Appalti

Ppp, il Consiglio di Stato boccia il contratto standard del Mef: è competenza Anac (ma va coinvolto anche il Mit)

Per Palazzo Spada inoltre il provvedimento deve essere allargato alle altre forme di realizzazione delle opere con i privati, attendendo l'adozione del regolamento unico sugli appalti

di Mauro Salerno

Se non è una bocciatura poco ci manca. Il Consiglio di Stato riporta alla casella di partenza la bozza di contratto-standard elaborata dal ministero delle Finanze con l'obiettivo di uniformare le regole per l'affidamento della progettazione, costruzione e gestione delle opere pubbliche in partenariato pubblico privato. Per i giudici di Palazzo Spada - massimo organo consultivo dello Stato - se vuole avere l'efficacia di un contratto-tipo (cui le stazioni appaltanti devono in qualche modo adeguarsi o discostarsi motivando) il modello preparato dal ministero dell'Economia deve essere adottato dall'Anac, secondo le procedure richiamate dal codice degli appalti (art. 213, comma 2).

Viene così bocciata l'idea «di una solitaria approvazione da parte del Ministero richiedente», cioè l'Economia. «Solo l'Anac, infatti - argomenta il Consiglio di Stato nel parere rilasciato ieri (n. 830/2020) -, ha attribuito dalla legge il compito di assicurare la "omogeneità dei procedimenti amministrativi" e di favorire "lo sviluppo delle migliori pratiche" (art. 213, comma 2, Codice); se tali compiti fossero demandati alle singole amministrazioni, infatti, verrebbe in radice frustrata la possibilità di assicurare l'omogeneità dei procedimenti». Senza un'adozione formale da parte dell'Anac, spiega il Consiglio di Stato, «l'atto in questione potrà rimanere un utile ausilio per le pubbliche amministrazioni che, tuttavia, non saranno obbligate a considerarlo quale contratto-tipo anche sotto il profilo delle relative conseguenze giuridiche». Dunque, un'utile bussola per prendere delle decisioni, ma nulla di più.

Non che il Consiglio di Stato sottovaluti lo strumento. Anzi. I giudici danno atto che la formula del partenariato pubblico privato «in particolar modo nell'attuale periodo di grave crisi economica e finanziaria del Paese, se ben utilizzato può costituire un volano per la ripresa economica», perché garantisce l'apporto di risorse private nel settore pubblico, allentando «le restrizioni di bilancio». Proprio «in ragione dell'importanza dello strumento» però Palazzo Spada invita il Mef a coinvolgere oltre all'Anac anche la Presidenza del Consiglio (cui spetterebbe una sorta di ruolo di coordinamento) e il ministero delle Infrastrutture.

Meglio aspettare il regolamento unico e ampliare il raggio d'azione
Altro suggerimento è quello di attendere l'adozione del regolamento unico del codice appalti, in modo da non rimanere spiazzati da eventuali correzioni normative con la conseguenza di pubblicare un contratto già superato dai fatti.

Infine arriva l'invito a non limitare il raggio d'azione al Ppp, allargando lo sguardo alle altre forme di partenariato come «finanza di progetto, locazione finanziaria.,contratto di disponibilità, affidamento a contraente generale». La scelta di occuparsi solo del Ppp, si legge nel parere «rischia di essere riduttiva perché soprattutto in un contesto economico qual è quello attuale, l'utilizzo degli altri strumenti di partenariato pubblico-privato potrebbe ancor di più consentire la realizzazione di opere senza particolari impegni finanziari da parte dello Stato».

Appalti con gara nelle vecchie concessioni, subappalti per le nuove
Nonostante l'invito a riconsiderare praticamente daccapo sia la procedura di approvazione che i contenuti dello schema di contratto il Consiglio di Stato non si sottrae alla richiesta del Mef di chiarire alcuni aspetti controversi.

Uno dei quesiti di maggiore impatto riguarda l'obbligo (o meno) per i concessionari di affidare gli appalti a valle della concessione con gara. Dopo aver ricostruito il quadro normativo Palazzo Spada conclude che l'obbligo di procedere con gara vale sicuramente per «le concessioni già in essere» che siano state aggiudicate in precedenza senza gara. «Solo in questo modo - scrivono i giudici - si garantirà la concorrenza». Gare obbligatorie anche per gli appalti affidati da concessionari che sono anche amministrazioni aggiudicatrici, «ove,con il termine amministrazione aggiudicatrici si intendono "le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti». Nel caso di lavori pubblici affidati da concessionari diversi - e che dunque sono stati scelti con gara - l'indicazione del Consiglio di Stato è quella di ricorrere al subappalto, «più che all'appalto». Evitando in questo modo la necessità di fare una gara.

Un'altra risposta arriva sulle fattispecie che permettono di modificare i contratti in corsa senza dover rimettere in gioco l'intera concessione. Qui il Consiglio di Stato frena gli estensori dello schema del contratto-standard sulla possibilità di ampliare la lista dei casi previsti dal codice, includendo nuovi «eventi di disequilibrio» da poter risolvere con modifiche al contratto. Il rischio è quello di dare la stura ai ricorsi. Per questo il parere «osserva che in relazione a tale delicato profilo sia sommamente opportuno fare esclusivamente un rinvio alle disposizioni di legge, onde evitare che il sovrapporsi delle regole possa generare contenzioso».

No comment sul riparto degli oneri tra concedente e concessionario in relazione ai permessi e autorizzazioni perchè nello schema non ci sarebbero gli elementi utili a valutare la proposta fatta dal Mef, mentre arriva un sostanziale via libera all'idea di prevedere che alla fine del periodo di gestione, a certe condizioni, l'opera torni al concedente «senza il pagamento di un valore residuo»

Il parere del Consiglio di Stato sul contratto -standard del ministero dell'Economia per il Ppp

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