Progettazione

Progettazione, in Gazzetta i nuovi parametri per i compensi: ma per le Pa l'uso resta facoltativo

di Giuseppe Latour

Il nuovo decreto del ministero della Giustizia (Dm 17 giugno 2016), di concerto con le Infrastrutture, sui parametri di riferimento per le gare di progettazione approda in Gazzetta ufficiale (n. 174 del 27 luglio 2016). Si chiude così un'attesa piuttosto lunga: il decreto era, infatti, stato approvato dal Governo a giugno, con un'accelerazione improvvisa. Ma, soprattutto, si apre il percorso di attuazione del Codice appalti da parte dell'esecutivo: il Dm parametri è il primo provvedimento, tra quelli attribuiti ai ministeri dal Dlgs n. 50 del 2016, a vedere la luce. Il testo finale, comunque, conferma diverse cattive notizie per i professionisti: il suo utilizzo da parte delle stazioni appaltanti resterà facoltativo. E, addirittura, il ricorso alle sue tabelle dovrà essere adeguatamente motivato.

Il provvedimento prende le mosse dall'articolo 24 comma 8 del Codice. Qui, infatti, si prevede che un decreto della Giustizia, concertato con il Mit, dovrà approvare le tabelle dei corrispettivi «commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione dei servizi di architettura ed ingegneria». In termini pratici, si tratta della versione aggiornata e corretta del vecchio Dm parametri (Dm n. 143/2013), che fissava le regole nel quadro del Dlgs n. 163/2006. Il punto fondamentale del nuovo provvedimento, però, non sono le tabelle in allegato: i coefficienti, infatti, restano praticamente gli stessi già indicati dal precedente decreto ministeriale.

Il vero pezzo chiave del provvedimento è contenuto all'articolo 1. Qui si stabilisce che i corrispettivi regolati dal testo «possono essere utilizzati dalle stazioni appaltanti, ove motivatamente ritenuti adeguati, quale criterio o base di riferimento ai fini dell'individuazione dell'importo dell'affidamento». Resta, in sostanza, una semplice facoltà in capo alle stazioni appaltanti, seguendo una linea che va nella direzione indicata dal Governo in altre occasioni: anche il Codice appalti, infatti, parla di facoltà, sebbene alcuni vecchi orientamenti dell'Anac avessero sollecitato l'introduzione di un obbligo. Dando speranze ai professionisti, poi rimaste sistematicamente deluse. Con queste regole, di fatto, il ministero assume una posizione sfavorevole ad architetti, ingegneri e geometri, dal momento che le amministrazioni avranno mano libera nella determinazione dei loro compensi nelle gare pubbliche.

E non è il solo punto delicato. Il decreto, infatti, è destinato ad avere vita parecchio breve. Le sue tabelle tengono conto del vecchio assetto dei tre livelli di progettazione, che parte dal preliminare. Il ministero delle Infrastrutture ha, però, già quasi pronto un nuovo sistema, che manda in pensione il preliminare a beneficio del progetto di fattibilità. La caratteristica di questo nuovo progetto, in estrema sintesi, è una complessità maggiore rispetto al vecchio primo livello: vuol dire che andrà pagato di più. E che, quindi, il Dm parametri appena nato finirà nel cestino con l'approvazione (prossima) dei nuovi livelli di progettazione. Il paradosso viene certificato dall'articolo 1 del nuovo decreto ministeriale. Qui si dice che «le tabelle dei corrispettivi approvate con il presente decreto sono aggiornate entro tre mesi dall'entrata in vigore» del Dm «con cui sono definiti i contenuti della progettazione di cui all'articolo 23, comma 3, del Dlgs n. 50 del 2016».

La combinazione di queste due questioni lascia molti dubbi ai professionisti. Spiega Armando Zambrano, presidente del Cni: «Purtroppo per noi non rappresenta una novità. Ne avevamo già avuto notizia, infatti, durante il nostro Congresso tenutosi a Palermo ed avevamo espresso le nostre forti perplessità. Senza l'obbligatorietà della determinazione dei corrispettivi a nostro giudizio si va fuori dell'ambito assegnato dalla legge delega, che mette al centro della realizzazione dell'opera pubblica la progettazione. Non si può affermare di considerare centrale il progetto e poi pensare di realizzare le opere con un costo dei servizi tecnici molto basso». Aggiunge il tesoriere del Cni, Michele Lapenna: «È evidente che si tratta di un errore nella redazione del Codice, a cui si aggiunge un ulteriore errore nella pubblicazione di questo decreto. Consideriamo immotivato indicare la possibilità dell'utilizzo dei parametri contenuti nel decreto, quando invece le recenti linee guida dell'Anac ne sanciscono l'obbligatorietà. A mio avviso, il problema va risolto attraverso la modifica del comma 8 dell'articolo 24 del Codice per cui il Cni e la Rete delle professioni tecniche si stanno battendo fortemente».

Il presidente degli architetti, Giuseppe Cappochin parla invece di «un grave e inspiegabile passo indietro in tema di trasparenza rispetto al Dm 143». Anzitutto, «il decreto avrebbe dovuto seguire e non anticipare quello del ministero delle Infrastrutture sui livelli della progettazione, al fine di adeguare i corrispettivi alla nuova articolazione delle fasi della progettazione, prescritte dal nuovo codice». Soprattutto, però, la possibilità di usare altre strade per determinare i compensi «alimenterà la più ampia discrezionalità per le stesse stazioni appaltanti, che potranno tornare a sottostimare regolarmente gli importi da porre a base di gara, mortificando la qualità delle prestazioni professionali e, soprattutto, i più elementari principi di trasparenza». Va ricordato, infatti, che «le procedure di affidamento dei servizi di architettura e ingegneria variano con il variare dell'importo a base di gara, per cui una stazione appaltante, sottostimando l'importo a base di gara, potrà ricorrere liberamente ad un incarico fiduciario in luogo di una procedura negoziata o, ancora peggio, in luogo di una procedura aperta».

Il nuovo decreto parametri, Dm Giustizia 17 giugno 2016

L'allegato al nuovo decreto parametri

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©