Appalti

Venezia, servono cento milioni per la sicurezza della città

di Jacopo Giliberto

Venezia, dieci giorni dopo l’alta marea devastante di 187 centimetri, la peggiore da 50 anni. La città sprofonda e in 129 anni il mare è salito di 30 centimetri, di cui metà è abbassamento del suolo e metà è innalzamento continuo del mare misurato dal 1890: l’Adriatico sale (ma da alcuni anni ridiscende) ma non è il cambiamento climatico di cui scrivono gli allarmisti della catastrofe al trancio. E quando si faceva la manutenzione della città, quando si dragava dai canali della città e dai rii la mota che intasa il fondo, quando si rialzavano le rive minacciate dall’acqua alta, quando si restauravano le fondazioni ammalorate delle case e delle rive e si raggiustavano le palade di legno sommerse sotto le fondamenta, per la salvaguardia di Venezia si spendevano 100 milioni l’anno di finanziamenti pubblici. Oggi, zero. Cento milioni è la spesa che oggi servirebbe per salvare la città più sognata del mondo, al netto del Mose.

La spesa che non c’è

Da una quindicina d’anni la spesa per la salvaguardia di Venezia si limita (in pratica) al solo Mose e poco più. Il motivo è che i programmi previsti dalle leggi sulla salvaguardia della città approvate dopo l’alluvione catastrofica del 4 novembre ’66 non vengono più decisi dal Parlamento tramite il rifinanziamento annuale. Da una quindicina di anni il progetto Mose gestito dal Consorzio Venezia Nuova, uscito dalla Salvaguardia ed entrato nella Legge Obiettivo, è passato sotto la gestione diretta del Governo attraverso le sue articolazioni, come il Cipe. E il resto dell’intera salvaguardia prevista dalla legge è uscita dal radiogoniometro dei rifinanziamenti. È limitatissimo così il finanziamento a Insula, la Spa in-house del Comune che svolge la manutenzione della città.

Lavori al 70%

Il progetto Mose nel suo complesso si divideva in più elementi: oltre alle dighe mobili contro le maree alte più di 110 centimetri, c’erano difese passive per le acque alte meno disastrose; la vivificazione urbana, anche inducendo i privati non emigrare aiutandoli a gestire la difficile manutenzione di una città costosissima; la manutenzione delle fondazioni di legno delle case e delle rive; la lotta contro le onde dei battelli più arroganti che scalzano dal bagnasciuga delle case le pietre, i pali di sostegno confitti nel suolo e i mattoni.

È sospesa ormai l’asciutta per la pulizia periodica dei fondali dei rii interni. Insula Spa ha dragato circa 340mila metri cubi di fanghi ormai sempre più difficili da smaltire finché manca una legge più moderna. È un’attività che non dà beneficio contro l’acqua alta ma consente di rifare quelle fondazioni ammalorate che rischiano di far crollare le sponde.

Il lavoro di rialzo delle rive contro le maree meno impetuose era stato completato al 70% però mancano alcune aree pregiatissime e difficili, come la piazza San Marco. «Abbiamo completato i primi interventi più urgenti a tutela della basilica, ma sono limitati e provvisori», osserva Piepaolo Campostrini, presidente del consorzio interuniversitario Corila di ricerca per la salvaguardia di Venezia.

Il mare si alza

L’innalzamento del mare e lo sprofondamento di Venezia non sono fenomeni nuovi. Gli ingegneri dei secoli scorsi asserivano che «il terreno cala di once 8 ogni cent’anni», cioè 22,6 centimetri, oppure di «un piede veneto al secolo» (34 centimetri); nel ’500 lo scienziato Cristoforo Sabbadino stimò che l’abbassamento era di tre quarti di piede, 25,5 centimetri. Era normale rialzare pavimenti e selciati.

A Venezia si sommano due fenomeni. Il rassodarsi del suolo cedevole, che scende (subsidenza), e l’alzarsi dell’Adriatico (eustatismo). Dal 1897 Venezia è sprofondata di circa 30 centimetri, ma 9 anni fa la città era assai più allagata di oggi con un mare salito a 40,1 centimetri.

Quanta parte è dovuta all’alzarsi del mare e quanta invece allo sprofondare del suolo cedevole? Per capirlo è stato fatto il confronto con Trieste che, posata su solida roccia calcarea, sente solamente l’alzarsi dell’Adriatico ma non il compattarsi del suolo. L’abbassamento del terreno su cui poggia Venezia è stato di una quindicina di centimetri dal 1890, di cui gran parte è avvenuto fra gli anni ’30 e gli anni ’70 quando l’industria di Marghera estraeva acqua dalle falde sotterranee più superficiali e accelerava il rassodarsi del terreno. Oggi la subsidenza generata dall’uomo è ferma.

E i cambiamenti climatici? L’innalzamento del mare di Venezia c’è, è forte, continua con gradualità e senza sosta da secoli e dal 1890 a oggi è attorno a una quindicina di centimetri ma non è quello che suscita l’allarme attuale, che si sta ancora cercando di misurare: al contrario, negli ultimi 10 anni l’Adriatico è sceso a Venezia e a Trieste di circa un decimetro.

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