Progettazione

Techpark di Bolzano/1. Lucchin racconta il progetto: l'ex Alumix torna a essere un luogo produttivo

di Mariagrazia Barletta

Ritorna ad essere un luogo di produzione l'ex Alumix di Bolzano. A far rivivere l'area è un progetto che punta a far crescere la competitività delle imprese operanti in precisi settori di punta dell'economia altoatesina. Le imprese sono messe in connessione con centri di ricerca che possano aiutarne lo sviluppo, grazie al trasferimento di tecnologia e di know-how. Nessuna industria pesante nell'area che fu della Montecatini, nell'ex fabbrica ora si produce innovazione. Ha preso forma il nuovo polo tecnologico, battezzato Noi Techpark, a Bolzano. Il 20 ottobre c'è stata l'inaugurazione ufficiale, ma il nuovo distretto era già funzione da inizio mese. Ad affiancare le imprese (circa 60 quelle insediate), 6 eccellenti centri di ricerca e 20 laboratori di ricerca applicata, tutti ruotanti attorno a 4 aree di eccellenza: tecnologie alpine, efficienza energetica, tecnologie alimentari e Ict e automation.
Oltre 200mila i metri cubi su cui si è lavorato (tra nuovo ed esistente) per dar vita al progetto nato dalla collaborazione tra Claudio Lucchin & Architetti Associati e lo studio Chapman Taylor, vincitori nel 2008 di un concorso internazionale di progettazione in team con Andrea Cattacin e Mauro Dell'Orco. Il cantiere è partito a marzo 2015 e con esso l'ambizioso progetto innescato e sviluppato dalla provincia autonoma, che ha contato su un investimento pubblico di oltre 100 milioni di euro. La trasformazione è stata gestita, per conto dell'ente, da Business Location Alto Adige (Bls) che, insieme ad altre società della provincia autonoma, è poi confluita in Idm Südtirol – Alto Adige, attuale gestore del tecnopolo.

Il progetto, poi sviluppato da Claudio Lucchin (che ha anche diretto i lavori del nuovo complesso) con lo studio Chapman Taylor, ha portato sia alla realizzazione di un nuovo volume, un monolite nero che segna visivamente la presenza di una nuova funzione, che al restauro e rifunzionalizzazione dei due edifici che un tempo ospitavano i trasformatori di energia elettrica, due pregevoli esempi di architettura razionalista, sotto tutela dal 2004.
Il monolite nero, con la sua pelle in schiuma di alluminio, è un esempio per sostenibilità ed efficienza energetica. Ha ottenuto, primo in Europa, la certificazione Leed ND v4:Plan Gold, secondo un protocollo che arriva a valutare anche i benefici nel contesto, misurati in termini sia ecologici che di qualità della vita. L'intervento integra spazi aperti al pubblico, tra cui le aree congressuali, il teatro-arena e un'ampia area esterna attrezzata. Il nuovo edificio, destinato ai centri di ricerca, è solo la testata di un complesso che man mano sarà ampliato con nuovi moduli. Il primo ampliamento, sempre a carico della provincia, è in corso di costruzione ed ospiterà aziende, circa una ventina quelle già selezionate, e un laboratorio dell'Eurac Research, unico nel suo genere, capace di ricreare le condizioni climatiche più estreme per testare materiali e fare ricerca in campo medico. I successivi moduli è previsto siano a carico dei privati e si realizzeranno con l'avanzare delle richieste.

Nelle ex centrali degli anni Trenta , oggetto di restauro filologico, hanno sede le startup e i laboratori. «La cosa che sorprende – racconta Lucchin – è che dietro questi due edifici non c'è l'architetto di grido di allora, ma l'ufficio tecnico della Montecatini, che, dunque, aveva degli ottimi professionisti». «E sono anche edifici che stupiscono: contenevano solo trasformatori ma sono ricchi di finestre, di luce, hanno una qualità incredibile. Oggi per un progetto del genere faremmo un cubo di cemento armato», commenta Lucchin. La qualità degli spazi è la condizione che ha reso possibile una seconda vita. La «centrale due» ha necessitato di cure particolari, di un lavoro di rinforzo strutturale, mentre l'altra «era stata restaurata nel 2007 per ospitare Manifesta 7, che è una biennale d'arte europea», racconta l'architetto. Per non rovinare la leggibilità dell'intera e grande sala della «centrale uno», i progettisti hanno inserito delle travi in ferro e sospeso dei cubi in legno e vetro che all'interno ospitano gli uffici. «Il concetto - dice Lucchin - è anche questo: una volta erano sospesi dei trasformatori, ossia delle grandi macchine, e oggi sospendiamo degli uffici».

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