Appalti

Progetto Italia, verso la chiusura in tre settimane

di Laura Galvagni

La data ultima è quella del 15 luglio ma la volontà, su Progetto Italia, è di chiudere prima. Complice forse anche la necessità di dare ad Astaldi un futuro nuovo in tempi rapidi.
In proposito, ieri è stata depositata al Tribunale di Roma la documentazione richiesta dai giudici con gli aggiornamenti sollecitati dalla corte: di fatto si punta a dare forma definitiva al piano di salvataggio entro le prossime tre settimane. I giudici avevano chiesto sostanzialmente due cose: da un lato di dettagliare meglio le operazioni che porteranno Salini Impregilo nel capitale di Astaldi e dall'altro di fornire ulteriori elementi tecnici rispetto alle modalità con cui si intendono soddisfare i creditori chirografari. Il materiale, 230 pagine, è stato presentato. Ma è un tassello, seppur rilevante, di un mosaico ben più ampio. Ora, infatti, si tratta di stabilire i contorni del progetto nella sua totalità. E in quest'ottica, sembra che molti scogli siano stati superati. In primis quelli relativi alla governance, rispetto alla quale, una volta chiariti ruoli e deleghe dei manager, sarà possibile definire degli organi di indirizzo funzionali a supervisionare il prosieguo del progetto.

Stando alle indiscrezioni fin qui raccolte, l'assetto di comando del nuovo gruppo Salini Impregilo prevederebbe che la Cassa nomini quattro consiglieri. Allo stesso modo, risulta che l'ad del gruppo resterà Pietro Salini mentre Massimo Ferrari sarà confermato general manager e cfo. A Cdp, come è noto, toccherà indicare il presidente. A riguardo il profilo è stato individuato ora vanno aggirati gli ultimi ostacoli. Anche perché, una volta trovato l'accordo Cdp-Salini andrà trovata l'intesa anche con tutti gli altri soggetti invitati al tavolo. Da un lato quelli che potrebbero allargare le fila dei costruttori pronti a mettere capitale nel piano di rilancio del settore in Italia, tra i quali Pizzarotti, Caltagirone e Rizzani de Eccher. E dall'altro quei soggetti destinati invece a venir inglobati nella nuova realtà perché in difficoltà, come Condotte e Trevi. Cmc, si dice, pare abbia deciso di imboccare una strada diversa.

In questo scenario, gli advisor sono al lavoro per definire i contorni dell'operazione nei suoi contenuti finanziari. Allo stato si sta ragionando sull'ipotesi che Salini Impregilo promuova un rafforzamento di capitale di 600 milioni di euro. Di questi, circa la metà sarebbero a carico della Cassa, mentre 150 milioni dovrebbero arrivare dalle banche. Istituti che, al momento, non avrebbero ancora formato un fronte completamente compatto, sebbene da tempo stiano lavorando come mediatori al tavolo tra Salini e Cdp, e questo per la prudenza di una grande banca che, tuttavia, potrebbe presto sciogliere le ultime riserve a fronte di precise rassicurazioni.

Peraltro, sull'ammontare definitivo dell'iniezione di liquidità ci sono verifiche ancora in corso e la somma potrebbe essere in prospettiva passibile di modifiche anche alla luce di quale sarà il perimetro definitivo di Progetto Italia. L'intera operazione dovrebbe poi ricevere il supporto delle banche anche sul fronte delle nuove risorse. In proposito tempo fa il general manager di Salini Impregilo, Ferrari, aveva spiegato in un'intervista a Il Sole 24 Ore, che si parla di una cifra di «700 milioni che saranno forniti da un pool di banche prevalentemente italiane, ma anche estere».

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