Progettazione

Prevenzione incendi/2. «Correzioni necessarie, ma sul nuovo ruolo dei progettisti si poteva fare di più»

di Mariagrazia Barletta

Le corpose modifiche al «Codice di prevenzione incendi» (Dm 3 agosto 2015), approvate in sede di Comitato centrale tecnico scientifico per la prevenzione incendi (Ccts) del Corpo nazionale di Vigili del Fuoco, e notificate a Bruxelles lo scorso 10 luglio, erano necessarie «per correggere piccoli errori ed alcune incoerenze emerse dopo tre anni di applicazione». A spiegare alcune tra le principali innovazioni presto in vigore è Marco Di Felice, rappresentante degli ingegneri alle sedute del Ccts, membro del gruppo di lavoro «Sicurezza» del Cni, guidato da Gaetano Fede, e tra gli autori delle pubblicazioni dell'Inail dedicate al Dm 3 agosto 2015.

Le modifiche al Codice rafforzano parzialmente il ruolo del professionista antincendio iscritto nell'elenco degli esperti in materia di prevenzione e protezione dagli incendi, tenuto e gestito dal Viminale. Ma, su questo fronte, commenta l'ingegnere, «si poteva fare di più». «Finora – continua – solo pochi (sia professionisti antincendio che funzionari Vvf) hanno apprezzato la portata innovativa del Codice».

Ingegnere, quali sono, a suo avviso, gli effetti più importanti della riscrittura della Rto?
Era necessario per correggere piccoli errori ed alcune incoerenze emerse dopo tre anni di applicazione del Codice. Era inevitabile che un testo così corposo ed articolato necessitasse di una revisione, che rientra comunque nello spirito del testo unico, soggetto a continuo aggiornamento ed allineamento alla normativa internazionale ed alle nuove tecnologie emergenti.

Mi sembra che il testo guadagni molto in termini di chiarezza. È d'accordo?
Confermo. È migliorata anche la leggibilità del testo del Codice, che si conferma uno strumento progettuale innovativo rispetto ai vecchi criteri prescrittivi; anche i professionisti antincendio più esperti hanno dovuto rimettersi a "studiare" per entrare nell'ottica dell'approccio prestazionale.

Vengono introdotti termini nuovi e rafforzati alcuni concetti, come quello di ambito a cui spesso il testo emendato fa riferimento per determinare soluzioni relative alle diverse misure che compongono la strategia antincendio. Perché l'esigenza di riferirsi all'ambito piuttosto che al compartimento e quali le conseguenze dal punto di vista progettuale?
Il concetto di ambito è necessariamente "labile" in quanto l'ambito può riferirsi sia a tutta l'attività, sia a porzioni di essa o anche a singoli compartimenti. Quindi l'ambito non va definito a partire da un'estensione territoriale, ma riguarda la porzione di attività entro la quale si estende il medesimo profilo di rischio o rimane costante la classificazione di una determinata misura. Quando il medesimo livello di prestazione di una misura si estende oltre il singolo compartimento, ad altri compartimenti o ad aree all'aperto, si parla di ambito.

C'è altro?
Molto interessante è anche l'introduzione della nuova definizione di sistema o impianto a disponibilità superiore che consentirà di considerare una misura «sempre disponibile». Ad esempio, fino ad oggi non era possibile tener conto del contributo della protezione attiva nella valutazione analitica della resistenza al fuoco delle strutture, perché (a vantaggio di sicurezza) si ipotizzava che l'impianto sprinkler potesse fallire. Ora invece, realizzando un impianto di estinzione automatica ad elevata affidabilità, con un programma manutentivo in grado di gestire gli «stati degradati» sarà possibile applicare il taglio della curva di potenza termica nello scenario d'incendio reale.

Tra i nuovi termini, anche quelli di gestione della folla (crowd management) e sovraffollamento localizzato (crowd crush). Che valore hanno nella progettazione dell'esodo?
Per ora la gestione dell'esodo all'aperto non può essere trattata con i criteri della Rto, ma è in lavorazione una specifica Rtv che tratterà appunto della gestione della folla; attendiamo quindi l'introduzione di nuovi parametri per la definizione della capacità di deflusso all'aperto.

