Appalti

Rotazione, spazio anche all'appaltatore uscente nelle procedure negoziate

Consiglio di Stato: no al rpincipio di rotazione nelle procedure che non prevedono limitazioni del numero dei soggetti da invitare

di Roberto Mangani

Il principio di rotazione, che comporta di regola il divieto di invitare alla procedura di gara il contraente uscente, non è applicabile nel caso in cui l'ente appaltante abbia adottato una procedura che non preveda alcuna limitazione dei soggetti da invitare. Questo è il principio affermato dal Consiglio di Stato, Sez. III, 4 febbraio 2020, n. 875 che torna nuovamente sul principio di rotazione per definirne i contorni applicativi evitando interpretazioni eccessivamente restrittive e ingiustificatamente penalizzanti nei confronti del contraente uscente.

La sentenza contiene interessanti affermazioni anche con riferimento a due ulteriori profili: la tempestività dell'impugnazione del provvedimento di aggiudicazione e i limiti entro cui possono essere ritenuti legittimi i chiarimenti forniti dagli enti appaltanti in sede di gara.

Il fatto
Un'azienda sanitaria aveva indetto una procedura negoziata per l'affidamento di un contratto di importo inferiore alla soglia comunitaria avente ad oggetto la fornitura di determinati prodotti.
Un concorrente veniva escluso in ragione della ritenuta non corrispondenza del prodotto offerto rispetto alle caratteristiche indicate nella documentazione di gara, come meglio definite a seguito dei chiarimenti resi dalla stazione appaltante.
Il concorrente escluso impugnava il provvedimento di esclusione davanti al giudice amministrativo e successivamente, per mezzo di motivi aggiunti, anche il provvedimento di aggiudicazione intervenuto quando il giudizio era in corso.
Il giudice di primo grado ha dichiarato, in via pregiudiziale, irricevibili per tardività i motivi aggiunti proposti contro il provvedimento di aggiudicazione, ritenendo che il termine di decadenza per proporre i suddetti motivi decorresse dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione sulla piattaforma e – procurement della stazione appaltante e non dalla comunicazione individuale di detto provvedimento al concorrente escluso.

Nel merito, il giudice ammnistrativo ha respinto la censura volta a far valere l'illegittimità dei chiarimenti operati dall'ente appaltante, che nelle assunzioni del ricorrente avrebbero comportato l'introduzione di caratteristiche del prodotto richiesto più restrittive rispetto a quanto originariamente previsto nei documenti di gara.

Infine, è stata respinta anche l'ulteriore censura volta a contestare la mancata applicazione del principio di rotazione nei confronti del contraente uscente, invitato alla gara dall'ente appaltante.

La sentenza del giudice di primo grado è stata oggetto di appello davanti al Consiglio di Stato, sotto tutti i profili indicati.

Il principio di rotazione
Sotto questo specifico aspetto il Consiglio di Stato ha confermato le conclusioni del giudice di primo grado. Secondo il ricorrente la coerente applicazione del principio di rotazione avrebbe dovuto comportare l'esclusione dagli inviti del contraente uscente, in attuazione dei principi di massima apertura al mercato e di tutela della par condicio, o quanto meno di fornire un'articolata motivazione delle ragioni per le quali si era ritenuto di derogare al suddetto principio.

Per comprendere compiutamente la censura mossa dal ricorrente e le argomentazioni sviluppate dal Consiglio di Stato per respingerla occorre prendere le mosse dal contesto normativo in cui è inserito il richiamo al principio di rotazione.

Il riferimento è costituito dall'articolo 36 del D.lgs. 50/2016 che disciplina l'affidamento dei contratti di importo inferiore alle soglie comunitarie.

In particolare viene in rilievo in primo luogo la previsione del comma 1, che contiene un'affermazione di carattere generale secondo cui il principio di rotazione va rispettato negli inviti e negli affidamenti. Nel successivo comma 2 viene ribadito che sia negli affidamenti diretti previa valutazione di un certo numero di preventivi che nelle procedure negoziate va rispettato il criterio di rotazione degli inviti.

In sostanza il principio di rotazione opera sia con riferimento agli affidamenti diretti che in relazione alle procedure negoziate. Esso ha trovato poi una specifica declinazione nelle Linee guida Anac n. 4 nella versione aggiornata al primo marzo 2018 con riferimento al divieto di invitare alle procedure il contraente uscente – ma anche l'operatore economico invitato alla precedente procedura, ancorchè non sia risultato aggiudicatario – che può subire eccezioni solo in relazione a circostanze del tutto particolari che devono essere esplicitate con una motivazione articolata e stringente.

La ratio del principio di rotazione e in particolare del divieto di invito del contraente uscente è identificabile in due ordini di ragioni. Il primo è quello di assicurare una piena par condicio tra i concorrenti, evitando situazioni di asimmetria informativa che deriverebbero dalla partecipazione alla procedura di soggetti che, essendo già titolari del precedente contratto, hanno a disposizione una serie di dati e di informazioni di cui gli altri operatori non sono in possesso.

