Appalti

Gare, non si può sanare in corsa il mancato impegno a rilasciare la cauzione: il punto su garanzie e avvalimento

di Roberto Mangani

La mancanza della dichiarazione di impegno da parte di un garante a rilasciare la fideiussione relativa alla cauzione definitiva in caso di aggiudicazione non può essere sanata ricorrendo al soccorso istruttorio. Pertanto in mancanza di questa dichiarazione, esplicitamente prevista dall'articolo 93, comma 8 del D.lgs. 50/2016, la relativa offerta deve essere esclusa dalla gara.

È questo il principio affermato dal Tar Campania, Sez. VII, 30 settembre 2019, n. 4641, che contiene anche altre significative affermazioni in tema di decorrenza dei termini di impugnazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione, di modalità di costituzione della garanzia e di avvalimento.

Il fatto
Un ente appaltante aveva bandito una procedura aperta per la concessione in locazione di alcuni spazi siti nel locale Palazzo di giustizia. A fronte dell'intervenuta aggiudicazione il secondo classificato nella graduatoria proponeva ricorso davanti al giudice amministrativo.
Tra le diverse censure mosse assumeva un ruolo centrale quella volta a contestare il comportamento dell'ente appaltante che, a fronte della mancanza della dichiarazione da parte di un garante dell'impegno di rilasciare la fideiussione relativa alla cauzione definitiva in caso di aggiudicazione della gara, aveva consentito al futuro aggiudicatario di sanare questa carenza ricorrendo al soccorso istruttorio.
Veniva inoltre contestato che l'aggiudicatario era ricorso all'avvalimento in palese violazione di una previsione del disciplinare di gara che esplicitamente vietava l'utilizzo dell'istituto.

Il termine per ricorrere
La prima questione affrontata dal Tar Campania è di natura procedurale.
L'aggiudicataria aveva infatti eccepito la tardività del ricorso per mancato rispetto del termine decadenziale previsto dall'articolo 120, comma 2 – bis del codice del processo amministrativo, secondo cui i provvedimenti di ammissione e di esclusione vanno impugnati entro trenta giorni dalla loro pubblicazione sul profilo del committente.
Secondo l'eccezione sollevata, pur in mancanza di tale pubblicazione il termine decorrerebbe dal momento in cui il concorrente ha avuto piena consapevolezza delle determinazioni assunte dall'ente appaltante in ordine all'ammissione degli altri concorrenti, cosa che nel caso di specie sarebbe avvenuta con la trasmissione del verbale recante la graduatoria finale delle offerte.

Questa prospettazione è stata respinta dal giudice amministrativo. La pronuncia ricorda in primo luogo come la norma è chiara nell'ancorare la decorrenza del termine alla pubblicazione delle ammissioni e delle esclusioni sul profilo del committente, non potendo considerarsi equipollente la trasmissione del verbale di gara ai concorrenti.
Ed anzi aggiunge che alla luce delle recente sentenza della Corte di giustizia Ue del 14 febbraio 2019, C – 54- 18, è necessario che ai fini della decorrenza del termine di trenta giorni i provvedimenti di ammissione e di esclusione siano accompagnati da una relazione contenente i relativi motivi, così da mettere i soggetti interessati nelle condizioni di valutare con cognizione di causa le eventuali violazioni delle norme nazionali e comunitarie.

Ma a queste considerazioni il giudice ammnistrativo ne aggiunge un'altra per alcuni aspetti ancora più rilevante. Evidenzia infatti che l'onere di tempestiva impugnazione non può sorgere in relazione alla comunicazione di una graduatoria in cui il ricorrente era soltanto quarto, essendo palese la carenza di interesse che esso ha in questa fase della procedura. Coerentemente il termine di trenta giorni decorre solo dal momento in cui – a seguito della rinuncia dei primi due classificati nell'originaria graduatoria – l'ente appaltante abbia comunicato l'aggiudicazione a favore del terzo classificato, rispetto alla quale il ricorrente (divenuto secondo classificato) viene a maturare un interesse immediato e diretto a vedere riconosciute le sue ragioni, anche attraverso il ricorso giurisdizionale.

L'impegno a rilasciare fideiussione relativa alla garanzia definitiva
Questo aspetto rappresenta il nucleo centrale della pronuncia. Il disciplinare di gara, coerentemente alla previsione dell'articolo 93, comma 8 del D.lgs. 50/2016, stabiliva che i concorrenti alla gara dovevano presentare una dichiarazione di un istituto bancario o assicurativo contenente l'impegno verso il concorrente a rilasciare, qualora lo stesso fosse risultato aggiudicatario, una garanzia fideiussoria relativa alla cauzione definitiva in favore della stazione appaltante.

Il concorrente risultato aggiudicatario non aveva in realtà presentato tale dichiarazione; la commissione di gara, a fronte di questa carenza, consentiva il ricorso al soccorso istruttorio per sanare la mancanza riscontrata.

Il ricorrente ha contestato il comportamento dell'ente appaltante, ritenendo che nel caso di specie non ricorressero i presupposti per l'attivazione del soccorso istruttorio e il giudice amministrativo ha accolto questo motivo di censura.

Nella pronuncia viene ricordato come il disciplinare di gara – in piena aderenza alla disposizione di cui all'articolo 83, comma 9 – prevedesse che la mancanza, l'incompletezza e ogni altra irregolarità delle attestazioni, dichiarazioni ed elementi da presentare in sede di offerta potessero essere sanate a condizione che i requisiti dichiarati fossero sussistenti al momento della presentazione della domanda. Ed è proprio quest'ultima condizione che non ricorreva nel caso di specie.

