Appalti

Progetto Italia, corsa agli ultimi dettagli ma si rischia una nuova proroga

di Celestina Dominelli e Laura Galvagni

Si continua a lavorare in maniera serrata agli ultimi dettagli di Progetto Italia. Ma il tempo potrebbe non bastare. Al punto che sullo sfondo comincia a farsi strada l’ipotesi di una nuova proroga. Ipotesi che potrebbe prendere piede nel caso in cui non si chiudesse il cerchio attorno ad alcuni nodi su cui Cassa depositi e prestiti ha chiesto precise rassicurazioni. Come è noto Salini Impregilo, che ha messo nero su bianco le linee guida del piano chiamato a rilanciare il settore costruzioni nel paese, ora fortemente in crisi, dovrebbe realizzare il progetto in asse con Cdp.

Di recente, però, si è acceso un faro su Salini Costruttori, la holding che tiene le redini del general contractor, perché è emerso che un pacchetto consistente del capitale dell’azienda è di fatto in pegno alla banca francese Natixis. Vincolo che, a parere di Cdp, getta dei rischi sulla tenuta di Progetto Italia nel medio-lungo periodo, a causa principalmente di alcune clausole legate al contratto. Uno snodo giudicato dirimente dalla spa di via Goito per accordare il suo disco verde all’operazione, come si evince peraltro dalla comfort letter targata Cdp Equity e allegata alla documentazione che è stata depositata da Salini Impregilo al tribunale di Roma, lo scorso 15 luglio, nell’ambito del concordato di Astaldi, prima tessera di Progetto Italia. Dove, tra le righe, si legge che la prosecuzione del negoziato sul dossier è subordinata anche «alla revisione, in termini soddisfacenti, dei vincoli attualmente esistenti sulle azioni di Salini di proprietà di Salini costruttori», i cui termini, chiarisce la missiva, sono stati rappresentati da Salini alla Cassa il 12 luglio, «in modo che risultino coerenti con la realizzazione dell’operazione».

Un passaggio netto, dunque, per dire che la partita potrà sbloccarsi solo se il nodo sarà definitivamente risolto. E su questo, nei giorni scorsi, non sono mancati contatti molto intensi, non senza frizioni, tra i vertici della Cdp e quelli di Salini nel tentativo di trovare una soluzione al tema del pegno. Che ieri, peraltro, secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, è finito anche sul tavolo del comitato rischi della Cassa che ha esaminato il Progetto Italia. Perché la Cdp mantiene ferma la volontà di andare avanti sull’operazione nell’ottica di un riassetto di sistema, ma attende una risposta chiara sulla vicenda Natixis. In ragione di ciò, sarebbe stato aperto un tavolo parallelo per spostare le garanzie in capo a una banca italiana. È evidente, però, che un simile processo richiede dei tempi tecnici che potrebbero scavallare la scadenza del primo agosto. Se le rassicurazioni nero su bianco non arriveranno, è quindi molto probabile che il Progetto Italia arrivi sul tavolo del prossimo cda di Cdp, convocato il primo agosto per i conti semestrali, ma senza una chiusura attorno all’operazione. Se, invece, il nodo sarà sciolto, non è da escludere che da quel board giunga direttamente il via libera definitivo senza il passaggio intermedio della prevista ulteriore informativa sul dossier.

La situazione, quindi, resta fluida. Ma, a questo punto, visti i tempi stretti, potrebbe prendere corpo l’ipotesi B, ossia quella di una nuova proroga. Nella documentazione inviata al tribunale di Roma sul concordato di Astaldi, Salini Impregilo si è impegnata a definire il piano tra il 31 luglio e il primo agosto. E lo stesso Pietro Salini nei giorni scorsi ha dichiarato di ritenere quel termine di fatto vincolante. Certo se non si trovasse la quadratura sul tema pegno nelle prossime ore non restano molte frecce all’arco: o il piano ritorna nel cassetto e per Astaldi si apre l’ipotesi di un “miniconcordato” o ci si rivolge nuovamente al tribunale per chiedere più tempo. In questo caso, è possibile immaginare che a fronte dell’eventuale disponibilità dei giudici, si possa fissare una nuova scadenza per metà settembre. Astaldi, che dovrebbe incassare denaro fresco nelle prossime settimane, dovrebbe reggere con la liquidità disponibile fino a quella data e per quei giorni anche le procedure formali per spostare il pegno in capo a un altro istituto dovrebbero trovare compimento.

Tutte le parti sono quindi impegnate per portare a traguardo il progetto che consentirà di salvaguardare fino a 500 mila posti di lavoro nei prossimi tre anni, riattivare cantieri bloccati per 30 miliardi che incidono su 14 regioni in Italia e bloccare ulteriori potenziali sofferenze per il sistema finanziario italiano.

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