Un'altra novità risiede nel poter prevedere Sistemi di ventilazione orizzontale forzata del fumo e del calore (Svof). Cosa sono e quando può essere utile impiegarli?
Diciamo che è un sistema che sarà utilizzato quasi esclusivamente nelle autorimesse di elevata altezza (superiore ai 4 m) generalmente presenti nei centri commerciali; si tratta di una misura di operatività e non di controllo dei fumi, utilizzabile in alternativa alle aperture di smaltimento, che sarà attivata dai soccorritori, dopo l'esaurimento della fase di esodo. Personalmente ritengo che non sarà una misura molto utilizzata.

Dalla revisione in corso la figura del professionista antincendio ne esce rafforzata. È stato fatto abbastanza in questa direzione o si poteva fare di più?
Certo che si poteva fare di più. Abbiamo sempre sostenuto che i professionisti antincendio sono disponibili all'assunzione di responsabilità, in ossequio al principio di sussidiarietà, ma solo in un quadro di regole certe e non opinabili discrezionalmente da parte dell'organo di controllo (Vvf) o della magistratura.

Quali sono state le modifiche (approvate o meno) proposte dagli Ingegneri?
Delle 77 osservazioni presentate dal Cni ne sono state accolte oltre la metà; si tratta di tanti piccoli correttivi, la cui necessità è emersa nel corso dell'uso del Codice; i numerosi contributi pervenuti dagli Ordini provinciali denotano un utilizzo molto attento e diffuso del Codice, seppur con marcate differenze territoriali. Tra le proposte non accolte, non è stata sufficientemente chiarita la definizione delle aperture di smaltimento di tipo SEe, per le quali il progettista dovrebbe dimostrare l'apertura nelle effettive condizioni d'incendio (condizioni termiche sufficienti a fondere efficacemente l'elemento di chiusura). Il Consiglio nazionale degli ingegneri aveva proposto una nuova modulazione del livello di prestazione II del capitolo S.8 (dedicato al controllo di fumi e calore nda), ma non abbiamo ottenuto il riscontro desiderato.

L'attribuzione dei livelli di prestazione diversi da quelli proposti dal testo e le soluzioni alternative restano vincolate alle attività con valutazione del progetto. Non è una restrizione che limita la portata innovativa del "Codice"?
Sì, è vero. La possibilità di adottare soluzioni alternative anche per le attività di categoria A è però oggetto delle procedure regolate dal Dpr 151 del 2011 e dal Dm 07 agosto 2012. In tal senso entrambi i decreti saranno oggetto di modifica ed è già stato istituito dalla direzione centrale dei Vigili del Fuoco un gruppo di lavoro a cui il Consiglio nazionale ingegneri ha chiesto di partecipare per offrire il proprio contributo.

Dal 20 ottobre 2019 il Dm 3 agosto diventerà obbligatorio per le cosiddette attività «soggette e non normate». È troppo definirla una svolta epocale?
Attribuirei l'aggettivo "epocale" alla pubblicazione del Codice, nel 2015, che ha realmente offerto una svolta nella progettazione antincendio. Purtroppo, solo pochi (sia professionisti antincendio che funzionari Vvf) hanno apprezzato la portata di questa novità. Serviva quindi un'azione risoluta per indurre tutti i soggetti della filiera ad utilizzare solo il Codice, abbandonando i vecchi criteri generali di prevenzione incendi, che di fatto non rappresentavano un metodo deterministico per la progettazione, ma solo un pacchetto di criteri di buona tecnica, che lasciavano un grande margine di discrezionalità in capo al funzionario Vvf.

È in fase di revisione anche la Rtv sulle autorimesse. Quali sono le modifiche più importanti finora prospettate?
Con la revisione della Rto è stato necessario metter mano anche alla Rtv autorimesse, per un allineamento con i nuovi parametri sulla gestione dell'esodo; la rampa di accesso all'autorimessa è stata definitivamente affrancata come via di esodo verticale, fino al 20% di pendenza. Si è inoltre colta l'occasione per migliorare alcune definizioni, per precisare i criteri di adozione del monta auto, per alleggerire gli obblighi di ricorso alla valutazione Atex. Il concetto di "quota dei piani" è riferito ai soli piani destinati ad autorimessa e non genericamente ai piani dell'edificio in cui è inserita l'autorimessa stessa. Accolta infine anche la proposta del Cni di una regola per l'incremento della lunghezza del raggio di offset in funzione dell'altezza dell'autorimessa.

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