Appalti

Regolamento appalti, la digitalizzazione si fa spazio nella gestione delle opere pubbliche

L'articolo 82 della bozza recupera le prescrizioni del Dm 560/2017. Oice: un passo indietro sarebbe stato illogico e incongruo

di Massimo Frontera

Con un richiamo esplicito al Dm 560/2017 (il cosiddetto "decreto Bim"), l'utilizzo della modellazione digitale e delle varie potenzialità offerte dalla comunicazione e condivisione delle informazioni in formato digitale, si ritaglia una presenza stabile nella bozza regolamento appalti. Il richiamo è contenuto nell'articolo 82 del testo attuativo del codice appalti che la commissione ministeriale ad hoc ha completato e consegnato.

L'articolo 82 ("Utilizzo di metodi e strumenti elettronici specifici") prevede che tutti gli operatori della filiera appaltizia (stazioni appaltanti, Pa concedenti e imprese) facciano ricorso «ai metodi e agli strumenti elettronici specifici, quali quelli di modellazione per l'edilizia e le infrastrutture, nel rispetto delle tempistiche fissate dal decreto di cui all'articolo 23, comma 13», cioè il comma del codice che richiama il Dm Bim. In realtà l'articolo 82 attinge a piene mani dallo stesso Dm Bim, recuperando testualmente le prescrizioni contenute nel provvedimento ministeriale del 2017, sul quale il Consiglio di Stato aveva espresso dubbi di legittimità ma che, nella prassi, le stazioni appaltanti avevano abbracciato.

Il recupero delle norme Bim nell'ultima bozza del regolamento non è una sorpresa. Vale la pena di ricordare che nella prima bozza di lavoro del regolamento uscita nell'autunno del 2019 la dimenticanza delle norme sul Bim aveva sorpreso, facendo pensare a un clamoroso quanto improbabile passo indietro rispetto alla tabella di marcia impressa dal Dm del 2017 verso la progressiva cogenza degli strumenti digitali. L'articolo 82 della bozza di regolamento rappresenta dunque la volontà di continuare su questa strada.

I primi commenti d alcuni operatori sono positivi. «È molto positivo che i contenuti del "decreto Baratono" (560/2017, ndr), sia pure per principi generali e non in estremo dettaglio, siano stati recuperati», dice il direttore dell'Oice Andrea Mascolini. «Passi indietro - aggiunge - sarebbero stati veramente illogici e incongrui: occorre tenere ben presente la necessità di un coordinamento ferreo con i contenuti dei livelli progettuali».
«In questi ultimi due anni e mezzo - aggiunge Mascolini - il decreto ministeriale ha consentito un grande sviluppo di gare con richiesta di progetti in Bim; come è noto il Consiglio di Stato ha espresso tempo fa, incidentalmente, considerazioni di illegittimità ma le amministrazioni continuano anche in questo 2020 ad applicarlo con decisione; non saremmo affatto d'accordo se qualcuno volesse fare marce indietro per andare verso un nuovo decreto, con una nuova road map, perchè sarebbe assolutamente deleterio».

Cauto scetticismo esprime invece Angelo Ciribini, docente del Dicatam di Brescia ed esperto della digitalizzazione applicata alla progettazione e agli appalti. La questione di fondo che attiene alla digitalizzazione negli appalti, secondo Ciribini, non sta tanto nella cogenza, quanto nella visione strategica su come utilizzare le potenzialità della digitalizzazione. «Ancora una volta - spiega - nell'ambito, di una progressiva "piattaformizzazione" dei settori economici, non vi sarà alcuna soluzione per via legislativa da parte dei decisori istituzionali senza una intelligenza strategica, sistemica, che coinvolga le rappresentanze, le parti sociali, e le istituzioni finanziarie». E prosegue: «alla luce delle ulteriori incentivazioni fiscali e finanziarie relative all'edilizia privata e nell'imminenza del programma comunitario di ricostruzione socio-economica che dovrebbe avere profonde ricadute sulla dotazione infrastrutturale, in senso ampio, del Paese, la digitalizzazione del settore, che la Sars-CoV-2 ha involontariamente accelerato, a suo modo, non può essere decisa esclusivamente attraverso provvedimenti legislativi, qualunque essi siano».

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