Appalti

Offerte, sopralluoghi, firma dei contratti: bussola per orientarsi nel labirinto di termini e proroghe per le gare

Cosa possono fare stazioni appaltanti e imprese per portare a termine le procedure di gara dopo la circolare del Mit sulla sospensione degli adempimenti causa Coronavirus

di Chiara Pagliaroli e Elisa Carloni (*)

Il Dl 17 marzo 2020, n. 18, meglio noto come decreto "Cura Italia", è intervenuto sulla disciplina contenuta nel codice appalti (Dlgs 18 aprile 2016, n. 50) attraverso una serie di disposizioni, quali gli artt. 72, comma 2, lett. a), 75, 86, 91, 99, comma 3 e 120, comma 3.
Nessuna di tali disposizioni si è, però, preoccupata di disciplinare expressis verbis la sorte delle procedure ad evidenza pubblica già indette né di fornire indicazioni utili alle stazioni appaltanti in merito alla possibilità o meno di procedere all'indizione di nuove procedure di gara. Tant'è che, nella prassi applicativa, si è assistito all'adozione di soluzioni variegate: da proroghe mirate e ragionate dei termini di scadenza di presentazione delle offerte, a proroghe standard di quindici giorni, a conferme dei termini già indicati nella documentazione posta a base di gara, a indizione di nuovi bandi di gara, ancorché con previsione di termini, di norma, più ampi rispetto ai termini minimi previsti ex lege.

L'art. 103 del Dl Cura Italia, dal canto suo, ha previsto una sospensione generalizzata dei termini «ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento dei procedimenti amministrativi su istanza di parte o d'ufficio, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data» nel periodo ricompreso tra tale data e la data del successivo 15 aprile 2020.
Il ministero delle Infrastrutture (Mit), a sua volta, con la circolare del 24 marzo 2020, ha richiamato l'attenzione delle «stazioni appaltanti dipendenti e vigilate» proprio sul disposto di cui al predetto art. 103, comma 1, precisando che le «procedure di appalto o di concessione disciplinate dal d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i. […] rappresentano la sedes materiae tipica di applicabilità della suddetta disposizione, con conseguente sospensione – durante il periodo ricompreso tra il 23 febbraio 2020 e il 15 aprile 2020 - «di tutti i termini stabiliti dalle singole disposizioni della lex specialis di gara […] e dalle commissioni di gara relativamente alle loro attività».

Tale affermazione – prima facie "granitica" – non impedisce certo alle stazioni appaltanti di proseguire nello svolgimento delle procedure di gara e, anzi, evidenzia la possibilità – e finanche la necessità, nella misura in cui ciò sia compatibile con le contingenze - di non interrompere le attività connesse alle predette procedure. Militano, difatti, in tal senso le seguenti considerazioni, contenute all'interno della medesima circolare:

1) «poiché la sospensione del termine è stata stabilita in favore del soggetto onerato di osservarlo, nulla vieta che quest'ultimo possa comunque validamente porre in essere l'attività prevista entro il termine originario ovvero in un termine inferiore a quello risultante dalla sospensione»;

2) «la conclusione in tempi certi e celeri dei procedimenti amministrativi rappresenta un'esigenza ineludibile per l'intero settore dei contratti pubblici, a prescindere dall'emergenza determinata dalla diffusione del virus Covid-19»;

3) «i dipartimenti del Ministero e le società in indirizzo sono, pertanto, invitati a porre in essere, durante il periodo di sospensione, tutte le iniziative di carattere organizzativo ed amministrativo necessarie affinché possa pervenirsi, una volta cessato detto periodo, a una rapida conclusione delle procedure in atto»;

4) «a tal fine, si vorrà valutare l'opportunità di rispettare, anche in pendenza della disposta sospensione e limitatamente alle attività di esclusiva pertinenza dell'amministrazione aggiudicatrice, i termini endoprocedimentali, finali ed esecutivi originariamente previsti, nei limiti in cui ciò […] sia compatibile con le misure di contenimento della diffusione del Covid-19».


Per tale ragione (e ancorché senza pretese di esaustività), si cercherà, in questa sede, di fornire alcuni spunti di riflessione utili e/o alcuni suggerimenti pratici da porre in essere in questo periodo di emergenza sanitaria, al netto di eventuali modifiche normative che dovessero intervenire dopo la pubblicazione del presente contributo.

La disciplina dei termini di gara
La circolare Mit sopra richiamata afferma che «i termini inerenti le procedure di appalto o di concessione, già pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, devono ritenersi sospesi per un periodo di 52 giorni (corrispondente al periodo intercorrente tra il 23 febbraio 2020 e il 15 aprile 2020)» e precisa, altresì, che «una volta concluso il periodo di sospensione, i termini sospesi cominciano nuovamente a decorrere».

