Appalti

Contro mafia e corruzione operativi 30 agenti infiltrati

di Marco Ludovico

C'è una rivoluzione silenziosa in corso nel sistema investigativo della Polizia di Stato. Revisione strategica degli assetti delle squadre mobili. Del ruolo delle questure con le procure della repubblica. Dello Sco, servizio centrale operativo, e dello Sca, servizio centrale anticrimine, incardinati alla Dac, la direzione centrale anticrimine del dipartimento di Pubblica sicurezza guidato dal prefetto Franco Gabrielli, fautore di questo nuovo disegno operativo.«Una proiezione più mirata al contrasto della criminalità organizzata nella sua natura attuale: multiforme, ancora militarizzata ma sotto mentite spoglie e soprattutto specializzata negli affari illeciti, nazionali e internazionali» osserva Francesco Messina, numero uno della Dac dal marzo scorso. Dopo i corsi ufficiali sono già operativi i primi trenta poliziotti sotto copertura: a Roma, Milano, Napoli e Palermo.

«I reati spia di attività mafiose sono spesso la corruzione, per esempio, magari in uffici pubblici», ricorda il dirigente. Altre decine di agenti infiltrati si aggiungeranno ai primi trenta dopo i prossimi corsi alla scuola di Caserta della Polizia di Stato.Ma c'è un'altra novità finora inedita: i poliziotti «patrimonialisti». Si tratta di agenti in grado «di leggere i bilanci, conoscere il diritto societario, saper verificare conferimenti infruttiferi o controllare polizze fideiussorie sospette». Le tecniche di pedinamento non si dimenticano, ma non bastano più. I nuovi poliziotti «patrimonialisti» sono già 180 e ogni anno ne arriveranno altri. Un «investimento ormai imprescindibile per la caratura professionale dei nostri agenti», sottolinea il direttore della Dac. La scommessa investigativa più grande, però, si fonda su una manovra a tenaglia contro i patrimoni mafiosi: ha le basi per essere micidiale. Punta, infatti, sulla convergenza tra l'esercizio dei poteri di proposta di misure di prevenzione in capo ai questori e l'attività di indagine giudiziaria.

La prima procedura viene seguita dallo Sca diretto da Giuseppe Linares; la seconda dallo Sco guidato da Fausto Lamparelli. Una volta i procedimenti dei due tipi erano quasi sempre indipendenti e sfasati. Ora gli scambi informativi tra Sco e Sca sono continui, a volte frenetici.Tra poco arriveranno risultati ufficiali «notevoli, frutto di un lavoro di squadra», sottolinea Messina. Il potere di proposta di misure di prevenzione spetta solo ai questori, al direttore della Dia, ai procuratori distrettuali e al procuratore nazionale antimafia. Ci sono poi le misure patrimoniali in esecuzione di azione penale, disposte dall'autorità giudiziaria e fatte dalla Guardia di Finanza, l'Arma dei Carabinieri e la Polizia di Stato.Negli ultimi tempi sulle misure di prevenzione si sta consolidando una nuova procedura: la «proposta congiunta» del questore e del procuratore distrettuale antimafia. Rinnova e rafforza l'intesa tra autorità di pubblica sicurezza e quella giudiziaria non sempre, in passato, così solida e affiatata. Francesco Messina e la sua Dac potranno disporre a breve anche di un altro strumento di alta investigazione: le Sisco.

«Sono le nuove 26 sezioni specializzate della Polizia di Stato in materia di contrasto alla criminalità mafiosa costituite presso le Dda», sottolinea il dirigente.Presso le questure restano le sezioni di criminalità organizzata mentre le Sisco, organismi nati con il recente riordino del dipartimento Ps approvato in Consiglio dei ministri su proposta del ministro dell'Interno Luciana Lamorgese «costituiscono uno strumento di alta specializzazione investigativa e hanno il coordinamento operativo dello Sco». L'attività per le misure di prevenzione, intanto, è in crescita continua. Dal 2018 al 2019 i sequestri su proposta del questore sono passati da 35 a 54 e le confische da 18 a 24. Negli ultimi 18 mesi 50 questure su 105, una su due, sono state operative su questo fronte. Nel biennio 2016-2017 erano soltanto 14.

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