Appalti

Atlantia vuole evitare la revoca: per Autostrade sale l'ipotesi scissione

Lo spin off sarebbe visto con favore da alcuni esponenti politici e possibili investitori. Per la holding si prospetta anche un nuovo potenziale ricambio manageriale

di Marigia Mangano

In un clima politico incerto, rispunta l'ipotesi del progetto di scissione di Aspi da Atlantia, un passaggio che potrebbe inserirsi nella trattativa con il Governo per definire una volta per tutte il destino della concessione delle autostrade. Lo spin off dell'asset sarebbe visto con favore da alcuni esponenti politici e potenziali investitori. Inoltre, si apprende, tale soluzione, poiché potenzialmente diluitiva di Edizione in Aspi stessa, potrebbe avere il gradimento tra chi, nella dinastia, ha maturato la convinzione che non sia più opportuno continuare a presidiare il business dei pedaggi . Per ora si tratta di un'opzione, ma in certi ambienti se ne parla. Perché il piano, seppur non nell'immediato, potrebbe creare le condizioni per centrare tre obiettivi: avviare una riorganizzazione che crei una holding pura, Atlantia, separata dal destino della concessione (e dal suo debito); agevolare in prospettiva l'uscita del ramo di Luciano Benetton, scettico da tempo sulla reale convenienza a preservare il controllo di un asset, come Autostrade per l'Italia, sempre più complesso da gestire; e infine, disegnare un nuovo assetto in Autostrade per l'Italia dove potrebbero fare il loro ingresso investitori come F2i o Cdp dando vita, così, a una sorta di concessione condivisa. In che misura e in che tempi tale opzione potrà essere concretamente vagliata è ancora tutto da capire. Ma che il dossier possa rientrare su un tavolo più ampio, seppur non ancora avviato, di negoziato complessivo con la politica, secondo alcuni osservatori è assai probabile. Edizione, interpellata sull'opzione di scissione di Aspi da Atlantia, non ha rilasciato commenti.

Nuovo assetto della governance
Nell'immediato la priorità è rappresentata dalla sistemazione del dossier Aspi. Gianni Mion, che resterà alla guida della holding fino a giugno, salvo allungamento del mandato, e che gode della massima fiducia dell'intera dinastia di Ponzano Veneto, è al lavoro per definire in tempi rapidi la complicata vicenda della concessione. E lo sta facendo esponendosi in prima linea insieme all'azionista Benetton nel nuovo corso di Atlantia. In questa direzione sono da leggere prima l'ingresso di esponenti di tre rami famigliari nel consiglio di amministrazione della holding e di sue controllate e poi la scelt di affidare a Carlo Bertazzo, storico manager della dinastia di Ponzano Veneto, la guida di Atlantia. Un importante riassetto manageriale che mira a ricostruire una credibilità messa a dura prova dagli eventi di Genova e dalle intercettazioni emerse sull'operato della squadra dell'ex ceo Giovanni Castellucci, e che al momento è ancora incompleto. Manca la nomina di un ceo concentrato sulle attività estere di Atlantia, su cui la ricerca è in corso, e nello stesso tempo alla presidenza, attualmente ricoperta da Fabio Cerchiai, secondo alcune fonti si prospetta un cambiamento in tempi ancora da definire.

L'ipotesi dello spin off di Aspi
In un contesto in piena evoluzione, la famiglia, Gianni Mion e il vertice di Atlantia ed Aspi stanno esaminando tutte le possibili opzioni. Alla fine dello scorso anno, il tavolo della trattativa aperto in via informale con il governo sembrava ben avviato con un pacchetto complessivo che contemplava una transazione cash rilevante in termini economici e l'impegno a procedere con un piano di investimenti massiccio sulle infrastrutture. Lo schema prevedeva 1,5 miliardi, divisi fra transazione cash (750 milioni) e agevolazioni a Genova (750 milioni), oltre alla costruzione del nuovo ponte e a importanti interventi sulle autostrade. Quel tavolo di confronto non è andato avanti e ora si sta lavorando per altre soluzioni. Aspi ha appena comunicato un nuovo piano operativo che prevede 7,5 miliardi di investimenti programmati al 2023, di cui 3,3 miliardi che non saranno spesati in tariffa. Di questi 1,6 miliardi sono relativi alle spese di manutenzione aggiuntiva previste dalla compagnia e 1,7 miliardi riguardano invece vecchi interventi sulla rete relativi a un accordo che risale al '97. Per ora l'azienda ha messo sul piatto queste iniziative che, evidentemente, saranno poi affiancate da altri impegni che saranno negoziati con gli esponenti governativi. In questo quadro potrebbe inserirsi secondo alcune fonti un passaggio finanziario, finalizzato a portare direttamente Aspi sotto Edizione attraverso quello spin off studiato a fine corsa dallo stesso Castellucci. In questo modo la scissione, evidentemente da attuare nel giro di un anno almeno, porterebbe fuori da Atlantia l'asset, e anche una parte importante del debito, pari a 10,8 miliardi su 38 miliardi complessivi. Per quella fetta Atlantia resterebbe comunque in parte coobbligata: come riportato da Il Sole24 Ore del 15 gennaio, la holding risponde per 5,5 miliardi, di cui 3,8 miliardi si riferiscono a prestiti obbligazionari e 2,1 miliardi sono inerenti a finanziamenti principalmente verso Cdp e Bei. Quella stessa Cdp che - direttamente o indirettamente attraverso F2i, di cui è il socio di controllo - potrebbe a quel punto entrare in Aspi, magari convertendo quel debito in essere, andando così ad affiancare una Edizione il cui ruolo sulle autostrade potrebbe in futuro essere ripensato o quantomeno ridimensionato.

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