Appalti

Coronavirus/1. A casa 816mila addetti delle costruzioni, oltre la metà precari

La sospensione dell'attività decisa dal governo, calcola l'Istat, coinvolge il 61% degli addetti

di Massimo Frontera

Le costruzioni stanno pagando un conto molto salato al Coronavirus. Secondo l'Istat, il fermo attività deciso dal governo in due tempi - il primo Dpcm del 22 marzo e il successivo Dm Mise del 25 marzo - ha un impatto diretto immediato su quasi 1,34 milioni di lavoratori che l'Istituto di statistica include nel settore "F" costruzioni. Ebbene, di questi, 816mila addetti, pari al 60,94% del totale, risultano appartenenti ai settori Ateco di cui stato disposto il fermo dell'attività. La stima è ovviamente il risultato di una procedura statistica, effettuata sul dato della forza lavoro al 2019. Le valutazioni e i numeri sono contenuti nel documento , peraltro provvisorio, che l'Istat ha redatto per fornire le primissime valutazioni dell'impatto sull'economia italiana delle misure di emergenza decise per contrastare la diffusione della pandemia da Covid-19.

I numeri sono pertanto frutto di una elaborazione statistica e rischiano di essere sottostimati, per il fatto che non tutti i cantieri pubblici che, in base ai provvedimenti governativi, sono autorizzati a prosegurie l'attività, lo stanno effettivamente facendo o lo stanno facendo al 100 per cento.

Dalla scomposizione del dato, si ricava, che degli 816 addetti complessivi che ora stanno a casa, solo il 39% - pari a 385mila addetti è dipendente con un contratto a tempo indeterminato. Il resto è invece costituito da un esercito di persone con contratti più fragili sotto il profilo delle tutele. Ci sono infatti altre 92mila persone che hanno un contratto da dipendente a tempo determinato mentre tutti gli altri - per un totale di 339mila persone - sono lavoratori autonomi. Con una distinzione: 252mila persone non hanno dipendenti mentre 87mila persone hanno a sua volta uno o più lavoratori che dipendono da lui. Complessivamente, il fermo delle costruzioni - come anche di altri settori - ha proporzioni ciclopiche e inedite.

Non è molto diverso lo scenario dal punto di vista delle unità lavorative (che include le sedi delle imprese e solo una parte dei cantieri operativi). La sospensione, sempre secondo l'Istat, ha causato la sospensione di 365.432 unità lavorative su 523.105, cioè quasi il 70% del totale. L'aspetto paradossale è che proprio ora, cioè nel periodo compreso tra la fine dell'anno e i primi mesi del 2020, il comparto delle costruzioni aveva dato segnali di una ripresa in atto. Complessivamente, infatti, mentre il Pil nazionale è cresciuto dello 0,3% il settore delle costruzioni ha messo a segno un +2,6% facendo segnare «la performance migliore tra i grandi comparti». Anche le attività immobiliari sono andate bene, con un +1,7%.

«All'inizio del nuovo anno - ricorda l'Istat - prima che la crisi connessa con l'epidemia di Covid-19 cominciasse a colpire la Cina, gli indicatori congiunturali hanno mostrato un recupero in Italia, come nell'insieme dell'Ue». «L'indice della produzione industriale, ha registrato a gennaio un forte rimbalzo rispetto al calo di dicembre, portandosi su un livello significativamente superiore a quello dei mesi autunnali. Ancora più forte - sottolinea l'Istat - è risultato il recupero del settore delle costruzioni, la cui produzione ha toccato in gennaio un livello particolarmente elevato, superiore di circa il 5% (senza tenere conto della correzione per i giorni lavorativi che ne amplifica ulteriormente la variazione) rispetto a quello di un anno prima». Il Coronavirus, ora, costringe a ritrovare la strada di una ripresa che richiede di riaccendere il motore dell'edilizia e dell'economia complessiva.

L'analisi dell'Istat sull'impatto dei decreti anti-Covid sull'economia italiana

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