Ifc, esiste una percezione errata dei costi, quasi sempre sovrastimati, mentre invece il costo reale di una costruzione sostenibile viaggia in una forchetta compresa tra la parità e appena un 12% in più rispetto a progetti convenzionali.

L'esborso maggiore si assorbe lungo la vita dell'edificio in virtù dei risparmi energetici, ma qui si inserisce un altro problema che riguarda l'orizzonte temporale, dal momento che gli investitori di grandi portafogli immobiliari generalmente li trattengono per 10-15 anni, mentre i risparmi si apprezzano lungo tutta la vita dell'edificio, che è almeno di 70-100 anni. Nonostante questo, non mancano le case history positive, dovute sia all'impulso di soggetti privati sia a iniziative governative.In Olanda, Abn Amro ha lanciato un tool on line che in breve tempo aiuta i clienti impegnati nel real estate commerciale a calcolare ammontare e tempi di ammortamento di ogni investimento rivolto a contenere le emissioni, dall'isolamento all'installazione di pannelli solari. E un'iniziativa simile è stata presa da Ing, che grazie alla sua app ha già vagliato interventi su 18mila edifici. Poi c'è l'impegno sui "green bond" da parte di moltissimi istituti, da Barclays a Bancolombia in Sudamerica (benché sia difficile, come emerso da un report della società Insight pubblicato a luglio sul Sole 24 Ore, determinare concretamente quanto dei green e impact bond vadano concretamente a finanziare i progetti per cui sono destinati). E in tutto il mondo, Europa compresa, il mondo bancario sta riconoscendo l'utilità di dare vita a un mercato strutturato di mutui residenziali verdi, anche se la varietà di sigle e iniziative imporrebbe uno sforzo di sintesi per arrivare a standard comuni facilmente riconoscibili ed esportabili.

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