Appalti

Appalti, il gestore uscente non può mai reclamare un diritto alla proroga

di Roberto Mangani

A fronte dell'esecuzione anticipata del contratto disposta dall'ente appaltante in via d'urgenza non è configurabile alcun interesse giuridicamente tutelato in capo al contraente uscente. In particolare quest'ultimo non è titolare di alcun interesse legittimo ad una eventuale proroga tecnica del contratto in essere, considerato che a fronte della mancata stipulazione di un nuovo contratto la suddetta proroga non costituirebbe comunque una conseguenza immediata e diretta.
In ogni caso non sussiste alcun diritto del contraente uscente alla proroga tecnica del contratto in essere, che non costituisce in alcun modo un'opzione che l'ente appaltante deve perseguire prioritariamente rispetto all'esecuzione anticipata del nuovo contratto.

Sono queste le affermazioni principali contenute nella sentenza del Tar Lazio, Sez. II, 7 ottobre 2019, n. 11594, che oltre che sull'aspetto indicato contiene spunti di interesse anche in relazione alla così detta clausola sociale e alle modalità di applicazione della stessa.

Il fatto
Un ente appaltante aveva bandito una gara per l'affidamento del servizio di segretariato sociale e di prossimità – punto unico di accesso, considerato un servizio essenziale ai fini del perseguimento delle finalità istituzionali del medesimo ente.
Alla gara avevano partecipato due concorrenti: un raggruppamento temporaneo in cui la mandataria era il gestore uscente ed un altro raggruppamento temporaneo da costituire.
A seguito dell'esame delle offerte tecniche ed economiche veniva individuato come soggetto aggiudicatario il raggruppamento temporaneo cui non partecipava il gestore uscente. L'aggiudicazione veniva confermata anche a valle dell'espletamento del procedimento di verifica dell'anomalia.

Una volta resa definitiva l'aggiudicazione l'ente appaltante, sul presupposto che si trattava di servizio essenziale per il quale era assolutamente necessario salvaguardare la continuità, procedeva, nelle more degli accertamenti relativi ai requisiti antimafia e ad altri controlli soggettivi, all'esecuzione anticipata del contratto in via d'urgenza ai sensi dell'articolo 32, comma 8 del D.lgs. 50/2016.

Quest'ultima disposizione stabilisce che si può far luogo all'esecuzione anticipata del contratto in via d'urgenza in una serie di ipotesi. Tra queste sono ricompresi i casi in cui la mancata esecuzione immediata delle prestazioni contrattuali determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico, ipotesi che l'ente appaltante ha ritenuto ricorresse nel caso di specie proprio in virtù della natura di servizio essenziale propria del servizio oggetto di affidamento.
Questo modo di procedere è stato censurato dall'altro raggruppamento concorrente, in cui il mandatario era il gestore uscente, che ha ritenuto illegittimo il ricorso all'esecuzione anticipata del contratto.
Inoltre il ricorrente ha mosso anche un'altra censura relativa alla presunta violazione da parte dell'aggiudicatario delle previsioni in materia di clausola sociale.

L'esecuzione anticipata del contratto
A fronte della censura mossa dal ricorrente sotto questo profilo il giudice amministrativo ha evidenziato in via preliminare che la questione sollevata riguarda in realtà un profilo relativo all'esecuzione del contratto, che si colloca temporalmente e logicamente in una fase successiva e diversa rispetto alla fase di scelta del contraente.
Ne consegue che la verifica sulle modalità di esecuzione iniziale del contratto non potrebbe avere alcun riflesso sul provvedimento di aggiudicazione definitiva, non venendo ad operare sulla regolarità del procedimento di scelta del contraente.

In ogni caso il ricorrente non potrebbe far valere la sua posizione di gestore uscente, cioè di titolare del precedente contratto, per rivendicare il diritto a una proroga tecnica di quest'ultimo. La suddetta posizione, infatti, non dà luogo a un interesse legittimo giuridicamente tutelabile, ma a un mero interesse di fatto, come tale privo di tutela.
Ciò in quanto la proroga tecnica del precedente contratto non si può considerare come la conseguenza diretta e automatica della mancata stipula ed esecuzione del nuovo contratto, non costituendo il risultato ineludibile dell'eventuale annullamento dell'esecuzione anticipata.