La lettura offerta dal Mit sconta, in realtà, un limite rappresentato da un dato di fatto, che diviene "preponderante e dirompente" se raffrontato con lo stato delle procedure di gara già indette e attualmente in corso di svolgimento. Molti dei termini ricompresi nell'arco temporale indicato sono già spirati e i relativi adempimenti (es. riscontro alle richieste di chiarimento, produzione delle richieste di integrazioni documentali, riscontro alle eventuali richieste di soccorso istruttorio, etc.) sono stati regolarmente posti in essere.

Del pari, anche l'affermazione secondo cui i termini «devono ritenersi sospesi per un periodo di 52 giorni» non appare pienamente condivisibile e, anzi, pare contrastare con i principi di concentrazione e di speditezza che informano lo svolgimento delle procedure ad evidenza pubblica. Ciò in quanto, laddove si optasse per una lettura acritica della norma, avulsa dai meccanismi che governano l'effettivo funzionamento delle procedure di gara, si arriverebbe ad affermare che, a prescindere dal momento di pubblicazione dei bandi di gara (antecedente o successivo alla data del 23 febbraio 2020) e dalle date individuate dalle singole stazioni appalti per il compimento dei singoli adempimenti, queste ultime dovrebbero prorogare di 52 giorni tutti i termini di gara, senza operare alcuna distinzione tra i medesimi e senza considerare i diversi intervalli temporali che li governano.
Basti solo ricordare che alcuni termini disciplinano adempimenti di competenza degli operatori economici e altri, di contro, incombenti propri delle stazioni appaltanti (es. pubblicazione delle risposte alle richieste di chiarimento, esame della documentazione prodotta, comprova del possesso dei requisiti auto-dichiarati in sede di offerta), che possono essere serenamente posti in essere, se e nella misura in cui l'organizzazione adottata lo consenta.

Appare allora evidente che il periodo di 52 giorni quivi evocato deve essere modulato e calato all'interno della realtà che governa i singoli casi concreti. Nello specifico, si potrebbe valutare di distinguere tra:

a)procedure di gara rispetto alle quali i termini di presentazione delle offerte risultano già scaduti: in relazione a tali procedure, nulla parrebbe vietare il compimento degli adempimenti materialmente esigibili (es. esame delle offerte tecniche in videoconferenza, adempimenti connessi alla fase di comprova del possesso dei requisiti dichiarati mediante utilizzo del sistema AVCpass, etc.) nel rispetto dei principi di correttezza e di buona fede, oltre che di riservatezza e di segretezza;

b)procedure di gara già indette alla data del 23 febbraio 2020 e con termini di scadenza per la presentazione delle offerte che vanno a scadere nel periodo di sospensione cui si è accennato: in relazione a tali ipotesi, il buon senso, unito al rispetto dei principi di correttezza e di buona fede, oltre che di ragionevolezza e di proporzionalità avuto riguardo alla complessità dell'appalto e alle tempistiche necessarie per la formulazione delle offerte, suggeriscono alle stazioni appaltanti di concedere una proroga adeguata dei termini di gara, salvo valutare, caso per caso, le ipotesi in cui risultino, comunque, rispettati i termini minimi di gara e, vieppiù, risulti, altresì, garantito anche il rispetto del predetto termine di 52 giorni;

c)procedure di gara già indette alla data del 23 febbraio 2020 e con termine di scadenza per la presentazione delle offerte individuato in una data successiva a quella del 15 aprile 2020: anche in relazione a tali procedure si assisterà presumibilmente a una proroga dei termini di gara, ispirata alla ratio illustrata alla lettera b) che precede, specie in considerazione dell'impossibilità – oggettiva e materiale – di effettuare i sopralluoghi;

d)procedure di gara da bandire entro il prossimo 15 aprile 2020 ovvero successivamente a tale data: nei limiti in cui ciò risulti possibile, un approccio prudenziale e precauzionale suggerirebbe di attendere l'evoluzione della situazione epidemiologica in atto prima di procedere con l'indizione di nuove procedure (ad eccezione ovviamente delle procedere finalizzate ad acquisire forniture sanitarie et similia), così da evitare di dover incorrere in proroghe, necessitate quanto meno dall'impossibilità di effettuare i sopralluoghi. In alternativa, si potrebbe valutare di procedere all'indizione di nuove procedure mediante assegnazione di termini più ampi rispetto ai minimi di legge, comprensivi anche del periodo di sospensione eventualmente intercorrente. Così ad esempio, qualora si decidesse di indire una procedura aperta il 1° aprile 2020, si potrebbe valutare di assegnare, per la presentazione delle offerte, un termine finale superiore al termine minimo di 35 giorni dalla data di trasmissione del bando di gara, previsto ex lege e comprensivo anche del periodo di sospensione eventualmente intercorrente (in altri termini, 35 giorni + 15 giorni, corrispondenti al periodo intercorrente tra la data del 1° aprile p.v. e la data del 15 aprile ).