Infatti non si trattava di un requisito già posseduto ancorché non regolarmente dimostrato, bensì della mancanza di una manifestazione di volontà che, una volta decorso il termine di presentazione dell'offerta, deve ritenersi irrimediabilmente tardiva, dovendo necessariamente comportare l'esclusione dalla gara.

D'altra parte la dichiarazione di impegno a rilasciare la garanzia definitiva deve sussistere a prescindere dalle modalità con cui è stata costituita la cauzione provvisoria. Non può quindi essere accolta la tesi secondo cui tale impegno sussisterebbe solo nel caso in cui la cauzione provvisoria sia rilasciata mediante fideiussione ma non, ad esempio, quando tale cauzione sia rilasciata in contanti, non trovando tale tesi alcun riscontro nella corrispondente norma legislativa.

In sostanza la posizione accolta dal giudice amministrativo è che l'impegno a rilasciare la fideiussione inerente la garanzia definitiva deve essere necessariamente presente al momento della presentazione dell'offerta costituendo un requisito essenziale della stessa che come tale non può essere oggetto di sanatoria tramite soccorso istruttorio, il cui ricorso produrrebbe una violazione della par condicio tra i concorrenti.

Le modalità alternative di costituzione della garanzia definitiva
Nel caso di specie il concorrente poi divenuto aggiudicatario aveva evidenziato l'impossibilità di ottenere l'impegno di un garante a costituire la fideiussione relativa alla cauzione definitiva in quanto soggetto di recentissima costituzione privo di redditi pregressi. Per ovviare alla indisponibilità di qualunque istituto a rilasciare tale impegno, il concorrente aveva proceduto a versare all'ente appaltante fin dal momento della partecipazione alla gara una somma a titolo di cauzione definitiva mediante assegno bancario.
Il Tar ha ritenuto tale modalità non idonea ad assolvere la funzione di garanzia propria della cauzione definitiva. Rifacendosi a una giurisprudenza consolidata il giudice ammnistrativo ha evidenziato che solo l'assegno circolare può essere utile allo scopo, in quanto è il solo strumento che tutela il beneficiario in merito all'effettiva e indiscussa percezione del denaro contante. Ciò non vale per l'assegno bancario che di per sè non garantisce la sussistenza della relativa provvista presso l'istituto obbligato al pagamento.

Il divieto di avvalimento e il contenuto del contratto
Alcuni passaggi della sentenza sono dedicati al tema dell'avvalimento.
Il concorrente poi risultato aggiudicatario era ricorso all'avvalimento ma questa scelta è stata censurata in giudizio in relazione all'esplicito divieto contenuto nel disciplinare di gara, secondo cui ai fini della partecipazione alla relativa procedura non trovavano applicazione le norme dell'articolo 89 che disciplinano il ricorso all'avvalimento.

Il giudice ammnistrativo non ha avuto difficoltà a respingere questa censura. Rifacendosi a una giurisprudenza consolidata ha ricordato come la finalità ultima dell'avvalimento sia quella di ampliare la platea dei concorrenti alle gare, consentendo la partecipazione di soggetti sprovvisti dei necessari requisiti che si possono appunto avvalere di altri soggetti che ne siano in possesso.

Proprio in relazione a questa finalità l'applicazione dell'istituto deve essere generalizzata e non può subire limiti o divieti che ne escludano o ne circoscrivano fortemente l'utilizzo. Non può quindi essere considerata legittima una clausola – come quella contenuta nel disciplinare di gara in esame – che vieta tout court il ricorso all'avvalimento.

Un ulteriore passaggio della pronuncia è dedicato al contenuto del contratto di avvalimento. Nel caso di specie l'impresa concorrente si era avvalsa dell'impresa ausiliaria in relazione ai requisiti economico – finanziari posseduti da quest'ultima. Al riguardo il giudice ammnistrativo, nel configurare la fattispecie in esame come avvalimento "di garanzia", aderisce all'orientamento giurisprudenziale che, anche dopo l'entrata in vigore del D.lgs. 50, ritiene che in relazione a questa tipologia di avvalimento il relativo contratto non debba avere quel grado di dettaglio che invece è richiesto nell'ipotesi del così detto avvalimento "operativo".

Secondo questa impostazione la prestazione oggetto dell'obbligazione assunta dall'impresa ausiliaria non è costituita dalla messa a disposizione di strutture e mezzi materiali, quanto piuttosto dalla garanzia in ordine alle risorse economiche e patrimoniali. Di conseguenza l'oggetto del relativo contratto non deve avere il grado di dettaglio richiesto nella diversa ipotesi, potendosi anche limitare – come avvenuto nel caso di specie – alla generica messa a disposizione delle risorse di cui è carente il concorrente.

Va detto che questa impostazione – che peraltro non è unanimemente accolta dalla giurisprudenza – suscita perplessità specie alla luce di una specifica previsione introdotta dal D.lgs.50. Ci si riferisce al comma 9 dell'articolo 89 che obbliga la stazione appaltante ad eseguire in corso d'opera le verifiche circa l'effettivo possesso delle risorse oggetto di avvalimento da parte dell'impresa ausiliaria e l'effettivo impiego delle stesse nell'esecuzione dell'appalto. Appare infatti evidente che tali verifiche presuppongono necessariamente che le risorse oggetto di avvalimento siano concretamente definite e conseguentemente che il relativo contratto le individui in maniera specifica e puntuale.

La sentenza del Tar

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