Ma soprattutto – e questa è l'affermazione più significativa operata sul punto – la proroga tecnica non può in alcun modo essere considerata un diritto del contraente uscente, né vi è alcuna norma o principio da cui si possa dedurre un obbligo dell'ente appaltante di valutare questa opzione come preferibile rispetto all'esecuzione anticipata in via d'urgenza.

Tutto ciò considerato si deve ritenere pienamente legittimo il provvedimento con cui l'ente appaltante ha disposto tale esecuzione anticipata, posto che sono state adeguatamente motivate le relative ragioni inerenti il grave danno all'interesse pubblico conseguente all'interruzione di un servizio considerato essenziale.

La clausola sociale
Nell'ambito delle censure mosse il ricorrente ha sottolineato che l'aggiudicatario, dando coerente e piena applicazione alla clausola sociale, avrebbe dovuto assumere tutti i lavoratori che facevano capo al precedente gestore. Qualora l'aggiudicatario avesse operato in questo senso la sua offerta sarebbe risultata insostenibile, con l'ulteriore effetto di dimostrare che la formulazione della stessa, proprio in quanto non teneva conto della suddetta circostanza, era da ritenersi inattendibile.

A fronte di questa censura il giudice amministrativo ricorda in primo luogo che la clausola contenuta nello schema di contratto allegato ai documenti di gara stabiliva che al fine di garantire il livello occupazionale l'aggiudicatario si impegnava ad assorbire e utilizzare prioritariamente il personale già impiegato dal precedente affidatario. Veniva tuttavia indicato un importante limite secondo cui l'assorbimento di detto personale era subordinato alla compatibilità e all'armonizzazione con l'organizzazione d'impresa dell'aggiudicatario.

Questa clausola e in particolare il limite indicato apparivano peraltro in linea con gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza prevalente secondo cui la clausola sociale deve essere interpretata e applicata in conformità ai principi nazionali e comunitari posti a tutela della concorrenza e della libertà di iniziativa imprenditoriale.
In particolare una rigida applicazione della clausola sociale volta ad imporre l'assorbimento indiscriminato del personale in forza al precedente contraente violerebbe la libertà di iniziativa economica privata garantita dall'articolo 41 della Costituzione, incidendo in maniera profonda sull'autonomia imprenditoriale relativa all'organizzazione dei fattori della produzione.

Tale autonomia imprenditoriale caratterizza in maniera ineludibile il contratto di appalto, con la conseguenza che, proprio per non snaturare le caratteristiche dello stesso, l'obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze del contraente uscente deve essere armonizzato e reso compatibile con l'organizzazione imprenditoriale prescelta dal nuovo aggiudicatario.

Sempre la giurisprudenza ha sottolineato che i lavoratori che non trovano spazio nell'organigramma del contraente subentrante e che non vengono impiegati dal contraente uscente in altre commesse sono comunque destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali.

Alla luce di tutte le considerazioni esposte il giudice amministrativo conclude nel senso che la clausola sociale, interpretata alla luce dei principi costituzionali e comunitari, non comporta per il contraente subentrante alcun obbligo di assumere a tempo indeterminato e in via automatica e generalizzata tutto il personale giù impiegato dal precedente contraente.
La valutazione del personale impiegato. Strettamente correlata all'interpretazione della clausola sociale è l'ulteriore censura mossa dal ricorrente relativa alla ritenuta illogicità e irragionevolezza del criterio di aggiudicazione nella parte in cui ha assunto quale elemento di valutazione dell'offerta tecnica la valutazione del personale impiegato. Infatti, la presenza della clausola sociale renderebbe nei fatti impossibile l'effettivo impiego del personale indicato nell'offerta tecnica, se non in via del tutto residuale.

In realtà questa censura viene superata nel momento in cui si accoglie un'interpretazione riduttiva della clausola sociale, ed anzi rafforza la bontà di tale interpretazione. Se infatti non vi è un obbligo assoluto e generalizzato del nuovo contraente di impiegare il personale del contraente uscente, si creano le condizioni per cui l'ente appaltante può discrezionalmente valutare la qualità del personale indicato da ciascun concorrente ai fini di verificare il livello qualitativo delle prestazioni offerte.

La sentenza del Tar

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