Appalti

Appalti, illegittimo il prezzo a base d'asta identico a quello di una omologa gara precedente

di Dario Immordino

Ai fini della determinazione della base d'asta la stazione appaltante non può utilizzare sic et simpliciter l'importo di una gara indetta diversi anni prima, giacché il decorso di un apprezzabile lasso di tempo comporta l'inevitabile mutare dei fattori che condizionano gli elementi fondamentali della procedura. La pur ampia discrezionalità di cui gode l'Amministrazione, infatti, non può risolversi in arbitrarietà e deve essere esercitata secondo i canoni della logicità e della ragionevolezza. Di conseguenza, nella determinazione della base d'asta, la stazione appaltante deve necessariamente tener conto del fatto che la diversità delle condizioni economico generali, l'andamento dell'inflazione, l'evoluzione normativa e gli altri inevitabili mutamenti del contesto sociale economico e giuridico di riferimento costituiscono indubbiamente fattori in grado di modificare il prezzo dei beni, servizi attività oggetto di affidamento e le scelte degli operatori economici.

Considerato che la disciplina degli appalti pubblici risulta finalizzata all'acquisizione di beni, servizi, attività o alla realizzazione di opere alle migliori condizioni possibili ed all'accertamento della reale ed effettiva capacità dei concorrenti di garantire gli standard qualitativi e quantitativi stabiliti dalla stazione appaltante, è giocoforza ritenere che il prezzo da considerare come base d'asta debba essere determinato cercando di quantificare, nel modo più preciso e appropriato possibile, il costo di approvvigionamento dei quantitativi richiesti, e gli oneri relativi ai servizi, alle attività alle opere indicate dalla disciplina di gara. In ragione di ciò la pedissequa riproposizione dell'importo posto a base di gara di una precedente procedura deve ritenersi illegittima, non essendo ragionevole fissare un valore economico, qual è la base d'asta, senza svolgere un'adeguata attività istruttoria volta ad accertare la effettiva rilevanza ed incidenza su quel valore economico dei prezzi dei prodotti da fornire.

Lo ha rilevato il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8088/2019 (V sezione, pubblicata il 27 novembre scorso), sull'assunto che il semplice intervallo di tempo tra le due procedure di gara e l'applicazione in quella "nuova" di requisiti non richiesti nella precedente, quale i criteri minimi ambientali, «costituiscono di per sé elementi idonei a ritenere, secondo l'id quod plerumque accidit, non congruo il prezzo a base d'asta, sostanzialmente confermativo ….. ciò anche nella prospettiva dell'operatore economico che nell'apprezzamento della rimuneratività del prezzo a base d'asta tiene conto normalmente della necessità di coprire i costi del servizio e di conseguire un utile dalla propria attività di impresa, coerentemente con le tipiche delle dinamiche di un mercato in regime di concorrenza». In ogni caso la scelta di confermare, anche per la nuova procedura di gara, la base d'asta indicata nella precedente gara dovrebbe in ogni caso essere sorretta da adeguate e convincenti giustificazioni, mentre non può ritenersi sufficiente che la stazione appaltante si sia limitata «a verificare la pretesa congruità anche per la nuova gara di quello stesso valore posto a base d'asta della precedente gara del 2013, sulla base di elementi sostanzialmente non omogenei sotto una pluralità di aspetti».

Ciò posto la sentenza precisa altresì che la previsione della lex specialis che indichi un prezzo a base d'asta identico a quello della identica gara precedentemente bandita integra le caratteristiche della clausola immediatamente escludente, impugnabile, come tale anche dagli operatori economici che non abbiano presentato domanda di partecipazione alla procedura, giacché rientra a pieno titolo tra le c.d. clausole escludenti, che impedire in modo macroscopico ovvero di rendere estremamente ed inutilmente difficoltoso ad un operatore economico di formulare un'offerta corretta, adeguata e consapevole.

La pronuncia del Consiglio di Stato

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