Progettazione

L'autogrill sulla A8 a misura di tutti che ha fatto da apripista

di M.Ba.

L'iniziativa Archidiversity nasce dall'idea di diffondere i principi del design for all ed in particolare l'esperienza positiva legata al progetto dell'Autogrill Villoresi Est, realizzato sull'autostrada A8 all'altezza di Lainate (Milano), e disegnato dall'architetto Giulio Ceppi con il supporto dell'ergonomo Luigi Bandini Buti e di Andrea Stella, un ragazzo rimasto sulla sedia a rotelle dopo esser stato colpito a Miami da una pallottola indirizzata ad altri e che, tra l'altro, ha il merito di aver dato vita al primo catamarano senza barriere.

Oltre a ricevere il marchio di qualità Design for All, l'edificio ha ottenuto il premio alla committenza Dedalo Minosse nel 2014 e in precedenza, nel 2013, il premio all'innovazione della Presidenza della Repubblica e quello di Confcommercio per l'innovazione nei servizi. Con Autogrill, ancor prima dell'esperienza di Villoresi Est, l'architetto Ceppi ha sviluppato progetti specifici per particolari tipologie di viaggiatori (ciclisti, camionisti e persone con animali a bordo), poi ampliati e confluiti nell'edificio di Lainate, dove sono state considerate le diverse esigenze dei possibili fruitori, da chi ha difficoltà cognitive e motorie, a chi ha abitudini alimentari particolari, come celiaci e vegetariani, fino ai bambini, solo per citare alcune categorie.

DESIGN FOR ALL: LA PROGETTAZIONE CHE «ASCOLTA» LA DIVERSITÀ

«Occuparsi di design for all non significa considerare solo le barriere architettoniche, come qualcuno crede, ma comporta un'attenzione particolare alle esigenze di uso di spazi, di servizi, pensando ai possibili fruitori», ci racconta Giulio Ceppi. Così, ad esempio, nella parte centrale dei servizi igienici dell'Autogrill Villoresi, è stato creato un bagno dedicato ai bambini, che ha rivoluzionato le logiche di utilizzo dello spazio. Inoltre, ciascun bagno è accessibile a tutti, inclusa la categoria dei disabili. «Non c'è un bagno per disabili – ci spiega Ceppi - ma tutti i servizi igienici sono “for all”». Si tratta di una visione che non accetta progetti “medicali” per disabili, che tendano ad emarginarli. Un ambiente ad uso esclusivo di un disabile diventa discriminante, specie se esteticamente poco gradevole. «Il concetto è che lo spazio deve funzionare ed essere bello per tutti: per l'anziano, per il bambino, per il disabile. Si tratta di non ghettizzare esteticamente chi ha una disabilità o rendere riconoscibili i loro spazi perché tendenzialmente brutti», ci spiega l'arch. Ceppi.

Determinante nel caso Autogrill è stata la presenza di una committenza illuminata. Ma l'assenza di un interesse specifico nei confronti del design for all da parte del cliente, non costituisce un ostacolo insormontabile alla creazione di spazi per tutti. Deve esserci una committenza che riconosca il valore dell'inclusività, ma è il progettista ad avere un ruolo chiave secondo Giulio Ceppi. «È il progettista – ci dice - a dimostrare che in ogni contesto specifico il Dfa può portare dei vantaggi funzionali, psicologici, di comunicazione ed aiutare a vivere meglio gli spazi». Sui metodi da seguire, è sempre il progettista a scegliere la strada giusta, non ci sono formule da applicare, ma un elemento cardine è la multidisciplinarità. Dunque la progettazione orientata al design for all si serve di specialisti, come ad esempio l'ergonomo, ma è essenziale anche coinvolgere associazioni o persone che possano rappresentare le esigenze di un'utenza che necessità di maggiori attenzioni. «Il processo deve essere costruttivo e condiviso - avverte Ceppi - e il progettista deve sapere che dall'altra parte può esserci anche tanta aggressività. Bisogna proporre le cose in una maniera positiva e costruttiva e invece capisco che alcune volte queste persone subiscono anche condizioni difficili, per cui poi è difficile dimostrare loro un'attenzione che non sia ipocrita».

Nuove normative potrebbero aiutare la diffusione del Dfa? Secondo l'architetto Ceppi ciò che serve è «una maggiore sensibilità, una presa di coscienza, più che nuove norme». «Le normative - ci dice - sono sempre in ritardo, o parziali, e interpretabili. Qualcuno ha interpretato la normativa sui servizi igienici per i disabili a modo suo e poi ha creato una serie di oggetti, di standard, che in verità non sono quelli che risolvono il problema, ma sono quelli che loro hanno pensato, forse in buona fede, fossero l'ideale per un servizio sanitario per disabili. Ma, se si interroga un disabile sull'argomento, questi risponderà che i bagni progettati per loro sono quanto di più scomodo e di più sbagliato». «Io non so - conclude - se sia sbagliata la normativa o se abbia sbagliato chi ha commercializzato prodotti di un certo tipo, ma è vero che si creano degli standard, e il progettista più o meno in buona fede e anche con un po' di superficialità li segue. L'atteggiamento è quello di togliersi un sasso dalla scarpa, ma in questo non c'è né intelligenza né sensibilità».

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