Il CommentoUrbanistica

Il taglio delle tasse sulla casa al centro di una manovra triennale da 45 miliardi: a Renzi e Padoan il compito di convincere Bruxelles

di Dino Pesole

Si può trattare sul taglio delle tasse, che al di là dei toni nuovamente accesi della polemica tra Matteo Renzi e gli “euroburocrati” è da giorni materia di trattativa con Bruxelles, al pari della flessibilità aggiuntiva per oltre 10 miliardi chiesta dal Governo. Ma per spuntare l’intero pacchetto, occorre abilità negoziale, e assoluta certezza sulle coperture.

Nelle raccomandazioni approvate lo scorso 13 maggio, la Commissione europea aveva giudicato «significativi» i passi in avanti compiuti dall’Italia nell’ultimo anno per alleggerire l’onere fiscale sul lavoro, «che resta però alto». L’invito, reiterato più volte, a spostare gradualmente il carico fiscale «dalle persone alle cose», immobili, consumi e proprietà in primis, è stato respinto al mittente da Matteo Renzi lo scorso 3 settembre: la Tasi sull’abitazione principale, con il versamento della seconda rata 2015, celebrerà il suo funerale il 16 dicembre. E ieri da New York, in risposta alla diffusione dell’analogo invito contenuto nel Rapporto Ue sulla fiscalità, ha alzato il tiro: «Quali tasse ridurre lo decidiamo noi non gli euroburocrati». Per la verità, sull’impianto della manovra si sono registrate nei giorni scorsi le caute aperture del commissario agli Affari economici Pierre Moscovici, ma anche del vice presidente della Commissione, Valdis Dombrovskis nel corso dei colloqui con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. La linea ufficiale è che il giudizio verrà espresso a fine ottobre quando si potrà disporre del testo della legge di stabilità. In realtà, nei colloqui informali si è registrato più di un passo in avanti. Se così non fosse, sarebbe da considerare quanto meno avventurosa la scelta del Governo di inserire di fatto nella manovra 17 miliardi sotto forma di flessibilità Ue. Si tratta di sfruttare al massimo l’approccio più politico e pragmatico che la Commissione Juncker ha cominciato ad adottare dall’inizio del suo mandato. La sensazione è che non verranno erette barricate, pur di fronte a richieste del governo italiano che paiono fuori linea rispetto al tracciato concordato in primavera.

Nel 2016 – stando a quanto prevede la Nota di aggiornamento del Def – non vi sarà riduzione del deficit strutturale (quest’anno è stata dello 0,25%), mentre le raccomandazioni di maggio rinnovavano l’impegno a ridurlo dello 0,1 per cento. E il pareggio di bilancio slitta al 2018.

Le affermazioni tranchant di Renzi alzano il tono del confronto a pochi giorni dalla presentazione di una legge di stabilità da 27 miliardi, cui mancano diversi addendi. Resta ancora da definire il quadro delle coperture per ora affidato in buona parte all’incremento del deficit (appunto via flessibilità Ue) dall’1,8 al 2,4 per cento, se si comprendono anche i 3,3 miliardi previsti per far fronte all’emergenza migranti. Mancano all’appello 10 miliardi, la metà dei quali dovrà servire a finanziare il taglio delle tasse sulla prima casa. Spetta proprio a Renzi e Padoan convincere la Commissione Ue che il taglio delle tasse sulla casa va inserito in una manovra triennale da circa 45 miliardi, che dal 2017 vedrà un intervento sull’Ires e nel 2018 sull’Irpef. Operazione triennale che segue la “manovra sugli 80 euro”, vale a dire il bonus concesso ai redditi fino a 26mila euro annui, che con la legge di stabilità del 2015 è stato reso strutturale, e l’abolizione della componente lavoro dal calcolo della base imponibile dell’Irap. Operazione da finanziare con contestuali tagli alla spesa corrente.