Appalti

Astaldi/4. Cdp pronta a valutare la discesa in campo (insieme a banche e partner industriali)

di Luca Davi e Celestina Dominelli

Non è un sì incondizionato all’intervento della Cassa depositi e prestiti nella partita, cruciale per il settore delle costruzioni e non solo, che si gioca attorno al salvataggio di Astaldi. Ma le parole pronunciate ieri dall’ad di Cdp, Fabrizio Palermo, nell’intervista rilasciata al Sole 24 Ore, rappresentano un’apertura importante verso quella soluzione di sistema, invocata dal Governo e dal mercato che ieri, a valle dell’ok del cda di Astaldi al salvagente lanciato da Salini-Impregilo e confluito nel piano concordatario depositato poi al tribunale di Roma, ha premiato entrambi i gruppi con un balzo a due cifre: +15% per il general contractor e +10,5% per il colosso guidato da Pietro Salini.

Certo, l’architettura finale di un riassetto che non si limiti a “curare” solo il grave affanno di Astaldi, è ancora di là da venire, ma la Cassa è pronta a valutare una sua discesa in campo se si concretizzerà «un’operazione di sistema» insieme a banche e a partner industriali. «Per il settore costruzioni è un momento non facile - ha spiegato ieri il ceo da queste pagine - e Astaldi è soltanto uno dei problemi. Noi, per esempio, siamo presenti in Trevi (con il 16,8% per il tramite di Fsi Investimenti, ndr), altra impresa che deve fare i conti con una congiuntura difficile da gestire perché l’intero settore è in difficoltà. Per questo interventi isolati potrebbero non essere efficaci». Come dire: solo una manovra ampia nella mission e nella compagine di soggetti coinvolti, e non una operazione “spot”, è vista con favore dalla Cassa. Che, dunque, in questa fase, si limita a seguire con attenzione l’evolvere della situazione attorno ad Astaldi e agli altri gruppi in crisi, in attesa evidentemente che si creino le condizioni per un progetto complessivo di ristrutturazione del settore.

La proposta di Salini-Impregilo, imperniata attorno a un aumento di capitale per cassa riservato da 225 milioni che la farebbe salire al 65% dell’azionariato post-operazione (si veda anche intervista a lato), è dunque solo la prima tessera di un puzzle complesso e ancora tutto da riempire. Ma la direzione è chiara e, non a caso, la ciambella di salvataggio annunciata ieri da Salini è condizionata all’arrivo di «coinvestitori di lungo periodo» e alla «disponibilità delle banche di concedere linee di credito» ad Astaldi. La strada, comunque, non si annuncia breve sia per la chiusura del piano di Salini sia per l’eventuale coinvolgimento di Cdp. Tanto che ieri il ceo del gruppo, Pietro Salini, non si è voluto sbilanciare. «L’importante adesso è la disponibilità dimostrata da Astaldi - ha detto ieri il top manager - Cdp farà le sue dovute valutazioni».

Va detto che l’intervento di Salini Impregilo su Astaldi troverebbe il consenso di massima delle banche creditrici. In particolare, della partita farebbero parte una 40ina di banche, tra cui Intesa Sanpaolo, UniCredit, Mps, Bnl-Bnp Paribas e BancoBpm. Seppur disallineate ai blocchi di partenza, le banche hanno trovato una posizione unitaria nelle comfort letter inviate ieri al Tribunale di Roma. In esse, gli istituti confermano la loro disponibilità ad esaminare l’operazione. «Se ci sarà la possibilità di favorire una soluzione di sistema, noi daremo il nostro supporto», ha detto ieri Mauro Micillo, a.d di Banca Imi, la Corporate e Investment bank del gruppo Intesa Sanpaolo. Micillo ha definito l’offerta di Salini «ovviamente positiva» anche se «siamo in una fase preliminare».

L'impegno della banche sedute al tavolo, assistite dall'advisor Leonardo&Co, sarebbe però condizionato. La pregiudiziale, a quanto risulta, è che per procedere a qualsiasi intervento sul debito di Astaldi (pari a 1 miliardo circa, cifra che sale a 2,5 miliardi se si considerano anche i fornitori), nel dossier sia prevista la compartecipazione di un investitore di lungo periodo come la stessa Cassa Depositi e Prestiti, operatore che dovrebbe aiutare Salini a sostenere l’operazione dal punto di vista finanziario. I dettagli e le tecnicalità sono dunque decisivi affinchè la proposta di Salini Impregilo trovi il pieno appoggio delle banche. Che, da parte loro, devono fare i conti con il rischio di una pesante svalutazione dei crediti, oggi fermi a uno stato di inadempienza probabile (i cosiddetti unlikely to pay), ma che invece, in caso di un default della società di costruzioni, diverrebbero immediatamente sofferenze. Un passaggio che, per gli istituti, comporterebbe il rischio di dover procedere a pesanti accantonamenti.

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