Imprese

Coronavirus/5. Imprese dell'autotrasporto a rischio crac

La mancanza di liquidità e l’esplosione dei costi di trasporto, causate dalle misure di contenimento del Covid-19, fanno lavorare in perdita

di Marco Morino

La mancanza di liquidità e l’esplosione dei costi di trasporto, causate dalle misure di contenimento del Covid-19, fanno lavorare in perdita le imprese dell’autotrasporto merci e logistica, spingendole verso la drammatica scelta di chiudere le proprie attività. Questo il grido d’allarme lanciato dalla base associativa di Anita, l’associazione delle imprese dell’autotrasporto merci e della logistica aderenti a Confindustria.

In questi giorni il Paese sta avendo forse per la prima volta la consapevolezza del ruolo essenziale che logistica e trasporto svolgono per il funzionamento e la tenuta del sistema Italia. Se è paradossale che ciò avvenga solo a causa di un’emergenza così drammatica, tuttavia scaturisce una constatazione inoppugnabile: senza logistica e senza autotrasporto il sistema Paese, la sua economia, i suoi rifornimenti, la distribuzione anche dei beni essenziali, collassano. E per queste imprese va somministrata immediatamente una terapia d’urto finanziaria. Secondo gli associati di Anita, le misure contenute nel decreto Cura Italia non sono sufficienti. «Per mantenere in vita il settore abbiamo bisogno di interventi più massicci. Ci vuole una terapia d’urto che dia liquidità alle aziende, permettendogli per i prossimi anni di risparmiare sui costi al fine di bilanciare le ingenti perdite accumulate in questi mesi» fa presente Thomas Baumgartner, presidente di Anita. A rischio, secondo l’Anita, ci sarebbero anche le forniture sanitarie e alimentari perché le imprese del settore non possono sopravvivere con i soli trasporti di prima necessità.

Tra le richieste delle aziende, anche il temporaneo esonero dalle accise sul gasolio. La filiera logistica impiega 1,5 milioni di addetti e in tempi normali produce il 9% del Pil italiano. La chiusura di tante aziende, oltre ad avere effetti catastrofici sull’occupazione, metterebbe a repentaglio l’approvvigionamento dei beni di prima necessità e comprometterebbe la ripresa economica una volta finita la fase emergenziale.

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