Progettazione

Sanità e infrastrutture/2. Cucinella: Gli ospedali monoblocco? Tiriamoli giù tutti

di Giorgio Santilli

Oggi si parla molto della necessità di interventi di sicurezza sismica e di efficienza energetica, ma questi ospedali andrebbero tirati giù tutti e rifatti nuovi. Sono stati realizzati con il modello del monoblocco che si è imposto in Italia negli anni 80, con forte concentrazione di servizi diagnostici e medici: più radiografie e visite faccio, più riduco i costi. Mentre oggi noi abbiamo bisogno di una rete di servizi progressivi sul territorio. Dobbiamo decongestionare il pronto soccorso, lasciare presidi agili nelle aree interne del Paese, la lettura diagnostica si può fare a distanza. Forse non siamo pronti, perché difendiamo in blocco il nostro diritto alla sanità per tutti, che altri Paesi non hanno, ed è giusto farlo, ma bisognerebbe chiedersi se una sanità più a rete, più articolata, con più assistenza, non sia un modo migliore per difenderla, e se questo non potrebbe ridurre i costi e l'asfissiante burocrazia dell'attuale sistema. L'immagine che mi viene è una cassettiera con tanti cassetti che sostituisca l'unico cassetto gigante di oggi».

Mario Cucinella, 57 anni, ha una fama mondiale per il lavoro sugli aspetti ambientali ed energetici degli edifici, decine di premi e riconoscimenti in tutto il mondo per i progetti svolti, dalla Cina a Londra, dalla Francia (dove ha cominciato) ai Paesi arabi. Lavoro che lo ha portato in vetta all'architettura italiana e che è stato consacrato dall'incarico di curatore del Padiglione italiano alla prossima Biennale di Venezia dove il tema sarà quello delle aree interne («cerchiamo di ricostruire borghi e verde in città mentre dovremmo salvarli e riscoprirli dove ci sono già naturalmente»). Non ama gli slogan forti, quanto i ragionamenti che si svolgono passo dopo passo. Anche quella espressione - «tirare giù tutti gli ospedali» - viene detta sottovoce, nello svolgersi del discorso, e più che un approccio radicale, evidenzia l'esigenza di una nuova pianificazione, di un cambio di rotta che affronti finalmente problemi lasciati da parte da anni.«Già nel lavoro Piano-Veronesi sull'ospedale umano, nel 2001 - dice Cucinella - c'era l'idea chiave della differenza tra il malato, che oggi è sempre più un corpo rappresentato in 3D, un'idea del malato tutta tecnologica che mi fa impazzire, e la persona malata, che ha bisogno di relazioni umane e di un parco verde, di una strada con i negozi, perché no?, di un buon ristorante dove mangiare bene con i suoi familiari, di infermieri su cui contare, perché l'esigenza di cercare la cura definitiva sta tramontando nell'era delle malattie croniche».

Tra questi due concetti, malato e persona malata, si apre uno spazio architettonico da riempire con alberi e piazze e uno spazio economico di servizi innovativi e di qualità alle persone. Come nel caso del «tiriamoli giù tutti», la nostra umanità cerca di fare breccia in una macchina burocratica spietata.Cucinella ha lavorato e sta lavorando a importanti progetti ospedalieri con il segno innovativo: il nuovo Polo chirurgico e delle urgenze del San Raffaele; la Città della salute della ricerca di Sesto San Giovanni (il masterplan era di Renzo Piano, Cucinella è il progettista della cordata che si è aggiudicata il project financing); la gara vinta per la Città della salute di Milano. «Qualche passo avanti rispetto al 2001 - racconta Cucinella - lo abbiamo fatto se vedo certe iniziative private molto avanti nella concezione e se, dopo dieci anni di dibattito, si fa finalmente la Città della salute di Sesto San Giovanni. È una delle esperienze più importanti d'Europa, ma è anche una piazza pubblica». È inevitabile proporre un confronto con la scuola. «Un dibattito e una riflessione seri sulla buona edilizia scolastica sono rinati con la Buona scuola. Sulla sanità siamo molto indietro, va messo in discussione quella macchina ad alta concentrazione che è l'ospedale monoblocco per passare a un nuovo modello condiviso di rete. Nella scuola abbiamo fatto un grande lavoro di ascolto con il Miur, i ragazzi, i genitori, gli insegnanti e abbiamo capito che gli studenti avevano una visione del passaggio digitale diversa da come la immaginavamo: chiedevano più solidarietà, più tempo a scuola, aprire l'Aula Magna, usare gli spazi enormi dei corridoi per le mostre.

Questo lavoro di ascolto e riflessione, questo lavoro di rifondazione delle relazioni, che abbiamo anche fatto per qualche progetto ospedaliero, quando lo cominciamo a fare anche per il modello di sanità che vogliamo?». Urge dibattito pubblico che rilanci l'ospedale umano per arrivare al cuore del problema: la sanità-cassettiera, la rete di servizi, la rifondazione delle relazioni fra persona malata, medici, "il corpo in 3D", infermieri ed assistenti, familiari. Il problema è di costi, ma anche di idee.

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