Appalti

Migliorie (ammesse) e varianti (bocciate): la differenza spiegata dal Consiglio di Stato

di Dario Immordino

Nell'ambito delle gare d'appalto da aggiudicarsi attraverso il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa le soluzioni migliorative del progetto posto a base di gara si differenziano dalle varianti perché si configurano come integrazioni, precisazioni e migliorie che lo rendono meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali dell'opera da realizzare e delle prestazioni richieste. Le varianti, invece, si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, ammissibili solo se il bando di gara ne autorizza l'esperibilità ed individua i limiti ed i requisiti minimi di ammissibilità, e se la stazione appaltante verifica espressamente che l'opera proposta dal concorrente, pur costituendo un aliud rispetto a quella prefigurata dalla Pubblica Amministrazione, che rientra tuttavia nei limiti individuati dalla legge di gara.

Lo ha rilevato la sentenza n. 6793/2019 del Consiglio di Stato, con la quale viene precisato che le proposte migliorative consistono in soluzioni tecniche che investono singole lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell'opera che il bando di gara lascia aperti a diverse soluzioni, e si traducono in modifiche che non incidono sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia del progetto a base di gara. Di conseguenza la valutazione delle offerte tecniche migliorate attraverso tali integrazioni e della efficienza e rispondenza delle soluzioni migliorative alle esigenze della stazione appaltante costituisce espressione di un'ampia discrezionalità tecnica, motivo per cui le valutazioni ed i punteggi attribuiti dalla commissione non possono essere sindacati nel merito da parte del Giudice amministrativo, ove non inficiate da macroscopici errori di fatto, da illogicità o da irragionevolezza manifesta (Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 2018, n. 2853, Cons. Stato, sez. III, 7 marzo 2014, n. 1072; 14 novembre 2017, n. 5258).

Il confine tra le proposte migliorative che i concorrenti possono avanzare senza necessità di autorizzazione della stazione appaltante e le varianti che richiedono un iter formale che non può prescindere dalla previa autorizzazione nella legge di gara e dall'assenso del committente viene pertanto identificato nella alterazione delle caratteristiche strutturali del progetto tecnico posto a base di gara.

Le proposte migliorative costituiscono, infatti, una evoluzione delle opere o delle prestazioni individuate dalla lex specialis, finalizzata a renderle più aderenti alle esigenze della stazione appaltante, attraverso la specificazione di alcuni aspetti tecnici che non ne modificano la consistenza funzionale e le caratteristiche strutturali. Trattandosi di modifiche "interne" al progetto originario che ne determinano lo sviluppo delle caratteristiche essenziali, le proposte migliorative non ne alterano la rispondenza all'interesse pubblico, e non comportano alcuna alterazione dell'equilibrio concorrenziale, e pertanto non è necessario che su tali modifiche venga conseguito l'assenso del committente.

Al contrario le varianti modificano le caratteristiche strutturali dell'opera prefigurata dal bando di gara ed alterano l'assetto competitivo tra i concorrenti, e pertanto si rivela indispensabile che la stazione appaltante ne valuti espressamente la rispondenza all'interesse pubblico e il rispetto della par condicio tra i partecipanti.

Il Collegio precisa inoltre che la circostanza che per la realizzazione della proposta migliorativa sia eventualmente necessario il rilascio del permesso di costruire e una nuova validazione del progetto da realizzare non costituiscono elementi idonei a qualificarla come variante essenziale, inammissibile, piuttosto che offerta migliorativa.

Ciò perché si tratta di titoli che, pure ammettendone la necessità, riguardano la conformità ai vigenti strumenti di pianificazione, o l'appaltabilità di un progetto di opera pubblica, e come tali non costituiscono strumenti di per sé idonei a verificare se la modifica al progetto posto a base di una gara proposta dai concorrenti ne determini uno stravolgimento essenziale dal punto di vista funzionale o strutturale (così Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 2018).

La sentenza del Consiglio di Stato

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