Il secondo ordine di ragioni – che è quello più rilevante – consiste nell'evitare il consolidamento di posizioni dominanti, restringendo il mercato sempre a favore degli stessi soggetti. Proprio questa seconda ragione porta il Consiglio di Stato ad affermare che il principio di rotazione non trova applicazione laddove la procedura adottata dall'ente appaltante per il nuovo affidamento non preveda alcuna limitazione in ordine al numero dei soggetti da invitare. Se ricorre questa condizione viene meno il pericolo di restringimento del mercato e di conseguenza non sussistono le ragioni per operare una rotazione tra gli operatori economici.

L'affermazione appare del tutto condivisibile, offrendo una lettura del principio di rotazione coerente con la sua ratio. Più in generale, va evidenziato che mentre tale principio appare del tutto ragionevole nel caso di affidamenti diretti, volendo evitare che la scelta fiduciaria degli affidatari ricada sempre sugli stessi soggetti, maggiori perplessità sussistono in relazione alla sua applicazione riferita agli inviti nelle procedure negoziate. In questo caso, infatti, il contraente uscente non sarebbe un affidatario in via diretta, ma verrebbe messo in concorrenza con altri operatori, per cui la sua eventuale scelta sarebbe comunque il risultato di un confronto concorrenziale, attenuandosi di molto l'effetto di restringimento del mercato.

D'altro canto escludere il contraente uscente dalla procedura negoziata significa da un lato impedire in via pregiudiziale all'ente appaltante di invitate soggetti che in ipotesi hanno svolto le precedenti prestazioni in maniera efficiente; dall'altro limitare la libertà di iniziativa economica dell'operatore in termini assoluti e generalizzati.

La tempestività dell'impugnazione
La pronuncia del Consiglio di Stato si esprime poi in relazione alla tempestività dei motivi aggiunti proposti dal ricorrente nei confronti del provvedimento di aggiudicazione.
Il giudice di primo grado aveva dichiarato l'irricevibilità dei motivi aggiunti essendo gli stessi stati presentati oltre il termine di trenta giorni dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione sul sistema dell'e-procurement dell'ente appaltante. Lo stesso Tar aveva inoltre affermato che il ricorrente, in quanto escluso dalla procedura, non avrebbe dovuto ricevere comunicazione individuale del provvedimento di aggiudicazione.

Sul punto il Consiglio di Stato assume invece una diversa posizione. Sulla base della previsione contenuta all'articolo 76, comma 5, lettera a) del d.lgs. 50/2016 evidenzia come il termine per l'impugnazione decorra dalla comunicazione individuale del provvedimento di aggiudicazione che l'ente appaltante è tenuto ad effettuare nei confronti del concorrente escluso e che abbia proposto ricorso contro l'esclusione.

Risulta invece irrilevante ai fini del decorso del termine di impugnazione la pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione nelle forme digitali previste dal sistema di e- procurement adottato dall'ente appaltante.

I chiarimenti in sede di gara
Di notevole interesse anche le affermazioni contenute nella pronuncia relativamente alla definizione dei limiti entro i quali la stazione appaltante può fornire chiarimenti in sede di gara senza alterare il regolare svolgimento della stessa.
Nel caso di specie il giudice di primo grado aveva affermato che la stazione appaltante aveva legittimamente chiarito un aspetto relativo al prodotto oggetto della fornitura inerente una caratteristica dello stesso che non era sufficientemente dettagliata nel capitolato allegato in sede di gara, senza apportare alcuna modifica agli elementi essenziali dello stesso.
Inoltre tale chiarimento era stato regolarmente pubblicato dall'ente appaltante in modo che tutti i concorrenti ne avessero adeguata conoscenza ai fini della presentazione delle loro offerte.

In sede di appello il ricorrente ha sostenuto che l'ente appaltante era andato oltre il legittimo ambito di intervento chiarificatorio, poiché le prescrizioni di gara erano già sufficientemente precise e dettagliate, cosicché il chiarimento rilasciato finiva per alterare le condizioni di partecipazione alla gara stessa.

Il Consiglio di Stato, nell'accogliere la tesi dell'appellante, ha affermato che i chiarimenti resi in sede di gara devono avere una funzione neutra e meramente esplicativa di un contenuto implicito già presente nei documenti di gara.

Al contrario, non sono ammessi chiarimenti che abbiano l'effetto di introdurre un elemento nuovo che in qualche modo modifichi i contenuti della prescrizione di gara, specie laddove tale modifica abbia un effetto restrittivo sulle condizioni di partecipazione alla gara stessa. In quest'ultimo caso attraverso l'attività interpretativa si finisce per attribuire ad una previsione del bando un significato e una portata diversi e più ampi rispetto a quelli suoi propri, in evidente violazione delle regole che presiedono allo svolgimento delle gare ad evidenza pubblica.

La sentenza del Consiglio di Stato

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