Progettazione

A Losanna completato il nuovo Museo cantonale di Belle Arti firmato Barozzi Veiga

di Mariagrazia Barletta

Visto da fuori può sembrare una fabbrica; dentro conterrà capolavori dell'arte antica, moderna e contemporanea. Dopo quello d'Arte dei Grigioni a Coira , inaugurato a giugno 2016, lo studio italo-spagnolo Barozzi Veiga termina in Svizzera un altro museo. Anche questa volta nato da un concorso internazionale (vinto nel 2011). Si tratta della nuova sede del Museo cantonale di Belle Arti (Mcba) a Losanna, un edificio compatto che rievoca lo storico carattere industriale dell'area in cui sorge. Un primo tassello di una vasta operazione in corso a pochi passi dalla stazione della città elvetica, che darà forma ad un vibrante quartiere culturale. Come spesso accade in svizzera, le istituzioni museali riescono a contare su importanti contributi da parte dei privati. Non fa eccezione l'edificio losannese firmato dallo studio barcellonese fondato da Fabrizio Barozzi e Alberto Veiga: su un costo totale di 84 milioni di franchi, l'equivalente di circa 75 milioni di euro, 34 milioni (circa 30,5 milioni di euro) provengono da mecenati e partner privati. Più della metà del costo dell'opera è a carico del Cantone di Vaud, che l'ha finanziata per 45 milioni di franchi (40,3 milioni di euro); mentre dei restanti 5 milioni (4,5 milioni di euro) si è fatta carico la città di Losanna.
Sul sito, storicamente consacrato alla manutenzione dei treni, presto l'offerta culturale sarà rafforzata.

È previsto entro il 2021 il taglio del nastro di un altro edificio, firmato da Francisco e Manuel Aires Mateus, che albergherà il Musée de l'Elysée e il Mudac, due musei dedicati l'uno alla fotografia e l'altro al design e alle arti applicate contemporanee. Preservare lo spirito industriale del sito e dar vita ad un generoso spazio pubblico sono i due concetti chiave del progetto dello studio Barozzi Veiga, che convinse la giuria del concorso (aperto anche a giovani studi) bandito nel 2010 dallo Stato di Vaud. Dai 136 partecipanti si arrivò alla shortlist di 18 nomi, tra questi: Nieto Sobejano, Kengo Kuma, Eduardo Souto de Moura, Bernard Tschumi, Caruso St Johan, solo per citarne alcuni. Lo studio, nato solo nel 2004, ebbe dunque la meglio sui grandi nomi dell'architettura (vicepresidente di giuria era David Chipperfield). Il punto di partenza del progetto erano i capannoni, di inizio Novecento, delle Ferrovie federali svizzere. In un'area caratterizzata da un'importante densità edilizia, gli architetti hanno privilegiato l'idea di creare uno spazio pubblico di qualità, generando un ampio vuoto laddove c'era massa costruita. La lettura del luogo ha determinato la scelta di privilegiare la costruzione di un sistema di piazze, rispetto al quale la nuova architettura si adatta. Lo studio italo-spagnolo ha optato, coraggiosamente, per la demolizione delle «halles» ferroviarie, considerate inadatte ad ospitare spazi museali, oltre che un ostacolo alla creazione sia di una nuova urbanità che di uno spazio pubblico all'aperto che potesse sottrarre il sito dalla sua storica condizione di isolamento.

Dell'edificio novecentesco viene conservato un unico frammento: la testata della navata centrale, che fuoriesce dalla facciata del museo prospettante direttamente sui binari. Il frammento diventa il fondale della hall che si sviluppa per tutta l'altezza di tre piani dell'edificio. L'atmosfera dell'ingresso riporta al carattere industriale del sito. Attorno a questa memoria del passato viene organizzato lo spazio del museo. L'architettura prende la forma di un parallelepipedo, con un'impronta al suolo estremamente ridotta rispetto a quella della preesistenza. L'esterno è rivestito interamente di mattoni, rimandando ancora una volta allo spirito industriale del luogo. Dal lato dei binari la facciata è liscia, pressoché priva di aperture, che invece si concentrano, misuratamente, sul lato opposto affacciato sullo spazio pubblico. Qui il volume è scandito da "lame" di mattoni che creano un gioco di ombre. Sul tetto, 175 shed offrono una luce zenitale, diffusa e omogenea, alle sale del terzo livello. Oggi (5 aprile) si tiene la cerimonia ufficiale per la consegna delle chiavi alla Fondazione del Mcba, dando il via ad una due giorni di visite (gli spazi per ora sono vuoti). Subito dopo il museo verrà chiuso per allestire gli ambienti con 10mila opere ed aprire definitivamente al pubblico il 5 ottobre. Gli ambienti esporranno le ricche collezioni cantonali e un posto d'eccezione sarà riservato alle opere di Pierre Soulages, Anselm Kiefer, Giuseppe Penone, Anish Kapoor donate dalla gallerista Alice Pauli. In mostra permanente anche opere di Auguste Rodin, Paul Klee, Fonds Balthus, Giovanni Giacometti, Félix Vallotton, Luois Soutter. Il nuovo contenitore museale permetterà al Mcba di presentare permanentemente le ricche collezioni cantonali. Rispetto alla precedente sede nel Palais de Rumine, gli spazi espositivi sono infatti triplicati.

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