Appalti

Tav/2. I «costi di uscita» stimati in due miliardi. Ecco i testi dei tecnici di Toninelli

di Alessandro Arona

Ecco i testi pubblicati dal Ministero delle Infrastrutture sulla Torino-Lione.

ANALISI COSTI-BENEFICI (documento del gruppo di Marco Ponti)

RELAZIONE TECNICO-GIURIDICA

FOCUS SULLA RELAZIONE TECNICO-GIURIDICA
La relazione tecnico-giuridica sulla Tav elaborata dall'avvocato Pasquale Pucciarello per conto del ministero delle Infrastrutture, e pubblicata oggi dal Mit insieme all'analisi costi-benefici del gruppo di Marco Ponti, stima "costi di uscita" dalla Torino-Lione molto inferiori a due miliardi di euro, per la precisione circa 1,6 miliardi circa. Si tratta di una cifra molto inferiore al previsto (erano circolati rumors con costi di 3-4 miliardi) e molto inferiori a quanto stimato da Telt (la società italo-francese incaricata per l'opera), e cioè una forchetta da 2,3 a 4 miliardi di euro. L'analisi del Mit (avv. Pucciarello) non calcola però i costi dei lavori di messa in sicurezza della parte "già scavata" (stimata in 347 milioni) e soprattutto non calcola la necessità di adeguamento e messa in sicurezza della linea ferroviaria storica, se si decidesse di non fare la Tav, costi stimati in 1,5/1,7 miliardi. Anche sommando queste voci il totale sarebbe comunque di 3,4/3,6 miliardi di euro al massimo.

Nel caso del Terzo Valico la relazione tecnico-giuridica sui "costi da stop all'opera" arrivava a numeri molto più certi, sintetizzati in una tabella. Qui invece, spiega la relazione, molti "rischi di costo" sono legati alla disdetta unilaterale di accordi internazionali (da parte dell'Italia), con la Francia, l'Unione Europea, e forse indirettamente anche altri Paesi Ue interessati al corridoio Barcellona-Lione-Milano-Trieste-Kiev, che potrebbero chiedere risarcimenti per costi sostenuti "invano". Per questo l'avvocato Pucciarello spiega che «i molteplici profili evidenziati non consentono di determinare in maniera netta i costi in caso di scioglimento: su tale calcolo insiste principalmente la variabile costituita dall'esistenza di più soggetti sovrani che dovrebbero inevitabilmente considerare in sede negoziale le rispettive posizioni. Con tale riserva, le voci e gli importi oggetto di discussione possono essere indicati solo in via puramente ipotetica».

Detto questo, dunque, la relazione Mit evidenzia i seguenti "costi stimati di uscita":
a) risarcimento per lo scioglimento di contratti in corso per servizi d'ingegneria e lavori: «si può ipotizzare fino a un massimo del 30% dell'ammontare dell'importo della parte di utile ancora da conseguire al momento dello scioglimento dei contratti». I contratti in corso valgono 1.125 milioni, la relazione non fa cifre sui costi di uscita, in base al ragionamento stimiamo al massimo 2/300 milioni (l'ufficio stampa Mit parla di una forchetta tra 150 e 300 milioni);
b) risarcimento o "penalità" per mancato utilizzo fondi Ue, esplicitamente previste dal Grant Agreement (le quali - spiega la relazione - si verificano solo nell'ipotesi in cui lo scioglimento venisse giudicato alla stregua di una violazione dell'accordo per colpa grave): la somma dovuta sarebbe tra il 2 e il 10% e quindi tale somma si aggirerebbe tra un minimo di 16 a un massimo di 81 milioni di euro;
c) eventualità, «considerata nello scenario peggiore», della rivalsa relativa alla parte di costi sostenuti dalla Francia per la parte delle indagini, somma massima di 400 milioni; d) i fondi già versati dall'Unione europea che potrebbero essere richiesti in restituzione ammontano alla data odierna a 535 milioni di euro, di cui 404 erogati sulla base delle decisioni adottate nel periodo 2001-2015 e 131 a valere sul Grant Agreement;
d) le somme non ancora ricevute in base al Grant Agreement: 297 milioni di euro circa costituiscono la quota spettante alla Francia non ancora erogata, in relazione alla sua mancata percezione potrebbero essere avanzate pretese risarcitorie.

La relazione Mit stima dunque costi possibili di restituzioni e risarcimenti per 1,3 miliardi di euro al massimo, a cui si deve sommare la voce a) (indenizzi su appalti in corso) non quantificata, stimabile al massimo in 2/300 milioni. Si arriva a un totale di 1,5/1,6 miliardi.

Poi va sommato (la relazione Mit non lo fa) il costo di messa in sicurezza di cantiere e gallerie già scavate, circa 250 milioni (pagina 68 dell'Acb di Ponti, circa a tre quarti di pagina).

Il Mit non considera invece come "costo di uscita" l'adeguamento della linea storica, quella attuale, fuori norma per le leggi sulla sicurezza e del tutto fuori standard per l'attuale trasporto merci su ferro. Secondo l'Osservatorio Torino-Lione e Telt, se si decidesse di non fare la nuova linea, comunque andrebbe adeguata la linea attuale, un costo stimabile tra 1,5 e 1,7 miliardi.

Secondo il Mit, invece, i costi dell'adeguamento della linea storica sono al momento del tutto aleatori (non c'è un progetto) e in ogni caso si potrebbe concordare con la Francia e la Ue di inserire l'adeguamento, anziché la Tav, come progetto europeo Ten-T, dunque i costi per l'Italia scenderebbero di molto. In ogni caso, anche sommando gli 1,6 di costi giuridici, i 250 milioni di messa in sicurezza e gli 1,5/1,7 miliardi di adeguamento della linea storica, si arriverebbe secondo il Mit a "costi i uscita" per un massimo di 3,4/3,5 miliardi di euro, rispetto al massimo di 4,2 miliardi stimato da Osservatorio e Telt.

L'analisi costi-benefici sulla Torino-Lione (il documento del gruppo di Marco Ponti)

La relazione tecnico-giuridica sui costi di uscita

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