L'effettuazione delle operazioni di sopralluogo
L'art. 79, comma 2 del Dlgs. n. 50/2016 statuisce espressamente che «quando le offerte possono essere formulate soltanto a seguito di una visita dei luoghi o dopo la consultazione sul posto dei documenti di gara e dei relativi allegati, i termini per la ricezione delle offerte, comunque superiori ai termini minimi […] sono stabiliti in modo che gli operatori economici interessati possano prendere conoscenza di tutte le informazioni necessarie per presentare le offerte».
Una previsione pressoché analoga era contenuta all'interno dell'art. 70, comma 10 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e s.m.i., tutt'ora applicabile ad alcune procedure di gara in forza della disposizione transitoria contenuta nell'art. 216, comma 27-quater del codice appalti.

Il compimento di tale adempimento appare, allo stato, materialmente inesigibile, con conseguente obbligo di proroga dei termini di ricezione delle offerte e di rinvio della data individuata per la prima seduta pubblica in relazione a tutte le ipotesi di obbligatorietà del sopralluogo. In alternativa, si potrebbe, tutt'al più, valutare la possibilità di sostituire la necessità della presenza fisica in loco degli operatori con la messa a disposizione dei potenziali offerenti di rilievi fotografici e/o topografici adeguati, sempre che ciò risulti fattibile a livello organizzativo e consenta a questi ultimi di assumere tutte le informazioni necessarie per la formulazione di un'offerta corretta e consapevole.

Lo svolgimento delle sedute di gara
L'art. 77, comma 2 del codice appalti consente espressamente alle commissioni giudicatrici di «lavorare a distanza con procedure telematiche che salvaguardino la riservatezza delle comunicazioni». Le sedute riservate possono, pertanto, continuare a svolgersi anche nell'attuale contesto emergenziale, nel rispetto delle indicazioni quivi richiamate e previa verbalizzazione delle operazioni concretamente svolte.
Il Dlgs. n. 163/2006 e s.m.i. – come detto, tuttora applicabile ad alcune procedure ad evidenza pubblica in virtù della disposizione transitoria contenuta nell'art. 216, comma 27-quater del d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i. – non contiene al suo interno una disposizione analoga a quella contenuta nel predetto art. 77, comma 2.
Tale circostanza potrebbe indurre a interrogarsi sulla possibilità di estendere quanto affermato in questa sede anche alle procedure di gara disciplinate dal previgente codice appalti. La risposta pare positiva.

A tale riguardo, si consideri che già in passato il nostro ordinamento ha ammesso il ricorso allo strumento della videoconferenza (cfr. art. 4, comma 12 del Dpr 23 marzo 2000, n. 117 con riferimento alle procedure di reclutamento dei professori universitari e dei ricercatori). La stessa giurisprudenza, dal canto suo, ha avuto cura di ricordare che la videoconferenza «è lo strumento che ordinariamente assicura sia la collegialità sia la contestualità, perché è sostitutiva della contemporanea presenza dei commissari in un medesimo luogo fisico e consente a questi ultimi di colloquiare reciprocamente» (così Cons. Stato, sez. VI, 29 luglio 2009, n. 4708).

Ovviamente, le stazioni appaltanti dovranno organizzarsi per consentire alle commissioni giudicatrici di lavorare da remoto, previa osservanza degli obblighi di riservatezza e di segretezza.

Decisamente più delicato appare, invece, il profilo legato allo svolgimento delle sedute pubbliche sia in relazione alle gare indette ex Dlgs. n. 163/2006 e s.m.i. sia in relazione alle gare soggette alla disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici. Tali sedute, difatti, potrebbero avere luogo laddove si riuscisse a garantire la presenza e la partecipazione dei rappresentanti degli operatori economici in videoconferenza e/o in collegamento da remoto, previa adozione di quegli accorgimenti necessari e sufficienti a consentire alle commissioni giudicatrici di verificare la regolarità e la completezza delle deleghe.

