Appalti

Ritenute sugli appalti/1. Le imprese chiedono il rinvio dell'entrata in vigore

di Giuseppe Latour

Un onere di difficile gestione, che si sta per abbattere su molte grandi imprese e committenti legati all'esternazionalizzazione dei servizi. E che, nell'ultima versione, è stato definito a meno di due settimane dall'entrata in vigore, il 1°gennaio. È questa la sostanza della contestatissima stretta sulle ritenute fiscali in materia di appalti pubblici e privati, diventata di fatto legge con l'approvazione dell'articolo 4 della conversione del decreto fiscale (Dl 124/2019). Anche l'ultima versione della norma, attesa in Gazzetta ufficiale il 24 dicembre, lascia intatti molti dei problemi denunciati nelle scorse settimane. Così, adesso, le imprese chiedono un rinvio lampo da inserire nel Milleproroghe e una fase transitoria regolata in maniera differente.Il meccanismo originario dell'articolo 4 prevedeva, in materia di ritenute fiscali, che il committente sostituisse le imprese appaltatrici, con l'obiettivo di contrastare l'evasione. Nel corso dell'esame in Parlamento, il decreto è passato a un sistema di controllo da parte del committente sulla correttezza dei versamenti operati dai suoi fornitori. Un meccanismo ristretto ai contratti con valore superiore ai 200mila euro, caratterizzati dal prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente, con l'utilizzo dei suoi beni strumentali.

Questa definizione tiene dentro molti servizi esternalizzati. Anche se va detto che la norma si presta a interpretazioni divergenti, nel suo perimetro rientra tutto il mondo dei servizi di pulizia, di portierato, ma anche dei servizi informatici e di consulenza aziendale, svolti presso la sede del committente. Sembra, invece, fuori la somministrazione, perché ha come oggetto esclusivo (e non prevalente) la fornitura di manodopera. In questi settori, l'obiettivo del Governo, dichiarato nella relazione tecnica che accompagna il decreto, è «contrastare l'illecita somministrazione di manodopera, in quanto attraverso la costituzione di false cooperative e false imprese, i soggetti coinvolti nelle frodi evitano di assumere manodopera interna, delegando il reperimento delle risorse a finte società affidatarie che aggirano le norme contrattuali, evadono l'Iva e non procedono al versamento delle ritenute». Ai nuovi obblighi restano collegati adempimenti parecchio gravosi e sanzioni: i committenti dovranno, cioè, gestire un complesso flusso informativo verso le imprese con cui lavorano. E questi adempimenti sono ancora più difficili da governare, dal momento che andranno applicati tra pochi giorni a contratti in essere, con la pausa natalizia in arrivo.

Così, ascoltando le imprese, in queste ore arriva da più parti la richiesta di rinviare la novità, in assenza di una correzione di rotta. «Tenuto conto - spiega una nota di analisi del decreto di Confindustria - che restano in capo alle imprese obblighi di comunicazione che imporranno un adeguamento significativo dei processi gestionali», sarebbe stato opportuno rinviare «l'entrata in vigore delle nuove disposizioni al secondo semestre del 2020, con applicazione solo ai nuovi contratti stipulati a decorrere dal prossimo primo gennaio 2020». Anche dai costruttori dell'Ance arriva la stessa richiesta di «rinviare la novità e di applicarla solo ai nuovi contratti, anche perché il sistema degli F24 separati per singolo cantiere sarà di fatto inapplicabile». Su una linea simile, Francesco Quattrone, direttore Lavoro e relazioni sindacali di Federdistribuzione, sottolinea che «l'impianto della norma è rimasto complicato nonostante ci siano stati degli alleggerimenti». La conversione del Dl fiscale è stata «un'occasione persa per differire il via a una norma che desta complicazioni per le imprese, ancor più sentite da realtà di grandi dimensioni come quelle del mondo del retail».

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