Progettazione

Edifici a energia quasi zero/2. Dall'O (Polimi): il punto debole è nella realizzazione in cantiere

di Mila Fiordalisi

È passato quasi un anno da quando, con il Dm Requisiti Minimi (sulla «Gazzetta» del 15 luglio 2015), l’Italia ha recepito ufficialmente la Direttiva europea Edifici a Energia quasi zero (Nzeb) fissando nuovi metodi di calcolo e requisiti in materia di prestazioni energetiche per gli edifici di nuova costruzione e per le ristrutturazioni. La norma fissa dal 31 dicembre 2018 l’obbligo di costruzione secondo lo "standard" Nzeb per tutti gli edifici pubblici. Obbligo che dal 31 dicembre 2020 sarà esteso agli edifici privati. E ci sono due regioni che non solo si sono già adeguate alle norme, ma hanno deciso addirittura di anticipare la deadline nazionale: in pole position la Lombardia che già dal primo gennaio di quest’anno ha imposto l’adozione dei parametri Nzeb sia per gli edifici pubblici sia per quelli privati.

La seconda regione ad anticipare la direttiva Ue è l’Emilia Romagna, dove tutti i nuovi edifici pubblici saranno Nzeb dal 2017 e quelli privati dal 2019. Dall’uso di pareti opache e molto isolanti ai vetri performanti, dai tetti fotovoltaici alla ventilazione meccanica fino alle pompe di calore: per ottenere un edificio a consumo quasi zero bisognerà integrare la progettazione passiva con l’uso di tecnologie rinnovabili e materiali altamente performanti.

Il “cantiere” Italia è già operativo anche perché - spiega a «Progetti e Concorsi» il professore Giuliano Dall’O del Politecnico d Milano, che fra l’altro quest’anno è stato presidente del comitato scientifico della mostra convegno Expocomfort (andata in scena a Milano dal 15 al 18 marzo scorso) - «per arrivare puntuali all’appuntamento è necessario adeguarsi fin da ora». Considerando infatti i tempi che intercorrono fra la progettazione dei nuovi edifici e la loro realizzazione, la deadline del 2018 (la prima) è di fatto alle porte. «I nuovi edifici di fatto devono essere già oggi progettati come Nzeb, altrimenti sul mercato andranno edifici già "vecchi" che in automatico perderanno valore», puntualizza il docente del dipartimento di Architettura, Ingegneria delle costruzioni e Ambiente costruito del Polimi.

Se è vero che i grandi progettisti, e non solo, si stanno già muovendo in direzione Nzeb e che sono già numerosi gli edifici costruiti sulla base delle nuove tecniche, è anche vero, evidenzia Dall’O, che restano da sanare alcune criticità. Per cominciare le nuove norme non hanno previsto una “correlazione” fra edifici Nzeb ed edifici classificati sulla base delle altre certificazioni energetiche.

Un “paradosso” che si fatto rischia di escludere dalla lista Nzeb edifici già ad altissima efficienza. «Per come è stata impostata la norma il confronto fra parametri non è possibile, anche perché quelli Nzeb sono più restrittivi. Paradossalmente ci sono edifici che ad oggi pur non vantando la massima classe energetica possono essere considerati Nzeb perché sono in linea con i parametri della nuova norma, mentre altri che hanno ottenuto i punteggi massimi che non possono essere classificati come Nzeb. Ciò sicuramente genera confusione e oggi i progettisti sono dunque chiamati a fare una verifica incrociata dei parametri per non rischiare di non ottenere il "bollino" Nzeb».

Ma non è questa la criticità più seria. Il vero nodo da sciogliere, possibilmente prima che entrino in vigore gli obblighi, è quello della «garanzia della certificazione» soprattutto in fase di cantiere.«Quando si parla di edifici ad alte prestazioni una delle principali difficoltà riguarda i ponti termici - spiega Dall’O -. È un problema non da poco e per trovare soluzioni adeguate sono richieste competenze adeguate, ossia un incremento delle professionalità rispetto a quelle che oggi si trovano sul mercato. Ovviamente si parte dalla progettazione, ma in questo caso l’Italia è messa bene. Il gap è nella fase di cantiere dove bisogna guidare le maestranze affinché le indicazioni di progetto vengano effettivamente rispettate e non si rischi che l’edificio, una volta realizzato, pur se progettato con parametri Nzeb nel corso del tempo perda colpi».

Secondo il docente del Politecnico la “chiave” sta nell’individuare più di un soggetto certificatore: «Non basta la certificazione finale, tipicamente quella energetica, ma serve una certificazione a 360 gradi, una sorta di "libretto" di qualità dell’edificio - suggerisce Dall’O - in cui vengano certificate tutte le fasi costruttive e non ci si limiti dunque ad ottenere l’attestato finale».  Anche perché se i conti non dovessero tornare - ossia se gli edifici andassero a consumare più di quanto certificato - lo spettro dei contenziosi sarebbe alle porte.

Last but not least la questione della consapevolezza, da parte dell’utente finale, ossia dei residenti degli immobili, ancora troppo carente se non addirittura inesistente. «Se i residenti non conoscono le caratteristiche dei loro appartamenti e non mettono in atto quelle azioni votate a ridurre i consumi e a manutenere la struttura in modo che tutti i parametri siano garantiti nel tempo, si rischia di compromettere le performance energetiche e in alcuni casi persino di peggiorarle», spiega il docente.

Campagne di comunicazione mirate e iniziative che puntino a informare i cittadini sono dunque considerate indispensabili ai fini del conseguimento degli obiettivi. «Non bastano le norme e il rispetto dei parametri, tutti gli attori della filiera, inquilini compresi, vanno coinvolti nella partita. Altrimenti - conclude Dall’O - gli edifici Nzeb saranno solo un’illusione».

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