Tale esigenza, del resto, non potrebbe essere superata invocando l'assunto secondo cui non occorre procedere all'apertura delle offerte in seduta pubblica, atteso che tale principio è applicabile solo con riferimento alle procedure di gara gestite in modalità telematica (cfr., da ultimo, Tar Campania Napoli, sez. II, 2 marzo 2020, n. 957) e sempre che la lex specialis di gara, seppur silente sul punto, non contenga previsioni espresse di segno contrario.
Maggiori difficoltà si potrebbero, poi, incontrare nel caso in cui la procedura di gara risulti tuttora gestita in modalità cartacea (circostanza questa non rara nella prassi applicativa). In tali casi, difatti, la documentazione di gara è di norma custodita presso gli uffici delle stazioni appaltanti all'interno di armadi chiusi a chiave, sicché – per poter aprire le sedute di gara – occorrerebbe comunque consentire, quanto meno, al Presidente di accedere alla predetta documentazione. I commissari e gli operatori economici, viceversa, dovrebbero essere messi nelle condizioni di assistere allo svolgimento delle operazioni di gara mediante collegamento da remoto.

Senonché, stante le misure attualmente in vigore in materia di «sospensione delle attività produttive industriali e commerciali» (fattispecie questa che rileva ogniqualvolta la funzione di stazione appaltante risulti rivestita dai c.d. «altri soggetti aggiudicatori», ovverosia dai soggetti privati tenuti all'osservanza e all'applicazione delle disposizioni contenute nel Codice dei contratti pubblici), di «svolgimento della prestazione lavorativa presso le pubbliche amministrazioni attraverso il lavoro agile» e di «limitazione alla circolazione delle persone», appare preferibile optare per un rinvio di tali sedute a data da destinarsi.

La sospensione dei termini processuali e il rapporto con lo stand-still period
Appare, infine, doverosa una notazione in relazione alle procedure di gara già aggiudicate, rispetto alle quali i termini che rilevano sono, di fatto, quelli che intercorrono tra l'adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva e la stipula del relativo contratto d'appalto o di concessione.
L'art. 84, comma 1 del d.l. Cura Italia ha, infatti, disposto – pur con salvezza delle previsioni contenute nel successivo comma 2 – la sospensione di tutti i termini relativi al processo amministrativo a partire dall'8 marzo 2020 e sino al 15 aprile 2020.
Ciò determina, all'atto pratico, la sospensione dei termini per impugnare i provvedimenti di aggiudicazione, comunicati ai concorrenti nel rispetto delle previsioni di legge.
Tale sospensione, però, non sembrerebbe incidere sul termine dilatorio di 35 giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione (c.d. "stand-still period"), previsto dall'art. 32, comma 9 del codice per la stipula del contratto; né il decorso di tale termine parrebbe inciso dalle previsioni contenute nell'art. 103 del d.l. Cura Italia.

Conferme in tal senso paiono potersi ricavare anche dalla circolare del Mit, nella parte in cui il Ministero afferma che «la fase di formazione del vincolo contrattuale, retta da regole di diritto pubblico, si sviluppa in una sequenza procedimentale che culmina nell'adozione di un provvedimento di aggiudicazione». Inoltre, è bene rammentare che, anche durante il periodo di sospensione feriale dei termini, il termine di 35 giorni di cui al predetto art. 32, comma 9 continua a decorrere.

Sembra, pertanto, che le stazioni appaltanti possano procedere alla stipula del contratto d'appalto, una volta decorso il predetto termine di stand-still. Le medesime, peraltro, non dovrebbero incontrare particolari difficoltà nel porre in essere tale adempimento, specie laddove optassero per la sottoscrizione del contratto mediante scrittura privata in modalità elettronica.

L'unico "scoglio" che – a dire il vero – potrebbero incontrare nell'attuale frangente temporale è rappresentato dalla probabile difficoltà di ottenere un riscontro in tempi celeri dalle singole Prefetture in relazione alle richieste di rilascio delle comunicazioni ovvero delle informazioni antimafia. Tale difficoltà potrebbe, però, essere superata grazie alla possibilità (riconosciuta alle stazioni appaltanti stesse dagli artt. 88, comma 4-bis e 92, comma 3 del Dlgs 159/2011) di procedere alla sottoscrizione di contratti sottoposti a condizione risolutiva, previa acquisizione delle relative autocertificazioni.
Ciò, ovviamente, comporterà che, qualora il secondo graduato decidesse di avvalersi della sospensione dei termini processuali introdotta dall'art. 84, comma 1 del Dl Cura Italia, ritardando, nei fatti, l'impugnazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, il medesimo dovrà essere consapevole del fatto che potrebbe trovarsi di fronte a un contratto già stipulato e a una fase esecutiva già iniziata.

(*) Studio legale Bertacco Recla

La circolare del Mit firmata dalla ministra Paola De Micheli

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