Appalti

Concessioni, sì alla riforma: sulle revoche decide il premier

di Giorgio Santilli

«Le nostre infrastrutture sono beni pubblici ed è per questo che va avviata la revisione delle concessioni autostradali, che garantisca maggiori investimenti, manutenzioni, tutela degli utenti e che rafforzi il sistema della vigilanza in ordine alla sicurezza infrastrutturale». Le tre righe nel documento programmatico congiunto preparato da M5S e Pd per il premier incaricato Giuseppe Conte danno già un'idea chiara di dove le due forze politiche vogliono andare a parare per risolvere, con un compromesso onorevole, una delle questioni più spinose del programma di governo. Si tratta di archiviare pesanti contrasti alzando l'orizzonte. Il documento dà la direzione di marcia ma non dice ancora tutto. Direzione di marcia verso l'accordo confermata ieri da uno dei mediatori al tavolo programmatico, l'ex ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio: «Una revisione delle concessioni pubbliche, non solo quella di Autostrade, ci trova perfettamente d'accordo.

Non c'è alcuna timidezza su questo. L'obiettivo è una maggiore protezione dei beni pubblici».Due sono gli elementi da aggiungere per completare il quadro e capire che il compromesso raggiunto, almeno in questa fase, è più solido delle tre righe di sintesi inserite nel documento di programma. Il primo elemento è che cosa significhi una «revisione» che accresca investimenti e manutenzioni e tuteli gli utenti. Chi, come Delrio, conosce bene la materia, non ha problemi a cercare il riferimento giusto. E il riferimento trovato è alla delibera 71/2019 dell'Autorità di regolazione dei trasporti che ha avviato, lo scorso giugno, il processo di riforma delle tariffe autostradali, definendo un solo metodo tariffario per tutte le concessionarie: un vero price cap (inflazione programmata meno X di efficientamento) che premi i miglioramenti di efficienza della gestione e l'effettiva e tempestiva realizzazione degli investimenti programmati. Ci sarà spazio nella definizione di dettaglio, lasciata in prima battuta al presidente del consiglio incaricato, per capire se - rispetto alla proposta dell'Autorità - vadano introdotte correzioni soprattutto per tutelare gli investimenti in corso.

La base per la revisione, però, è in quel provvedimento che, per altro, sarebbe già operativo dal 2020 essendo stato previsto dal primo decreto Genova. Il meccanismo su cui sta maturando la convergenza M5S-Pd prevede anche una penalità applicabile nel caso in cui il ritardo nell'effettuazione degli investimenti sia imputabile al concessionario. Le regole varrebbero per tutti i concessionari.Una «revisione» seria e condivisa della materia concessoria - che potrebbe poi allargarsi ad altri settori - consentirebbe di prendere tempo e smorzare il confronto sull'altro tema, spinosissimo ma assente dalla bozza di accordo, della revoca della concessione ad Aspi. E qui subentra il secondo elemento da tenere presente nell'ambito delle pre-intese di governo. I Cinquestelle non intendono ammainare la bandiera. Lo conferma la dichiarazione di uno degli uomini-chiave M5S nella trattativa con il Pd, Stefano Patuanelli, pontiere della prima ora, capogruppo al Senato e - fatto tutt'altro che trascurabile - candidato in pole position per il ministero delle Infrastrutture. «Siamo convinti - ha detto ieri - che quando si parla di concessioni autostradali è giusto parlare di revisione ma non possiamo giocare con le parole: il crollo del ponte Morandi deve portare a una revoca delle concessioni.

È un tema che dovremo affrontare», dice Patuanelli. Lui stesso aggiunge, però, le parole fondamentali: «Deciderà Conte». Una tregua sembra profilarsi, quindi, almeno in termini di tempi di discussione e di arbitro nella contesa. Il Pd è nettamente contrario ad avventurarsi in un procedimento amministrativo di revoca della concessione che esporrebbe il governo al rischio di pesanti risarcimenti e bloccherebbe i principali investimenti autostradali. Basta leggere il parere giuridico della commissione ministeriale insediata dall'attuale ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli per capire che il rischio è serio. «Meglio rinegoziare la concessione anziché revocarla», è la conclusione di quel parere che non può ignorare neanche la delegazione M5S. L'intesa è di lasciare a Conte, che conosce bene la materia e può valutarla anche da professore, la valutazione, partendo proprio da quel parere. In casa Pd sono convinti che l'esito di questa valutazione porterà a prudenza sui tempi e sulle decisioni da adottare.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©